Una vittoria dello Stato” è questo per forze dell’ordine, politica e gente comune l’arresto di Matteo Messina Denaro, ultimo boss mafioso dei corleonesi latitante da 30 anni.  “È un tributo alle vittime di mafia“, commenta Carmine Mancuso, figlio di quel Lenin Mancuso, maresciallo della Squadra Mobile di Palermo, ucciso il 25 settembre 1979 insieme con Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere proprio la famigerata cosca di Corleone.

La cattura di Messina Denaro, frutto della lotta alla mafia

Una vita spesa per la legalità quella di Carmine Mancuso: senatore per due legislature ed ex Ispettore capo della Polizia. Classe 1948, oggi il fondatore ed ex Presidente del Coordinamento Antimafîa di Palermo, è Presidente dell’Associazione per onorare la memoria dei Caduti nella lotta contro la mafia. Per lui la cattura di Messina Denaro è un’amara felicità facendosi portavoce di chi nella lotta alla mafia ha perso un padre, una madre, un figlio. Anche in quiescenza, Carmine Mancuso non manca nella lotta attiva contro Cosa Nostra e ribadisce che l’unica arma letale contro la mafia è, e sarà sempre, la scuola. Presto la storia di suo padre, Lenin Mancuso e del giudice Cesare Terranova, diventerà un film per raccontare del giudice che per primo vide la mafia lì dove tutti la negavano.

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Cosa prova per la cattura di Messina Denaro, Carmine Mancuso come uomo di Stato e come figlio di un caduto nella lotta alla mafia?

«È un successo realmente dovuto a un impegno incessante continuo e al sacrificio delle forze dell’ordine. La cosa culturalmente positiva, per come detto e ampiamente specificato, è la sinergia tra Carabinieri e Polizia di Stato. Ciò vuol dire che le nostre forze dell’ordine si dimostrano delle strutture molto efficienti. Con i mezzi efficaci però che uno Stato democratico dovrebbe avere e la capacità professionale dei suoi uomini, è assolutamente quasi incredibile che un criminale come Messina Denaro abbia latitato per 30 anni a due passi da casa sua. Questo fa ritenere che c’è qualcosa che non funziona nello Stato. Ripeto non negli apparati di Polizia e non nelle attività investigative, ma in quello che è la politica. La  mia coscienza di cittadino esulta che un tale personaggio di levatura criminale sia oggi assicurato alla giustizia.  Al contempo provo amarezza per le tante vite che si sarebbero potute salvare, che sarebbe stato opportuno tutelare. Invece purtroppo sono state oggetto di attentanti e versamento di sangue, ribadisco innocente”.»

Qual è il contributo di questo arresto per le vittime di mafia?

«Le nostre vittime cadute per mano della mafia hanno due grandi desideri: anzitutto che non si dimentichino. E quindi l’associazione come quella di cui faccio parte, serve a ricordarli costantemente perché la memoria è contrasto e significa testimonianza di impegno e di quanto sia costato loro sacrificio. Poi, la cosa fondamentale, che le nostre vittime ottengano giustizia. E che possano effettivamente dire: “sì siamo stati uccisi, abbiamo versato il nostro sangue ma lo Stato e la democrazia hanno vinto“.»

Cosa pensa della reazione della gente a questa notizia?

«Che ci sia una movimentazione nella società civile e una forza di contrasto ormai globale nella società moderna, è molto positivo. Ricordo che negli anni passati si disconosceva persino l’esistenza della mafia. Anche la Chiesa diceva che la mafia era una invenzione dei giornalisti del nord. Solo dopo tanto sacrificio e sangue versato, abbiamo capito che la mafia è un vero potere. È uno stato nello Stato, come diceva Leonardo Sciascia. E per arrivare a questa grande riflessione culturale ci sono voluti stragi, ci sono voluti anni, c’è voluto sacrificio e un potere di conoscenza che non è stato facile potere raggiungere. Quindi quello che oggi abbiamo visto, cioè con l’applauso e con la partecipazione per l’arresto di Messina Denaro, è un modo di conferire un tributo di omaggio alle forze dell’ordine che ci lascia bene sperare.»

Qual è l’arma più efficace contro la mafia?

«L’insegnamento da parte della famiglia e la scuola. La scuola è fondamentale. Il mafioso ha un grande nemico, oltre il diritto e la legge. Il grande nemico è proprio la scuola perché il mafioso teme più la scuola che il carcere. Teme più il maestro che il magistrato. Lo Stato democratico, uno Stato serio, uno Stato all’altezza dei suoi compiti, riesce sostanzialmente ad arginare e contrastare la defezione scolastica. Riesce a far sì che tutti vadano a scuola fino all’età prevista dei 16 anni e ad assegnare un lavoro cosicché ciascuno abbia la sua dignità per poter progredire e creare un gruppo familiare e culturale. Quando si otterrà tutto ciò, la mafia potrà essere, dal punto di vista culturale e sotto culturale, totalmente abbattuta.»

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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