Rinvio a giudizio per 15 manager accusati di avvelenamento da Pfas in Veneto. E’il risultato di un movimento che ha visto i cittadini emergere in prima linea.

Il processo per inquinamento ambientale più importante d’Italia, quello della contaminazione da Pfas in Veneto, inizierà il primo luglio davanti alla Corte d’Assise di Vicenza. Si è appena conclusa la fase preliminare del procedimento che ha portato al rinvio a giudizio di 15 manager dell’azienda Miteni e di società legate ad essa. L’accusa è di aver avvelenato la falda acquifera dalla quale attingono gli acquedotti di tre province venete. L’inquinamento è dovuto ai Pfas, sostanze chimiche dannose per la salute.

Gli imputati per avvelenamento di acque, disastro innominato, inquinamento ambientale e reati fallimentari sono i manager della Miteni, della Mitsubishi Corporation e della Miteni Icig. Secondo la Relazione del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso che ha dato il via all’indagine, questo inquinamento perdura da oltre quarant’anni. Nel 2018 la Miteni ha dichiarato fallimento, ma l’inquinamento è tuttora in atto perché il terreno sotto l’azienda è contaminato.

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Questo sarà il più grande processo per inquinamento ambientale in Italia poiché interessa un territorio molto esteso in cui vivono circa 350.000 persone e sono coinvolte 230 parti civili.

Pfas e rischi per la salute

Le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. I Pfas sono presenti in quasi tutti i prodotti della nostra vita quotidiana, sono resistenti ad alte temperature, alla degradazione in acqua e non vengono assorbiti dall’ambiente. L’Ocse stima che ci siano almeno 4.730 sostanze riconducibili a questa denominazione, ma afferma che la lista è ancora incompleta.

I Pfas sono riconosciuti a livello medico come interferenti endocrini, in grado di alterare tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni. Gli ormoni sono responsabili dello sviluppo, del comportamento, della fertilità e di altre funzioni cellulari essenziali. Le patologie maggiormente riscontrate per esposizione a queste sostanze sono il tumore ai reni, il cancro ai testicoli, malattie della tiroide, ipertensione in gravidanza, colite ulcerosa, aumento del colesterolo. Nelle campagne di biomonitoraggio umano la concentrazione media di queste sostanze nelle persone esposte a Pfas in Veneto risulta maggiore che nelle persone non esposte in Italia.

Quarant’anni di inquinamento da Pfas in Veneto

L’inquinamento ambientale in questo territorio dell’Italia ha come fonte principale lo scarico industriale dell’industria chimica Miteni. Questo stabilimento chimico a partire della metà degli anni Sessanta, prima come RIMAR (gruppo Marzotto) e in ultimo come Miteni, produce composti fluorurati. La prima indicazione di un inquinamento da Pfas attorno all’industria chimica viene fatta risalire al 1977. È perciò plausibile che questo tipo di inquinamento si sia protratto per almeno quarant’anni.

La scoperta dell’inquinamento ambientale in corso è avvenuta a seguito di uno studio commissionato nel 2011 dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel 2013 i ricercatori concludevano evidenziando “un possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque, prelevate dalla falda.

Il 18 agosto 2015 l’Istituto Superiore di Sanità, su richiesta della Regione Veneto, ha dato parere favorevole all’innalzamento dei limiti dei Pfas. La Regione Veneto ha messo in atto interventi in emergenza degli enti gestori dei servizi idrici e controlla costantemente le acque. Ma le acque sono ancora inquinate e sta valutando come attuare la messa in sicurezza e la bonifica del sito.

Una vastissima area interessata dall’inquinamento ambientale da Pfas in Veneto

L’area interessata dall’inquinamento da Pfas è di circa 180 km2 e si estende tra le province di Vicenza, Verona e Padova. Trenta comuni si sono trovati a dover far fronte all’inquinamento anche dell’acqua potabile, visto che la loro fonte di approvvigionamento risulta inquinata dai Pfas. Attualmente, per rispettare i limiti obiettivo imposti dalla Regione Veneto, questi comuni hanno dovuto dotarsi di un sistema, molto costoso, di filtrazione a carboni attivi.

