Squid Game ha fatto la storia, di nuovo. La serie coreana rivelazione del 2022 è stata candidata come miglior serie drammatica agli Emmy Awards, gli Oscar della televisione. È la prima volta che accade per una serie non in lingua inglese: la “supremazia” televisiva USA e UK sta venendo meno?

La rivoluzione Squid Game

La serie coreana creata da Hwang Dong-hyuk per Netflix e interpretata da Lee Jung-jae, Park Hae-soo e Jung Ho-yeon continua a riscrivere la storia. Era stata già incoronata come serie più vista di sempre su Netflix con 111 milioni di utenti a pochi giorni dalla sua uscita: ora sono arrivate ben 14 nomination agli Emmy Awards. Tra le categorie per le quali Squid Game è stata nominata ci sono miglior attore protagonista per Lee Jung-jae, migliore attrice non protagonista per Jung Ho-yeon, migliori attori non protagonisti per Park Hae-soo e Oh Yeong-su e migliore attrice ospite per Lee You-mi. Ma la categoria che ha stupito tutti e per cui Squid Game ha davvero riscritto la storia è quella di miglior serie drammatica. Non era mai successo che una serie in lingua non inglese fosse nominata agli Emmy in questa categoria.

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Non era mai accaduto nemmeno ai Golden Globes o ai SAG Awards (i premi assegnati dal sindacato degli attori Screen Actor’s Guild). Eppure Squid Game ce l’aveva fatta anche lì. La serie era stata premiata ai SAG Awards per l’interpretazione maschile e femminile e per le controfigure e candidata per il miglior cast. Ai Golden Globes ha ricevuto due candidature come miglior serie drammatica e miglior attore protagonista e aveva vinto nella categoria miglior attore non protagonista.

E pensare che l’ideatore della serie ci aveva messo ben dieci anni per trovare qualcuno che credesse nel suo progetto. In soli 17 giorni, dopo che Netflix aveva deciso di produrla e distribuirla, è arrivato l’incredibile record di serie più vista di sempre sulla piattaforma. C’è già la promessa di una seconda stagione: arriverà su Netflix tra il 2023 e il 2024, assicura il creatore Hwang Dong-hyuk.

Una serie dal notevole impatto sociale

Non è solo l’effetto novità che ha spinto Squid Game a superare ogni limite, in termini di accoglienza e di riconoscimenti. Si tratta di un prodotto che è arrivato nel momento giusto ed è stato “spinto” dalla principale piattaforma streaming, la stessa che produce “primi della classe” come Stranger Things, Better Call Saul e Succession. Ora che molte delle sue serie di punta si avviano alla conclusione, Netflix dovrà giocarsi molto bene le sue carte e puntare su prodotti nuovi, anche per fare fronte al calo di abbonamenti. Squid Game è sicuramente uno dei titoli su cui il colosso dello streaming investirà maggiormente. Ma il suo successo ha anche altre spiegazioni.

Squid Game mostra tutta la fragilità dell’immagine di una società, quella coreana, che in Occidente arriva pesantemente viziata e distorta dai filtri del K-Pop, degli influencer da milioni di follower e da un’economia vivace ma che lascia grandi disparità. La storia dei poveri costretti a eliminarsi a vicenda in una serie di giochi mortali per vincere un premio da favola, allietando ricchi e sadici finanziatori e voyuer, fonde insieme Hunger Games e Parasite. E proprio Parasite, nel 2019, aveva aperto la strada di Hollywood al cinema coreano, vincendo l’Oscar, tra gli altri, come miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura.

Squid Game non poteva non piacere sia a chi ha apprezzato la raffinatezza di Parasite che a chi ricerca un intrattenimento più mainstream. Sangue, violenza e un’atmosfera claustrofobica e distopica sono il condimento di un prodotto che sbatte in faccia all’Occidente (e alla stessa Corea del Sud) disparità sociali e condizioni di vita non più accettabili.

È finita l’era delle serie tv americane e inglesi?

Piccolo spoiler, per utilizzare un gergo tecnico “seriale”: no, non è finita. Regno Unito e Stati Uniti sono e saranno ancora per molto tempo al primo posto per quanto riguarda la produzione di contenuti televisivi e streaming. Ma sicuramente la globalizzazione è arrivata anche in ambito seriale: gli stessi colossi dello streaming americano si stanno aprendo al mercato globale. Netflix investe moltissimo nelle produzioni locali, regalandoci delle vere e proprie perle. Le produzioni italiane Netflix, invece, lasciano ancora l’amaro in bocca.

L’aspetto su cui ci invita a riflettere il successo di Squid Game è che le serie tv non sono e non saranno più unicamente “americanocentriche” o “britannicocentriche”. Le serie tv, per decenni, hanno spesso raccontato storie ambientate in due soli contesti: americano e inglese. Da quando sono diventate il principale mezzo di intrattenimento, la storia è cambiata. Gli spettatori sono aumentati in tutto il mondo e vogliono vedersi rappresentati sullo schermo. C’è molto più interesse a conoscere storie e culture altrui che a vedere soap opera ambientate in famiglie disfunzionali dell’alta borghesia americana.

Dunque, evviva Squid Game. Non diamo retta alle polemiche (“troppa violenza, troppo sangue”), sempre uguali da decenni. Chi non la sopporta, può sempre cambiare canale.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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