La cooperativa Generazioni Future ha depositato in Cassazione il 2 Marzo due quesiti referendari. La tesi, sostenuta dalla Commissione DuPre, è che nel Documento di Economia e Finanza 2023 (Def, o Legge di Bilancio) il governo preveda un taglio di 2 miliardi alla sanità pubblica e un aumento di 12 miliardi per la spesa militare, causa l’invio di armi all’Ucraina.

I quesiti referendari

La raccolta firme per chiedere l’approvazione del referendum in Cassazione è partita il 22 Aprile. Il testo del primo quesito referendario riguarda la partecipazione di enti sanitari privati alla programmazione sanitaria delle Regioni. Il secondo invece chiede l’abrogazione del decreto, diventato legge a Gennaio, che proroga l’invio di armi all’Ucraina a tutto il 2023. Il comitato promotore ha tempo fino a Settembre per depositare 500000 firme in Cassazione, che dovrà valutare l’ammissibilità dei quesiti. A quel punto il Presidente della Repubblica deciderà una data per indire il referendum tra 15 Maggio e 15 Giugno 2024. Quindi si deciderà per l’invio di armi per il 2023 nel 2024.

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Esiste un precedente, nel 2011, in cui la Cassazione ha stabilito di procedere al referendum sul nucleare nonostante nel frattempo il governo avesse cambiato la legge in questione. La Cassazione potrebbe quindi stabilire che il quesito referendario abbia valenza di merito nel caso in cui l’invio di armi sia prorogato al 2024.

La legge di bilancio 2023

Lo scostamento di bilancio recentemente approvato non tocca le materie in questione. Al netto dello scostamento, il Def 2023 riporta un incremento della spesa pubblica sia per la sanità che per la Difesa. La legge di bilancio dello Stato per il 2023  aumenta la spesa per il Fondo Sanitario Nazionale di 2 miliardi all’anno nel 2023 e nel 2024. Vero è che, dei fondi di quest’anno, 1,4 miliardi saranno stanziati per far fronte al caro bollette. Ma nei prossimi anni le previsioni per il FSN sono al rialzo. I problemi strutturali restano, e i provvedimenti risultano insufficienti e poco efficaci, ma non c’è prova di un taglio alla sanità e di una destinazione importante di fondi a interessi privati come sostenuto dal comitato promotore.

Il bilancio delle spese militari riporta un incremento finanziario di 1,8 miliardi di euro per la Difesa rispetto all’anno scorso. Diversi i provvedimenti previsti. Siamo lontanissimi dai 12 miliardi paventati dal comitato, e con voci di spesa così variegate e divise tra le diverse forze armate italiane che non è possibile sostenere che la  “spesa per l’invio di armi in Ucraina” sia la più rilevante. I 12 miliardi citati dal comitato promotore riguardano probabilmente il “Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”, e finanziato dalla sua istituzione nel 2021 su base triennale.

In termini assoluti lo Stato spende per la sanità cento miliardi in più che per la difesa. In percentuale la crescita di stanziamenti per la Difesa è maggiore, giustificabile alla luce del mutato quadro geopolitico nel mondo dopo, appunto, l’invasione russa in Ucraina.

Invio di armi in Ucraina: cosa pensa l’opinione pubblica?

Il sondaggio ISPOS aggiornato al 3 Aprile riguardo l’opinione pubblica e il conflitto in Ucraina riporta molte voci interessanti. Il 50 per cento degli italiani intervistati risulta contrario all’invio di armi in Ucraina.

Va citata la dichiarazione di Meloni, che sostiene che l’Italia non stia spendendo denaro per l’invio di armi in Ucraina. Come riportato da Pagella Politica, l’Italia partecipa all’European peace facilityun fondo europeo per finanziare il settore militare e di difesa, con 460 milioni di euro. Sebbene le liste di armi inviate e il loro costo siano segrete, stime non verificabili indicano, compreso il contributo all’EPF, circa un miliardo di euro di spesa per l’Ucraina.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che “è fisiologico procedere a un continuo ripianamento delle scorte, sia per termine di vita operativo sia per ammodernamento, a prescindere dall’esigenza ucraina”. Dei costi per reintegrare le scorte ci saranno, ma sarebbero quindi persino utili per ammodernare l’impianto difensivo italiano.

Conclusioni

L’opinione pubblica italiana è spaccata a metà sull’invio di armi, e in questo il referendum interpreta un sentimento diffuso. Occorrerebbe dare più spazio a un’informazione equilibrata e razionale del conflitto in corso, spiegando che i tentativi diplomatici ci sono stati sin da quando è iniziato l’accerchiamento russo dell’Ucraina, ma senza esito. La Russia ha deciso comunque di invadere e ciò ha lasciato gli ucraini senza altra scelta che difendersi e chiedere aiuto alle nazioni occidentali. La comunicazione in merito al conflitto dovrebbe avvenire senza drammatizzazione ed esaltazione, ma in maniera imparziale e chiara.

La sanità inoltre gioverebbe di un maggiore ascolto degli enti sanitari pubblici da parte delle forze politiche, per migliorare le forti criticità che tuttora rendono deficitario il Sistema Sanitario Nazionale.

Ciò che possiamo fare come nazione che ha a cuore i valori democratici è continuare a offrire aiuto all’Ucraina e al contempo caldeggiare una risoluzione pacifica nel più breve tempo possibile.

 

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Giovanni D'Auria

Giovanni D'Auria

Laureato in Lettere Moderne, ha da poco iniziato un percorso formativo per diventare pubblicista con diventaregiornalista.it.

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