Nel territorio molte famiglie non sono servite dall’acquedotto e attingono l’acqua per uso alimentare e irriguo da pozzi privati, molti dei quali altamente inquinati. La Regione Veneto ha emesso un’ordinanza che impone anche per i pozzi privati il rispetto dei limiti e per questo motivo l’utilizzo di molti pozzi è stato vietato.
Nel solo comune di Sarego, in provincia di Vicenza, a seguito delle analisi effettuate il 73% dei pozzi analizzati sono risultati oltre i limiti stabiliti e, di conseguenza, dichiarati inutilizzabili. Una situazione simile si verifica anche nei comuni limitrofi.

In Italia l’inquinamento ambientale da Pfas non riguarda solo il Veneto, ma questo è sicuramente il territorio più esteso.

inquinamento ambientale in Italia

Fonte: Mamme NoPfas

La battaglia ai crimini ambientali di Mamme NoPfas e attivisti

Nel 2014 Legambiente di Cologna Veneta, in provincia di Verona, insieme ad altre associazioni, ha distribuito un primo volantino informativo per denunciare la presenza di inquinamento da Pfas in questa parte del Veneto. I cittadini si sono ritrovati in poco tempo a discutere con presidenti di Regione, ministri, agenzie per l’ambiente e tecnici di laboratorio.

Nel 2017, a seguito delle risposte delle analisi sulla ricerca dei Pfas nel sangue dei bambini, sono nate le Mamme NoPfas, che lottano per avere acqua pulita perché i fiumi e le falde del  territorio sono stati irrimediabilmente contaminati da sostanze tossiche”. Le Mamme NoPfas sono preoccupate dei danni cerebrali che i loro figli possono subire con l’esposizione ai Pfas e hanno deciso di partecipare a uno studio con l’università di Padova. La ricerca, denominata Teddy Child, è il primo studio europeo sull’impatto che queste sostanze hanno sullo sviluppo cerebrale.

Il movimento NO PFAS è attualmente un arcipelago di gruppi, comitati, associazioni, cittadini che si riuniscono in modo più o meno spontaneo o strutturato, sia nelle riunioni specifiche sia in quelle generali, per risolvere la questione Pfas”. Il Comitato di Redazione Interdisciplinare, che lavora quotidianamente sulla questione Pfas, si è dotato anche di un organo di informazione, il Pfas Land. Le associazioni No Pfas del Veneto si sono costituite parti civili nel processo che ha preso il via anche grazie alle loro denunce e campagne.

Le sostanze alternative ai Pfas esistono: il consorzio Detox di Greenpeace

“Le aziende che usano queste sostanze non hanno più scuse poiché alternative ai Pfas esistono e sono già disponibili sul mercato. Lo dimostrano i successi ottenuti da piccole realtà produttive tessili del distretto di Prato impegnate nella campagna Detox di Greenpeace”, si legge nel rapporto di Greenpeace del 2017.
La campagna Detox Greenpeace viene lanciata nel 2011 per spingere i grandi brand della moda a rendere la propria filiera produttiva eco-sostenibile. L’obbiettivo è eliminare dai capi d’abbigliamento e dall’ambiente tutte quelle sostanze inquinanti e tossiche, come i Pfas.

Da allora molte case di moda hanno aderito all’iniziativa, tra cui grandi marchi. Un gruppo di aziende manifatturiere italiane si sono riunite nel Consorzio Italiano Detox. A oggi 37 aziende italiane hanno intrapreso il percorso verso l’eliminazione di numerose sostanze tossiche per ridurre l’inquinamento ambientale in Italia.

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Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine, laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali con un Master in Comunicazione istituzionale. Lavoro in Rai da diversi anni. Giornalista pubblicista e tutor del laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista

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