L’evoluzione del Covid in Africa aiuta a disinnescare vecchi stereotipi. E ci racconta un continente sempre più lontano dal concetto di Terzo Mondo sbandierato ancora oggi.

Nell’era del benessere, il Covid  ha messo in ginocchio ogni classe sociale: dall’Europa all’Africa, nessuno è stato risparmiato. Nel dettaglio è stato dimostrato che il diabete e l’obesità sono fra i fattori che causano un maggiore rischio di aggravamenti . In Europa, questi indici emergono da indagini, effettuate dall’Associazione Mondiale della Sanità (World Health Organization).
La novità è che questo sta avvenendo anche nel continente africano: l’Africa in questi anni ha cambiato la sua economia interna e, contrariamente a quanto si possa pensare, l’obesità e il diabete sono estremamente diffusi. Il numero di morti da Covid  in Africa è anche da collegare a questa situazione, che rende più difficile la guarigione .
I paesi più colpiti sono paradossalmente “i nuovi ricchi”, dove principalmente si sta sviluppando un’economia caratterizzata dalla massiccia presenza cinese: Sud Africa, Senegal, Kenya, Etiopia e Tanzania detengono il maggior numero di casi e morti. Lo dimostra il fatto che la popolazione scelga sempre di più una “vita occidentale” e il simbolo di questo fenomeno si ha nell’incremento dei fast food e cibi introdotti dall’aumentato benessere. Questo ha creato una crescita esponenziale di persone obese ed esposte al rischio diabete: conseguenze determinate dall’alimentazione e eccessiva e dalla carenza di attività fisica.
Doauda Gueye, senegalese naturalizzato veneziano, analizza ciò che sta accadendo nel suo paese, mentre Anna Spadolin, medico di base di Gorizia che ha lavorato in Kenya, illustra a Buonenotizie.it le sue impressioni.

L’Africa e l’obesità: come il benessere fa abbassare la guardia in periodo Covid

Daouda Gueye è un ex pugile, insegnante di arti marziali e mastro vetraio. La sua vita ruota attorno allo sport e all’idea di benessere.
“Nel mio paese molte persone si stanno adattando ad un nuovo benessere costante, – racconta Doauda– il Senegal negli ultimi anni ha avuto un gran numero di persone che si sono arricchite, cosa che ha portato a un aumento della classe media. Questo ha fatto sì che molti cibi, un tempo considerati da ricchi, come gli hamburger, le patatine fritte, siano diventati il cibo prediletto dalla popolazione e un vero e proprio status symbol.
Il benessere ha modernizzato le città: oggi acqua e cibo non sono più difficili da reperire. La comodità ha ridotto le lunghe marce che donne e bambini dovevano compiere per poter mangiare: ovviamente sono contento che la vita stia diventando più facile, ma non c’è ancora la conoscenza dell’importanza dei benefici dell’attività fisica e della corretta alimentazione.
La praticità nel reperire cibo e beni ha reso pigre le persone. Questa differenza si nota moltissimo fra i villaggi e le grandi città: nelle realtà rurali le persone sono più povere e si muore ancora di fame. Qui in Senegal, a Dakar o Tuba, è davvero comune vedere abitanti del luogo obesi. Sono convinto che la presenza cinese e la grande differenza che si sta creando fra ricchi e poveri sarà deleteria: in un primo momento chi è sempre stato povero e si ritrova ad essere ricco non saprà gestire il nuovo status.
Quando mi reco in Senegal cerco di fare dei gruppi di bambini e adulti per insegnare le arti marziali e benessere inteso come rispetto per sé e gli altri. E’ molto difficile parlare di cibo, perché per anni le persone hanno sempre mangiato quello che c’era, mentre oggi molti hanno dimenticato questa difficoltà. Da istruttore di arti marziali cerco di insegnare sia a Venezia, che qui in Senegal,  la ricerca dell’equilibrio, per non abusare del falso benessere che ci circonda”.

L’Africa oggi: il benessere malato

Anna Spadolin è medico di base in Friuli; spesso i suoi pazienti soffrono di diabete a causa di una alimentazione non curata. Ha lavorato in Kenya e negli ultimi anni ha notato un cambiamento e un incremento del benessere, sia nel periodo pre che post Covid.
“Molti dei miei pazienti soffrono di diabete e obesità – spiega Anna- la cura base è l’alimentazione. Nei casi Covid, la mortalità o la difficoltà di guarigione crescono se il soggetto è affetto da obesità o diabete. In Europa l’informazione è maggiore e con l’attività sportiva e la vasta scelta alimentare, si può lavorare su questo, in Africa, però, la situazione è completamente differente e l’informazione non può raggiungere tutti. Ad oggi, in periodo Covid, l’attenzione a queste patologie deve essere ancora maggiore.
Fra il 2001 e il 2005 ho lavorato in Kenya come medico: ricordo che nei villaggi le persone non potevano avere accesso al cibo e all’acqua; la capitale era più ricca, ma nonostante ciò in pochi potevano considerarsi ricchi. Sono tornata in Africa prima del Covid e sono rimasta turbata: mi sono accorta che nei villaggi la situazione non è cambiata, la povertà fa ancora da padrone, mentre a Nairobi è aumentato il benessere, ma con esso anche l’obesità e il diabete.
Sono stati aperti fast food, la classe media è aumentata, creando un inevitabile eccesso nel chi, ora, può permettersi determinate cose. Ricordo che lo stesso avvenne in Europa dopo la caduta del muro di Berlino: la Germania dell’Est si riempì di centri commerciali e fast food simboli dell’Occidente, cosa che ha rappresentato una conquista per coloro cui era stato proibito l’accesso a queste cose. Lo stesso sta avvenendo in Africa: le persone stanno abusando dei simboli dell’Occidente.
Analizzando i dati africani, ho riflettuto molto sulla grande quantità di casi di diabete e obesità. E’ evidente che i motivi sono tre: il benessere, che porta a mangiare di più (forse anche per dimostrare di essere ricchi), la scarsa informazione e la cultura del cibo. Il Covid ha dimostrato di essere letale per le persone che soffrono di diabete e il numero di morti in Africa, oltre chiaramente ad una minor numero di ospedali, è anche determinato da questo motivo.
Auspico che in un futuro prossimo si cerchi di combattere questo fenomeno, sensibilizzando la popolazione, per evitare che l’Africa diventi l’emulazione di un Occidente malato. 

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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