Vi siete mai chiesti qual è il ciclo di vita delle t-shirt che sono nei nostri armadi? Da dove arrivano, quanta strada hanno fatto, quale sarà il loro destino dopo che le avremo buttate, quale impronta ecologica lasciano sul nostro pianeta?

Il ciclo di vita degli oggetti che usiamo tutti i giorni si compone di molte fasi: la progettazione, lo sviluppo, la selezione delle materie prime, il trasporto, l’assemblaggio e la distribuzione. Solo dopo questo lungo processo arrivano ai consumatori. Infine c’è la fase smaltimento, ossia la gestione del fine vita, riutilizzo, recupero, riciclaggio del prodotto. Tutte queste fasi prevedono l’utilizzo di risorse e producono materiali di scarto. La somma di questi processi costituisce il cosiddetto “zaino ecologico” (ecological rucksack) che misura in chili il carico di natura che ogni prodotto o servizio si porta sulle spalle.

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Ciclo di vita di una t-shirt low-cost

Credits: buonenotizie.it

Il ciclo di vita di una T-shirt: dalle materie prime a produzione e trasporto

La maglietta di cotone deriva da una fibra vegetale coltivata usando spesso tantissimi prodotti chimici tra cui concimi e pesticidi, oltre ad acqua e suolo. Serve poi energia per trasformarla, tesserla, confezionarla, decorarla, imballarla e mandarla nei punti vendita. L’industria tessile è la tra le industrie più inquinanti al mondo, la sesta secondo uno studio, condotto dal gruppo di consulenza ambientale londinese The Eco Experts. A questo si devono poi aggiungere le risorse utilizzate per l’imballaggio e il trasporto del prodotto finito ai centri di distribuzione.

Una normale maglietta nera di cotone si porta dietro uno zaino ecologico di ben 4.500 kg. Provando a moltiplicare queste cifre per tutti gli oggetti che usiamo e per tutti gli abitanti del nostro Pianeta è chiaro che la popolazione mondiale attualmente consuma più risorse rispetto a quelle che la natura è in grado di fornire.

Il consumo: dal negozio alle nostre case

Dopo aver percorso questa lunga strada, la maglietta arriva nei negozi di distribuzione e da lì alle nostre case. Ma anche qui il suo tempo è limitato: è stato calcolato che una maglietta va incontro a circa 60 lavaggi prima di essere buttata.

Un dato sorprendente è il ruolo che anche noi possiamo giocare nel peso ecologico del ciclo di vita della nostra t-shirt. Lo studio Apparel Industry Life Cycle Carbon Mapping, condotto già nel 2009, evidenziava come le fasi di lavaggio e, soprattutto, di asciugatura della maglietta avessero un grande impatto nel determinare lo zaino ecologico della t-shirt.  Nello studio, per chiarezza, venivano considerate solo le emissioni di gas serra, ma il risultato è comunque sorprendente.

Ciclo di vita diuna t-shirt low cost

Impatto ambientale (calcolato sulla base della quantità di gas serra emessi) di ogni fase del ciclo di vita di una t-shirt low cost. Credits: Steinberger et alt., “A Spatially-explicit Life Cycle Inventory of the Global Textile Chain,” The International Journal of Life Cycle Assessment, Springer Berlin/Heidelberg, May 2009

Il fine vita della t-shirt: smaltimento e riciclaggio

Siamo alla fine del ciclo di vita della nostra t-shirt. Quando decidiamo di disfarcene, la maglietta può prendere diverse direzioni. Se è ancora in buone condizioni può essere donata o rivenduta come capo seconda-hand e vivere una nuova vita. Una parte dei capi viene rilavorata per ricavarne tessuto di riciclo da cui poi vengono prodotti nuovi indumenti. Il processo di riciclaggio pone però delle difficoltà. In particolare il riciclo di un materiale ne aumenta il costo di lavorazione rispetto alla fibra vergine. Inoltre molti dei vestiti in commercio sono miscele di tessuti e solo poche aziende sono in grado di separare i diversi materiali.

L’85% delle nostre magliette prende quindi la via dello smaltimento, diventato materiale di scarto. L’industria tessile in Europa genera rifiuti stimati in 16 milioni di tonnellate all’anno.

Gran parte di questi rifiuti vengono gettati in discarica o inceneriti, con un elevato impatto ambientale e un danno economico dovuto allo spreco di risorse.

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Caterina Poli

Caterina Poli

Medico Chirurgo con focus sulla salute materno-infantile. Credo in un tipo di informazione chiara e accessibile a tutti, ma sempre rigorosa. Amo parlare di salute, benessere e diritti. Collaboro con Buonenotizie e partecipo al laboratorio di giornalismo costruttivo.

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