L’avvento della transizione ecologica ha diffuso un linguaggio che non tutti sono in grado di decifrare o comprendere fino in fondo. Agritettura, foodforest o biosfere urbane sembrano parole provenienti dal futuro. Nel suo manifesto il movimento culturale Solarpunk illustra il significato di questa terminologia, facilitandone la comprensione.

Nato ad inizio anni 2000, il Solarpunk affonda le sue radici nel cinema, nell’architettura e nella letteratura sci-fi, introducendo un linguaggio, un modo di pensare, un immaginario che possa sensibilizzare la cultura contemporanea alle tematiche della transizione ecologica. 

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Tra Solar e Cyber Punk

La crisi ecologica ha alterato il modo in cui le società del tardo-capitalismo immaginano il futuro. Mark Fisher, autore di Capitalismo Realista, parla proprio di una crisi dell’immaginazione; il futuro stesso tende a collassare, ad appiattirsi o, come sostiene Franco Bifo Berardi, a dipendere sempre meno dalla volontà dell’uomo.

In questa terra di mezzo, in cui un susseguirsi di crisi (finanziaria-ecologica-pandemica) suggeriscono di rivisitare il nostro sistema di produzione, i due grandi poli che guidano il nostro immaginario sono da una parte il Solarpunk e dall’altra il Cyberpunk. Da un lato abbiamo un movimento artistico-culturale che sogna di superare il capitalismo e la crisi climatica attraverso la complicità di uno sviluppo tecnologico sostenibile; dall’altro abbiamo un immaginario che vede l’umanità sprofondare in una distopia tecno-capitalista, sottomessa alla proliferazione tecnologica non regolamentata.

Il Solarpunk è rappresentato al suo meglio nei film di Hayao Miyazaki; gli elementi fantastici, come le creature mistiche, gli spiriti della natura e i villaggi sospesi nel tempo sono mossi da una profonda comprensione del ritmo ciclico della sfera ecologica. La visione estetica del Solarpunk immagina un futuro transumanista in cui la tecnologia è al servizio dell’umanità e insieme collabora alla creazione di una società sintonizzata con i limiti e i bisogni del regno vegetale. Il Cyberpunk invece viene meglio rappresentato in prodotti culturali quali il MatrixNeuromancer o lo stesso emergenzialismo climatico di Greta Thunberg quando sostiene che il pianeta sta bruciando. Questo immaginario è guidato da un pessimismo storico che da un lato diffonde l’eco-ansia e dall’altro rallenta i primi tentativi di effettuare la transizione ecologica. 

Una soluzione creativa alla crisi ecologica

Nel processo di creare un vocabolario della transizione ecologica, il Solarpunk genera un immaginario radicalmente alternativo, una via di fuga dalla crisi ambientale e dall’eco-ansia che ne deriva. I temi trattati dal movimento scivolano dall’ecologia sociale alla democratizzazione della tecnologia convergendo nell’utilizzo del sole come fonte di energia collettiva. In termini metaforici, il sole viene usato per richiamare il calore e la luce, da sempre associati alla rinascita e alla vita. In termini pratici, ci si riferisce a come la luce solare evada le logiche dannose del sistema economico contemporaneo – non essendo privatizzabile, nessuna singola impresa o autorità può monopolizzare il sole o sfruttarlo a scopo di lucro. 

Il Solarpunk inquadra la crisi ecologica prima di tutto come una crisi dell’immaginazione. Ursula Le Guin, esponente di rilievo della letteratura sci-fi, ci ricorda il ruolo ancestrale del mito e quello moderno del fantasy come potenti antidoti alle crisi della società contemporanea.

La grande fantascienza racconta di ciò che potrebbe accadere veramente, piuttosto che ciò che non accadrà mai” 

Nonostante la dimensione estetica da cui origina il movimento, lo scopo dell’immaginario Solarpunk è guidato da un radicale bisogno di trasformare e agire nel reale. Questo imperativo è visibile nella traslazione del nome proprio Solarpunk in verbo. Ad esempio, come possiamo Solarpunk questa o quella società?

I punti chiave del Manifesto Solarpunk

Il manifesto apre uno squarcio verso una società futura ma allo stesso tempo riflette sugli sviluppi di quella presente. Aardehuizen in Olanda è un esempio calzante di come tecnologie avanzate, design e architettura possano collaborare alla creazione di un borgo Solarpunk. Basandosi sui principi di autosufficienza e decentralizzazione, il progetto olandese si allinea ai punti chiave del manifesto. 

Nella sua tesi Ecologia Sociale, Il pioniere del movimento ambientalista Murray Bookchin sostiene che l’autosufficienza e la decentralizzazione giocano un ruolo determinante nel conseguimento di una giusta transizione ecologica. Questi due assi permettono sia di avviare la transizione che di abbandonare il mito del progresso e della crescita infinita. L’ autosufficienza si traduce in ridistribuzione dei flussi materiali, dalla produzione alla gestione idrica, alimentare e dei rifiuti. Come si sarà intuito, il Solarpunk evidenzia in particolare il bisogno di una autosufficienza energetica, invitando alla decentralizzazione dei sistemi di energia solare.

Il movimento non intende rinnegare il sistema contemporaneo, ne ha l’ambizione di fondare un mondo nuovo, ma si pone l’obiettivo di abbandonare gli eccessi e gli sprechi di quello attuale. È importante precisare che non ci stiamo riferendo a progetti sociali esclusivi e di lusso, creati da rinomati architetti con l’intento di capitalizzare sull’effetto greenwashing. Il Solarpunk è prima di tutto un progetto estetico, non economico, nel senso che non ha bisogno di produrre nuove tecnologie all’infinito, poiché quelle necessarie a favorire un rapporto equilibrato tra esseri umani e natura esistono già. 

Il movimento riconosce che senza un programma estetico è difficile immaginare un futuro sostenibile, che guidi la società odierna nelle direzioni desiderate. Il Solarpunk ci ricorda che per avviare una transizione ecologica c’è bisogno di un desiderio estetico a cui connetterci: un senso del bello, una visione creativa e in questo la fantascienza potrebbe rivelarsi un alleato vincente. 

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Tommaso Gori

Tommaso Gori

Laureato in Studi Culturali con focus sui conflitti sociali in ambito urbanistico. Mi interesso a tutto ciò che circonda il nostro panorama culturale, con particolare attenzione alla musica, i film e l'architettura.

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