La crisi dell’Afghanistan costringe l’Europa a ripensare le politiche sull’asilo.

Con la caduta dell’Afghanistan nelle mani dei talebani, il 15 agosto, l’Unione europea è costretta a fare i conti con probabili flussi di richiedenti asilo politico. Il 31 agosto le forze occidentali hanno lasciato definitivamente il Paese, facendo evacuare anche molti afghani in pericolo.

Lo stesso giorno i ministri degli Affari interni dell’Ue si sono incontrati in una riunione straordinaria del Consiglio. Nella riunione hanno discusso delle potenziali implicazioni nei settori della protezione internazionale, della migrazione e della sicurezza. Il 2 settembre il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, in una cena, hanno parlato di Afghanistan e di come gestire questi probabili flussi migratori.

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Ma nonostante questi vertici, sulla prospettiva della gestione di richiedenti asilo politico afghani, l’Ue sembra essere bloccata.

Lo stallo dell’Ue: la politica migratoria non è materia comunitaria

L’intento della politica dell’Ue in materia di asilo è offrire uno status appropriato ai cittadini di un Paese terzo che necessitano di protezione internazionale in uno Stato europeo. Per questo, l’Unione sta cercando di sviluppare un sistema europeo comune di asilo. Ma, a oggi, l’Europa non ha risolto la questione e la recente crisi afghana ha messo l’Unione europea di fronte allo stallo in cui si trova.

Come ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “la politica migratoria non è mai diventata una materia realmente comunitaria. Ed è singolare, davvero curiosamente singolare. Non è ignorandolo che lo si può contrastare o cancellare; va governato. […] E all’Europa conviene occuparsene per governare questo problema e non trovarselo tra qualche anno ingovernabile definitivamente. Governarlo con regole di accessi ordinati, legali, controllati”. La dichiarazione di Mattarella è stata rilasciata durante il convegno sugli 80 anni del Manifesto di Ventotene, il documento, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il periodo di confino presso l’isola di Ventotene nel 1941, che promuoveva l’unità europea.

Protezione internazionale: il diritto di asilo e lo status di rifugiato. Quali, le differenze?

Il diritto di asilo è tra i diritti umani fondamentali. In Italia è garantito dall’art.10 della Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Il diritto di asilo politico non coincide con quello del riconoscimento dello status di rifugiato, per il quale non è sufficiente che nel Paese di origine siano negate le libertà democratiche. Il richiedente deve aver subito, o avere il fondato timore di poter subire, specifici atti di persecuzione.

Il riconoscimento del rifugiato è entrato nell’ordinamento italiano con l’adesione alla Convenzione di Ginevra adottata dall’Onu nel 1951 e con la Convenzione di Dublino dell’Unione europea del 1990. Quest’ultima determina lo Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della Comunità europea.

Fermo il nuovo Patto Ue sulla migrazione e l’asilo

Nel 2015 l’Unione europea non è riuscita a gestire l’enorme flusso di richiedenti asilo politico proveniente dalla Siria, dove è in corso tuttora una guerra civile. I politici avevano promesso di introdurre riforme per creare un sistema più efficiente e superare la Convenzione di Dublino. Secondo il Regolamento di Dublino la competenza a esaminare la domanda di asilo ricade sullo Stato di ingresso del richiedente nel territorio dell’Ue. Questo principio si è rivelato gravoso per gli Stati di arrivo, tra cui l’Italia.

A settembre 2020 la Commissione europea ha approvato un nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, una serie di riforme che modificano il sistema europeo di asilo politico. Il patto stabilisce procedure migliori e più rapide sul sistema di asilo e migrazione. Inoltre garantisce un equilibrio tra i principi di equa ripartizione della responsabilità e solidarietà tra gli Stati membri.

Il compromesso trovato dalla Commissione deve essere discusso dal Parlamento e dal Consiglio europeo. A loro è affidato il compito di adottare la legislazione necessaria per una politica comune in materia di asilo e migrazione. I tempi si prevedono lunghi soprattutto per conciliare le diverse posizioni degli Stati membri.

I numeri dell’asilo politico in Europa

Nel 2020 nell’Unione europea sono state presentate 472mila domande di asilo e di queste 280mila hanno ricevuto una qualche forma di protezione internazionale. Nel 2020 i richiedenti asilo provenivano da quasi 150 Paesi. I gruppi più numerosi di beneficiari arrivavano da Siria (27% ), Venezuela (17%) e Afghanistan (15%).

Nel 2020, 141mila richiedenti asilo avevano meno di 18 anni e nel 10% dei casi si trattava di minori non accompagnati, provenienti per la maggior parte da Afghanistan, Siria e Pakistan.

