Tenere chiusi i musei a causa del Covid è stata una decisione dolorosa ma c’è chi ha fatto di necessità virtù. Il Louvre, per esempio (ma non solo)

Il Covid ha paralizzato il settore culturale in Italia, già in crisi da tempo. Negli scorsi giorni si è molto parlato di una possibile riapertura dei musei su prenotazione durante il weekend in tutte le località in fascia gialla a partire dal prossimo 27 marzo. I giorni antecedenti saranno cruciali per decidere, in base al numero di contagi, se riapriranno anche cinema e teatri. Ma la lunga chiusura causa Covid non ha paralizzato i musei: molti si sono attrezzati con esperimenti di visite virtuali o ne hanno approfittato per un restauro.

Il Louvre si rifà il look

Un esempio d’eccezione è quello del Louvre: con i suoi 10 milioni di visitatori nel 2019 e fino a 40.000 al giorno è il museo più visitato al mondo. A causa del lockdown imposto dal governo a fine ottobre, l’amministrazione del Louvre ha da prima puntato su tour virtuali, con l’hashtag #LouvreChezVous (il Louvre a casa tua), poi si è dedicata al restauro.

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L’assenza di turisti ha comportato che i lavori di rinnovamento e pulizia che normalmente richiederebbero almeno cinque settimane (sfruttando l’unico giorno di chiusura, il martedì) siano stati completati in pochi giorni. L’intenzione è far brillare nuovamente le sale del museo parigino quando la tempesta sarà passata. E, nonostante si discuta di un ennesimo lockdown, le iniziative per tenere vivo il tempio della cultura francese non mancano: tra le sue sale si organizzano addirittura sessioni di yoga in streaming.

Che il Covid possa essere la molla per rendere i musei un’istituzione più “viva”? Nonostante l’assenza di turisti, i musei non sono morti, tutt’altro. Al loro interno continua febbrilmente il lavoro di ricerca, restauro e innovazione. Diversamente dai teatri, che vivono del rapporto con il pubblico, l’arte sopravvive meglio alle restrizioni: lo dimostra il grande successo ottenuto dagli esperimenti di tour virtuali ed eventi in streaming che hanno caratterizzato l’ultimo anno.

Musei e Covid: scoperte e rinnovamento

Durante il periodo di chiusura dei musei causa Covid sono state fatte anche nuove scoperte: pensiamo al meraviglioso carro da parata trovato a Pompei nella villa di Civita Giuliana. Un ritrovamento che avviene in una zona tristemente nota per le incursioni dei cosiddetti “tombaroli”. Uno scacco alla criminalità organizzata che significherà sicuramente un ritorno di immagine per quando Pompei sarà nuovamente aperta al 100% delle sue possibilità.

Anche i musei di Venezia approfittano della chiusura causa Covid per rinnovarsi. Il Comune ha appena approvato un piano da 600.000 euro per il restauro delle sedi museali del comune di Venezia. Oltre ai lavoro di ordinaria e straordinaria manutenzione, centrali saranno anche quelli per adeguare le strutture alle nuove norme anti contagio. Sono già in corso anche gli interventi di restauro sui mosaici della pavimentazione della basilica di S. Marco, dopo l’acqua alta del 2019.

La chiusura può essere un’opportunità

Senza i turisti e i visitatori, i musei possono comunque sopravvivere? Molti ipotizzano addirittura che aver tenuto chiusi i musei per il Covid abbia scongiurato la rovina per molti di loro. Un’apertura ai minimi storici avrebbe comportato di sicuro un dispendio sostanzioso a fronte di un guadagno praticamente nullo. La scelta di investire sul rinnovamento delle strutture, invece, insieme agli aiuti statali potrebbe se non altro scongiurare la chiusura per molte realtà. I musei non sono strutture “agili”, sempre in grado di adattarsi velocemente al cambiamento: la chiusura può essere un’occasione per  “svecchiarsi” e aggiornarsi, anche a prescindere dall’emergenza Covid.

Il vantaggio dei musei italiani è di essere per la maggior parte strutture pubbliche e quindi soggette per legge ai finanziamenti statali. Per le strutture private, invece, esisterebbe la via della cosiddetta “prelazione artistica”. I beni presenti in musei e case private sarebbero “censiti” dallo Stato che può accampare diritto di prelazione su di essi: il Mibact (Ministero per i beni e le attività culturali), la regione o altri enti territoriali ne entrerebbero dunque in possesso. Ciò scongiurerebbe il rischio di dispersione del bene artistico, facendolo rimanere “in casa”.

 

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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