Il Global warming è il nemico che sta spostando sempre più velocemente le lancette del Doomsday clock – l’orologio dell’Apocalisse – verso la fine del mondo. Venezia, con lo scostante salire e scendere della marea è una delle città che più rischia di udire i suoi rintocchi.

Dalla distruzione, però, possono nascere nuove idee per cercare di cambiare le sorti di Venezia e renderla città modello per altri Paesi. Il progetto che andiamo a presentarvi ingloba tutte queste caratteristiche: The tidal garden”. Un lavoro condiviso per ripopolare la flora delle barene lagunari con nuove “piante del sale”, che possono essere impiegate nell’arte, nella ricerca scientifica e nella cucina. Andiamo a scoprire di cosa si tratta.

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Le piante che si nutrono del sale di Venezia

Nella Laguna di Venezia proliferano i progetti volti a tutelare le isole minori, con temi legati all’arte, alla cucina e all’ambiente. In particolare un gruppo di studiosi universitari, chef e artisti ha unito le forze per salvaguardare l’ecosistema che circonda Venezia. I promotori del progetto sono lo chef Lorenzo Barbasetti di Prun, il ricercatore Filippo grassi e la curatrice Lodovica Guarnieri. Con loro ricercatori e agricoltori che conoscono le avversità del clima che si abbatte sulla Laguna e cercano di trovare soluzioni per salvare l’ecosistema adriatico, che si estende da Comacchio al Golfo di Trieste, passando per Venezia.

Enrico Gallo, chef e ricercatore, in esclusiva per Buone Notizie, presenta il progetto e il suo sviluppo. «The tidal garden è il nostro contributo per salvaguardare Venezia dalla distruzione. Il Global warming è un pericolo tangibile in una città così delicata, troppo spesso soffocata da turisti e attività non sostenibili per animali e piante che vivono sulle isole limitrofe. Abbiamo visto lo squilibrio causato dall’alluvione – chiamata dai veneziani “Acqua Granda” – del 2019 e le conseguenze sull’innalzamento del livello della marea a Venezia. Questa alterazione ha creato delle anomalie sui terreni: l’acqua salmastra, che continua a salire, ha causato l’aumento della salinità della terra coltivata, rendendo difficile la crescita delle tradizionali piante da barena, le isole veneziane. Non immaginatevi Venezia come una città museo: le sue isole sono dei veri e propri orti come Sant’Erasmo, famosa per i carciofi o le Vignole, pullulanti di api da cui si ricava il miele di barena. Quindi è necessario cercare di salvare le isole partendo da quello che c’è: terreno e molto sale».

Artisti, chef e agricoltori per salvare Venezia dal Global Warming

«Abbiamo così deciso di unirci in un team di ricercatori, artisti, agricoltori e chef – continua Gallo – un gruppo all’apparenza inconciliabile. Invece, le competenze di ognuno hanno realizzato il mix giusto per salvare Venezia dal Global warming, in un gruppo davvero multi-competenze. Abbiamo deciso di piantare le alofite, dette anche “piante del sale”. Sono piante endemiche che hanno sempre fatto parte del contesto floreale della laguna di Venezia. Saranno uno strumento per creare una nuova produzione di cibo e resilienza al Global warming. Il nostro progetto collabora con istituti di ricerca: insieme stiamo cercando di accumunare le conoscenze agricole a quelle legate alla sostenibilità del paesaggio. Inoltre chef e artisti danno voce alla divulgazione del progetto a Venezia con opere ed eventi. Vogliamo che Venezia diventi un esempio per tutto il mondo, per emergere dal Global warming e fermare le lancette del Doomsday Clock».

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Edoardo Casolo

Edoardo Casolo

Edoardo Casolo sono appassionato di geopolitica, cinema e cultura, di viaggi e di industria video-ludica. Vicentino ma vivo a Venezia, città che ho amato dal primo momento in cui l'ho vista. Con il laboratorio di giornalismo cerco di realizzare il mio sogno di diventare pubblicista.

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