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Principali 15 nazionalità dei richiedenti asilo alla prima domanda (2020) Fonte: Commissione europea

La maggior parte delle domande di asilo è stata presentata in Germania, Spagna, Francia, Grecia e Italia. La riforma del sistema di asilo dell’Ue è necessaria per equiparare i tassi di riconoscimento dello status tra Stati membri. Il riconoscimento varia infatti da Stato a Stato. Ad esempio, nel 2020 il tasso di riconoscimento dei cittadini afghani variava dall’1% in Bulgaria al 93% in Italia.

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Le evacuazioni di emergenza in Afghanistan hanno portato in Europa più di 20.000 persone, di cui quasi 5.000 in Italia e 2.800 in Francia. Al momento è difficile fare previsioni sul numero di afghani che lasceranno il paese, sia in modo regolare che irregolare. La guerra e l’instabilità degli ultimi vent’anni hanno provocato 2,2 milioni di rifugiati, soprattutto nei Paesi confinanti.

Asilo politico, Unione europea: “Proteggere le frontiere esterne e fornire protezione umanitaria”  

Durante la riunione dei ministri degli Affari interni dell’Ue dello scorso 31 agosto si è giunti a una dichiarazione sulla situazione in Afghanistan. Nella dichiarazione si legge che Il Consiglio riconosce la necessità di sostenere le persone che ne hanno bisogno e di offrire loro protezione adeguata”.

Per farlo l’Ue si coordinerà con i partner internazionali, in particolare l’Onu e le sue agenzie, e dialogherà con i Paesi vicini all’Afghanistan e con i Paesi di transito per ospitare i rifugiati. L’Unione europea rafforzerà il sostegno nei loro confronti per potenziare l’offerta di protezione e migliorare le condizioni di accoglienza. Inoltre collaborerà con questi Paesi per prevenire la migrazione illegale, rafforzare la capacità di gestione delle frontiere e prevenire il traffico di migranti e la tratta di esseri umani.

Il ministro dell’Interno austriaco, in una dichiarazione congiunta con i ministri di Repubblica Ceca e Danimarca, ha precisato: “Il messaggio più importante da inviare agli afgani è restate là, e sosterremo la regione affinché vi aiuti”.

Draghi e Macron: “Accelerare la politica comune europea in materia di asilo politico”

“Siamo rimasti molto delusi dalle conclusioni del Consiglio Affari interni. Abbiamo visto Paesi fuori dall’Unione europea farsi avanti per offrire accoglienza ai richiedenti asilo afghani, ma non abbiamo visto un solo Paese membro fare altrettanto”, ha dichiarato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.

“Pensare di abbandonare al loro destino gli afghani che in questi vent’anni hanno collaborato con i Paesi occidentali è lontano dallo spirito solidale dell’Ue”, ha commentato Draghi dopo la cena a Marsiglia con Macron. Entrambi sono d’accordo nel garantire uno sforzo europeo sul piano umanitario e un’accelerazione sulla riforma della politica comune europea di migrazione e di asilo. Per organizzare i flussi in arrivo dall’Afghanistan e per consentire evacuazioni sicure, si propone anche di istituire una “safe zone” all’aeroporto di Kabul.

Cosa possono fare i Paesi dell’UE per gestire i richiedenti asilo

Venti organizzazioni a tutela dei diritti umani, tra cui WeWorld, Action Aid Italia, Amnesty International Italia, Oxfam Italia, Save the Children, hanno firmato un appello per chiedere al governo italiano e alla comunità internazionale “un’azione immediata in difesa del popolo afghano”. Change.org ha lanciato una raccolta firme per creare corridoi umanitari internazionali per mettere in salvo le donne afghane e i bambini.

In questo senso anche la lettera sottoscritta da 76 europarlamentari e rivolta alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ed all’Alto Rappresentante Ue Josep Borrell. Per gli eurodeputati, tra cui molti italiani, “è fondamentale attivare immediatamente i corridoi umanitari”.

I corridoi umanitari: un’alternativa sicura e etica

I corridoi umanitari sono infatti uno dei modelli di accoglienza che gli Stati europei hanno a disposizione. Sono un’alternativa sicura e legale per l’ingresso in Europa di persone richiedenti asilo. Di solito i corridoi umanitari sono rivolti a persone con particolare vulnerabilità. Tra queste donne sole con bambini, vittime del traffico di essere umani, anziani, persone con disabilità o con patologie, oppure persone segnalate da organizzazioni umanitarie.

Questo metodo di accoglienza offre una piena sicurezza per chi arriva e per chi accoglie. I richiedenti asilo politico evitano viaggi pericolosi e di finire nella rete dei trafficanti di esseri umani. Inoltre il Paese che accoglie può selezionare gli accessi attraverso i controlli effettuati dalle autorità alle frontiere.

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Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine

Aurora Amendolagine, laureata in Scienze politiche e Relazioni internazionali con un Master in Comunicazione istituzionale. Lavoro in Rai da diversi anni. Giornalista pubblicista e tutor del laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista

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