«Entrare in un programma di protezione significa essere limitati di fatto nella propria libertà, ma ognuno deve fare il proprio dovere come ha insegnato Giovanni Falcone». Così commenta il vivere sotto scorta, il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra. Non ha scelta, ma nonostante ciò, si attiva in modo indefesso nella lotta contro la criminalità. Si è scusato delle modalità con cui è costretto a operare anche durante la diretta social dello scorso 18 gennaio a Castelvetrano. Qui ha voluto raggiungere Giuseppe Cimarosa, attivista antimafia schierato contro Matteo Messina Denaro, suo cugino. Insieme hanno commentato l’arresto dell’ultimo boss dei corleonesi, nonostante i due quotidianamente subiscano disagi, intimidazioni, pressioni. Entrambi usano il diritto della personalità contro la mafia: Cimarosa esercita il suo diritto alla identità personale, Morra limitando la sua libertà accettando di vivere sotto scorta, pur di adempiere al suo dovere.

Il cugino di Messina Denaro emarginato dopo il no ai boss

Il diritto alla personalità è sancito dal secondo articolo della Costituzione a tutela della vita, dell’integrità fisica e morale, del nome, dell’identità. Pochi lo ricordano, ma tutti lo esercitiamo ogni giorno.

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Per i familiari di un testimone o collaboratore di giustizia, entrare in un programma di protezione significa andare via dalla propria terra, spezzare ogni tipo di legame con parenti e amici. Significa soprattutto limitare il diritto di identità, rinunciando alle proprie radici per tutelare la vita. Giuseppe Cimarosa, cugino di Messina Denaro, boss della mafia arrestato il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di latitanza, ha operato la scelta contraria. Lui ha potuto scegliere al contrario di chi vive sotto scorta, come il Presidente dell’Antimafia, Nicola Morra.

Cimarosa è oggi riconosciuto come attivista antimafia e ha festeggiato la cattura del super latitante. Un gesto non da poco, considerando che il padre Vincenzo, morto nel 2017, è il primo collaboratore di giustizia della famiglia Messina Denaro. Lui e la sua famiglia hanno rivendicato il diritto all’identità scagliandosi contro la mafia. All’unanimità hanno rifiutato la protezione testimoni per non rinunciare al loro nome e alla loro casa e “perché non si deve accettare la paura delle ripercussioni come alibi“. Artista e regista di teatro equestre, Cimarosa ha scelto di lavorare come istruttore di equitazione nella sua proprietà confiscata a Castelvetrano, dove da anni subisce isolamento ed emarginazione sociale. Lui ha risposto ribadendo la sua identità personale, ha condannato la connivenza e operato a sostegno della legalità.

Il presidente antimafia: bisogna seguire l’esempio di Falcone

A sostenere la lotta alla mafia di Cimarosa si è schierato in prima persona il presidente dell’Antimafia, Nicola Morra. Una vita sotto scorta la sua, limitata nelle libertà personali, private e pubbliche. L’isolamento o l’emarginazione sociale sono spesso forme di coercizione utilizzate dalla criminalità per colpire l’autonomia e il libero arbitrio.

Vivere sotto scorta in quanto Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, come condiziona la sua identità personale?

«Bisognerebbe chiedere agli italiani se è giusto costringere alcuni servitori dello Stato e della legge a rinunciare ad alcune loro libertà personali.  Mi riferisco a magistrati, testimoni di giustizia o  uomini delle forze dell’ordine costretti dalle circostanze. Ci sono poi giornalisti, imprenditori in terra di mafia capaci di opporsi a determinate pressioni e molti altri.  Non è pensabile che per decenni alcuni soggetti debbano rinunciare per sé stessi, per le loro famiglie, per le loro amicizie, per le loro relazioni umane, a godere di diritti costituzionalmente inviolabili, come vivere».

L’ultima relazione presentata al Senato il 16 luglio 2022 sulle misure speciali di protezione conta 949 collaboratori e 3.541 familiari, di cui 1.600 sono minori. L’Italia è anche un paese sotto scorta con 274 magistrati, 82 politici, 45 imprenditori e 28 diplomatici. Tra i politici, anche Morra, che nonostante le limitazioni imposte, si esprime sui canali social e trova il modo di far sentire la presenza dello Stato. L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo dove si garantisce la scorta anche per 40 anni, come nel caso del giudice Giancarlo Caselli. Una delle cause sono i processi troppo lunghi, come il quater Borsellino o il processo di via D’Amelio, che richiedono garanzie per chi è coinvolto.

Ma allora cosa incoraggia a non demordere pur vivendo sotto costante minaccia?

«Ognuno di noi deve fare quello che la legge etica impone. Purtroppo tanti in Italia non sanno cosa sia e nessuno è perfetto. Certamente anche io ho commesso degli errori, ognuno di noi deve rispondere per quello che ha fatto. Ma il livello medio di risposta su piano etico e morale è un livello ahimé molto basso, soprattutto istituzionale. Questo riguarda tutti, tutti dobbiamo essere un esempio, ognuno nel nostro piccolo, come ha insegnato Falcone».

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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