E’ sempre più forte l’imperativo di salvare la biodiversità. Ecco perché è importante parlarne ora.

Il 2020 è stato un anno in cui il Pianeta ha forzato l’uomo ad aprire gli occhi. La reazione è stata stilare un piano globale per salvaguardare l’ambiente e tutelare la biodiversità.

Con il Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020 (gli “obiettivi di Aichi”) ben 193 Paesi si dicevano pronti ad agire per la sua protezione e conservazione. Si è giunti al traguardo del 2020 impreparati. Nonostante un ultimo colpo di coda nel corso di quest’anno per ammortizzare i danni o raggiungere almeno qualche obiettivo, è tempo di ammettere la sconfitta a pochi metri dal 2021. La maggior parte dei Governi del mondo concorda sull’incapacità di raggiungere tali traguardi e sull’inasprimento della crisi con sempre più specie sull’orlo dell’estinzione. Ma una battaglia persa non fa l’esito della guerra, e già si parla delle prossime strategie da adottare.

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La possibile relazione tra degradazione ambientale e coronavirus

Fino ad ora le attività umane, pressanti e ad oltranza, hanno avuto un evidente impatto nella degradazione ambientale, raggiungendo nuovi picchi di gravità, e sono sempre più evidenti anche i conseguenti cambiamenti climatici. In questo scenario grigio si è inserita la diffusione a macchia d’olio del coronavirus e c’è chi collega in una visione d’insieme tutti questi avvenimenti, come sostiene il dott. Simone Angelucci nel Rapporto sulla Biodiversità di Legambiente. Sembra non sia da escludere infatti che in dinamiche di interazione tra agenti patogeni e ospiti, l’equilibrio degli ecosistemi abbia un ruolo fondamentale per prevenire malattie infettive emergenti o riemergenti.

Siamo ancora in tempo per salvare l’ambiente a pochi metri dal baratro

Siamo ancora in tempo. E’ quanto ritengono i Paesi riunitisi per definire un nuovo percorso da seguire fino al 2030. L’idea è vincere unendo le forze e creando una rete capillare che copra simultaneamente tutte le aree a rischio. Per riuscire nell’impresa si vuole creare un continuo dialogo tra gli obiettivi e le misure previste dai diversi Accordi e Piani.

Dal 2020 si dovranno applicare strategie a medio e lungo termine per affrontare tutti i fattori che contribuiscono alla perdita della biodiversità. Si parla di cambiamento climatico, inquinamento, invasione di specie aliene, ma anche di consumo e produzione alimentare. Ai 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU si dovranno unire quelli dell’Accordo di Parigi e di una nuova strategia sulla biodiversità. Intanto si concentra l’attenzione anche sulla “Farm to Fork” (dal produttore al consumatore) per risanare il settore agroalimentare.

I punti chiave del piano UE 2020-2030 per la biodiversità

I principali imperativi del nuovo Piano globale riguardano: il raggiungimento di almeno il 30% di aree naturali protette a terra e a mare, di cui un terzo (compresa la rete europea di foreste primarie e vetuste) dovrà essere sottoposta ad un controllo rigoroso. Inoltre sarà fondamentale fissare misure precise per tutelare la conservazione di almeno il 30% degli habitat e delle specie UE. Si prevede di rendere più efficace la gestione delle aree protette e di aggiungere un sistema di monitoraggio. Non solo, ma una nuova politica forestale dovrebbe garantire attività di rimboschimento con attenzione agli spazi verdi urbani, il pieno recupero delle risorse marine e la riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi. E’ stata anche annunciata dall’UE per la prima volta la messa a disposizione di 20 miliardi l’anno per ripristinare gli ecosistemi e contrastarne il declino.

Un piano ben congegnato per salvare la biodiversità che punta sulla collaborazione di tutti i Paesi per salvare l’ambiente, ma anche l’uomo. Un migliore equilibrio tra gli ecosistemi e le specie che li popolano creerà un nuovo rapporto che rafforzerà entrambi.

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Mara Auricchio

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