Il 27 marzo 2023 l’organizzazione non governativa Amnesty International ha pubblicato un report dedicato alla situazione dei diritti umani nel mondo per l’anno 2022-2023.

Dal rapporto emerge come, nell’ultimo anno, le violenze e le problematiche a livello globale si siano generalmente acuite, soprattutto a causa delle guerre, dei cambiamenti climatici e della crisi che ha colpito numerosi settori dell’economia mondiale, tra cui quello energetico e quello agroalimentare. Un peggioramento, questo, culminato in numerose violazioni del diritto internazionale umanitario, a cui spesso sono seguite risposte internazionali contraddittorie.

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Anche per questo motivo, il report include alcune raccomandazioni destinate a governi e decisori politici affinché si adoperino per contrastare violazioni ed ingiustizie.

Le violazioni del diritti umani nel report di Amnesty

Amnesty sottolinea come in tutto il pianeta siano in atto numerosi conflitti, nel corso dei quali forze governative e gruppi armati avrebbero violato il diritto internazionale umanitario attraverso gravi abusi, spesso sfociati in crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

In particolare, il rapporto fa riferimento al conflitto russo-ucraino, nel corso del quale le forze russe avrebbero commesso esecuzioni extragiudiziali e attacchi indiscriminati, colpendo poi deliberatamente le infrastrutture energetiche del paese durante l’inverno.

In Africa, invece, le forze governative e i gruppi armati che combattono in Etiopia, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sahel, avrebbero causato la morte di migliaia di civili, mentre altri ancora operanti in Etiopia e Sud Sudan avrebbero fatto ricorso alla violenza sessuale come arma di guerra ai danni della popolazione civile.

A questo proposito emerge come la violazione della libertà di espressione sia spesso riconducibile alla presenza di un conflitto armato. In Russia, per esempio, sarebbero stati avviati migliaia di procedimenti penali o amministrativi contro chiunque criticasse l’operato del Cremlino in Ucraina, mentre decine di media indipendenti sarebbero stati censurati o addirittura chiusi.

In Etiopia, invece, per due anni scossa dalla guerra del Tigrè, le autorità locali avrebbero arrestato arbitrariamente lavoratori dei media e ostacolato gli sforzi delle organizzazioni della società civile per l’avvio di un processo di pace.

Altre ondate di repressione, sostiene ancora Amnesty, sono seguite a situazioni in cui il potere governativo è stato ottenuto con le armi. In Afghanistan, per esempio, le autorità talebane avrebbero sottoposto numerosi giornalisti a detenzioni arbitrarie, tortura e maltrattamenti per aver riportato in modo critico la loro presa del potere nel 2021.

Ma non solo. In numerosi Paesi del mondo, donne e ragazze sono ancora vittime di una radicata violenza di genere. Come sempre, a fare da sfondo a questo scenario, si registra una diffusa violazione delle leggi nei confronti di donne, ragazze e persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, enfatizzata da norme e atteggiamenti sociali.

A questo proposito, ancora in Afghanistan, alcuni editti emanati dai talebani avrebbero impedito alle donne e alle ragazze afghane di viaggiare senza un uomo ad accompagnarle e di frequentare scuole secondarie e università.

A 75 anni dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Che fare?

Nel 2023 si celebra il 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, uno dei documenti più importanti mai prodotti negli ultimi secoli.

Tuttavia, le azioni di molti Stati, caratterizzate dal mancato rispetto dei diritti fondamentali, da risposte contraddittorie e dallo stanziamento di risorse finanziarie insufficienti per la difesa dei diritti umani, ne hanno vanificato l’efficacia.

A questo proposito, Amnesty auspica che gli Stati comincino presto a riconsiderare le proprie posizioni e a intraprendere iniziative concrete per migliorare la forza e la resilienza dell’architettura internazionale sui diritti umani.

Questo prevede che gli Stati aumentino i propri fondi destinati alla difesa e alla salvaguardia dei diritti umani, dando priorità a una coerente implementazione dell’intero spettro degli obblighi internazionali e fornendo una risposta coerente ed efficace alla loro violazione, ovunque si verifichi.

Le parti coinvolte nei conflitti armati, inoltre, dovrebbero impegnarsi a rispettare il diritto internazionale, indagando sulle accuse di violazioni e perseguendo i sospetti responsabili. Tutti gli altri governi dovrebbero fare sistematicamente pressione in tal senso e agire affinché ogni persona che scappa dalla persecuzione abbia accesso a sicurezza e protezione internazionale.

Le economie sviluppate e le istituzioni finanziarie internazionali dovrebbero poi intervenire urgentemente per ridurre il debito dei Paesi in via di sviluppo e contribuire finanziariamente agli sforzi internazionali per sostenere quelle economie che necessitano di assistenza per garantire i diritti economici, sociali e culturali.

I governi, infine, dovrebbero adottare interventi articolati per prevenire la violenza di genere, proteggendo chi ne è vittima e affrontando il problema dell’impunità.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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