Il business dell’abbigliamento sportivo in Italia ha un valore di milioni di euro. In particolare le maglie da calcio, lo sport più seguito a livello nazionale, hanno creato dei giri di denaro fruttuosi per i produttori. Ma i capi in questione non sono sostenibili economicamente e per l’ambiente. Non tutti almeno, nonostante l’Italia si stia avvicinando a standard di qualità eco-friendly molto vicini a quelli delle grandi realtà green. In particolare il calcio, il rugby e il tennis stanno attraversando la transizione sostenibile nell’utilizzo di abbigliamento e attrezzature.

Il business dell’abbigliamento sportivo

I maggiori brand di abbigliamento hanno iniziato a produrre, per società e privati, capi sportivi di alta moda che possano offrire comodità, stile e marchio. Questo si traduce in un business che può arrivare a costare molto. L’abbigliamento sportivo della squadra del cuore viene acquistato per senso di appartenenza più che per necessità. Negli anni attorno alla compravendita di questi capi si è costruito un business autodistruttivo. La gente è disposta a spendere sempre di più. Di conseguenza è rimasta poca attenzione alla sostenibilità, salvo eccezioni, per dare spazio al mercato più gettonato. Tute, sneakers, t-shirt tecniche, leggings, intimo sportivo; la qualità di questi capi prodotta dai grandi brand si è alzata e con essa il prezzo. Oggi una maglia da calcio può arrivare a costare oltre 150 euro a fronte di 1 euro di produzione. Quello che l’acquirente paga è la rete di produzione e gli sponsor del club, ma non il club stesso.

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La società tedesca Pr Marketing, che da 25 anni studia il mercato delle maglie da calcio nel mondo, ha condotto un’indagine. Racconta come i materiali di produzione pesano per appena il 9,6% del prezzo di vendita al dettaglio. Meno del 3% va in pubblicità. Il grosso del valore resta alla rete di vendita e al brand produttore. In un’ora, suggeriscono i dati raccolti, una lavoratrice quasi sempre donna produce fino a sei maglie per 6 euro lordi: 1 euro a maglia. La produzione non rispetta neanche lontanamente le linee guida di sostenibilità e di diritto a condizioni di lavoro dignitose. Questo problema è stato portato all’attenzione delle grandi società sportive.

Napoli e Udinese orgoglio mondiale di sostenibilità

In Italia si è seguito il buon esempio delle società sportive nordeuropee e americane che per prime hanno avviato la transizione sostenibile. Ad esempio club identitari come Napoli Calcio e Udinese Calcio hanno optato per scelte ecosostenibili al fine di interrompere il business oneroso di abbigliamento sportivo a danno di ambiente e lavoratori. L’obiettivo è arrivare a far pagare all’acquirente un prodotto sostenibile la cui mano d’opera vale i soldi spesi. Denaro che andrà direttamente nelle casse del club senza essere disperso tra aziende produttrici e sponsor. Il tutto per evitare sprechi e spaventose inflazioni. Il Napoli ha imposto all’azienda produttrice, in questo caso Armani, di adeguarsi ai valori della società. I partenopei producono le maglie in casa affidando solo il disegno al brand che non può in alcun caso monopolizzare la rete di vendita dei capi.

L’Udinese Calcio indossa divise prodotte con bottiglie di plastica riciclate. La pratica è nata in realtà nei primi anni duemila, ma fino al 2020 nessun club era mai sceso in campo con divise riciclate a tutti gli effetti. Il Liverpool è stato il primo a farlo grazie all’iniziativa Nike’s Move to Zero del marchio Nike. 18 bottiglie bastano per produrre una maglia. A seguire subito l’Udinese con la campagna Macron 4 Planet del brand italiano Macron impegnato a sostegno dell’ambiente. I bianconeri hanno giocato green con casacche di poliestere riciclato da PET. Dare vita a un mercato sostenibile non è utopia.

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Flavia Santilli

Flavia Santilli

Studio presso l'Università degli Studi de L'Aquila. Ho collaborato con diverse testate. Sportiva agonista e istruttrice di nuoto. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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