La quarta rivoluzione industriale e i cambiamenti dovuti alla pandemia da coronavirus, hanno radicalmente modificato il mondo del lavoro. Anche se il cambiamento non è omogeneo a livello globale, è in fase di svolgimento e interessa pure l’Italia. Le trasformazioni dei settori professionali trovano origine nello sviluppo dello smart working, delle nuove tecnologie e degli algoritmi. Innovazioni, queste, spesso valutate con eccessivi pregiudizi e preoccupazioni. Ciò che può sembrare una minaccia, è invece considerata una grande opportunità da molte voci autorevoli, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro.

Le indagini più accreditate – come Future of Jobs del World Economic Forum  o il report di McKinsey&Company – tracciano infatti una prospettiva incoraggiante che riguarda i lavori nascenti e quelli in trasformazione. Prospettiva vista come un trampolino di lancio per una nuova cultura del lavoro. Cosa richiede il mondo del lavoro oggi? Quali sono le professioni più ricercate? Sulla scia dei dati prelevati dalle indagini, proviamo a fare chiarezza.

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L’indagine globale del Future of Jobs

Secondo il più importante forum economico del mondo, le trasformazioni globali (transizione digitale, demografica e ambientale), se gestite con criterio, porteranno a una nuova cultura del lavoro in cui le professioni poco identificative e routinarie verranno sempre più gestite dalle macchine. Questo comporterà una riqualificazione dei lavoratori in mansioni inerenti alla gestione delle nuove tecnologie, ma anche alla creatività e al pensiero critico. Si farà spazio dunque alle piene facoltà dell’uomo, nonché all’importanza di un rapporto più umano nel mondo del lavoro. Tutte cose che, va da sé, una macchina non è in grado di compiere.

Future of Jobs esorta infatti sia i professionisti che i datori a non temere i nuovi cambiamenti. Bensì a guardarli con spirito di iniziativa per reinventarsi e aggiornare le proprie skill. Le più richieste saranno adesso le abilità tecniche, empatiche e manageriali.

L’indagine del World Economic Forum, basata sulle risposte di oltre 300 manager da tutto il mondo, presenta dati univoci da LinkedIn, Coursera, ADP e FutureFit. Secondo il report, il ritmo di adozione della tecnologia rimarrà inalterato e sarà accelerato in alcune aree entro il 2025. Le priorità dei leader aziendali saranno i big data, il cloud computing e l’e-commerce. Tendenza, questa, già presente negli anni precedenti la pandemia e che ingloberà sempre più nuovi aspetti come l’intelligenza artificiale, la crittografia e la robotica. Ma vediamo quali saranno i lavori più richiesti in futuro.

I lavori del (prossimo) futuro

Green economy ed analisi dei dati al primo posto, seguiti poi dalla gestione e creazione di intelligenze artificiali. Questi sono i settori in cui la domanda di lavoro è in aumento. Con la guerra in Ucraina, inoltre, si parla sempre più spesso di cyber security. Altro campo – questo – che vede a livello mondiale l’aumento di corsi di formazione, nonché di una maggiore richiesta professionale. Oltre ai lavori nascenti, bisogna però fare i conti con quelli che si trasformeranno attraverso le nuove tecnologie e l’intensificarsi della produzione automatizzata.

Dati del report Future of Jobs 2020 WEF

L’indagine McKinsey&Company del 2017 confermava già che l’automazione della produttività prenderà sempre più piede. Secondo il report, nel prossimo futuro il 49% delle professioni oggi svolte dall’uomo verranno svolte dalle macchine. In epoca Covid, il 43% delle aziende intervistate nel 2020 dal report Future of Jobs dichiara che ridurrà la forza lavoro per via dell’integrazione tecnologica. Ad ogni modo, il 34% delle aziende intervistate avrà bisogno di un maggior numero di impiegati per poter gestire e utilizzare la tecnologia applicata.

Entro il 2025, l’adozione tecnologica nelle aziende trasformerà le mansioni e le competenze, nonché emergeranno 97 milioni di nuove professioni più adatte alle nuove disposizioni aziendali. Questo dato ci indica dunque, a detta del report, un “misurato ottimismo” poiché i lavoratori che non svolgeranno più le vecchie mansioni verranno reindirizzati in nuovi lavori. Un processo di riqualificazione, questo, che dovrà essere gestito da appropriati corsi formativi, erogati dalle aziende stesse, e da una dovuta collaborazione pubblico-privato oltre che regionale e nazionale.

Prima i valori umani, poi le macchine

Trasformazioneriqualificazione sono quindi le parole chiave che il contesto attuale porta dentro il mondo del lavoro. I dati non parlano infatti di una catastrofe, a detta dei tecnoscettici, ma piuttosto di una opportunità che sarà veramente colta se gestita bene. Imprese, governi e lavoratori – spiega Future of Jobs devono pianificare di lavorare insieme per implementare una nuova visione di forza lavoro globale.

Il rapporto tra tecnologia e lavoro non è tuttavia una discussione nuova. Fin dai tempi del luddismo inglese il dibattito ha avuto i sui alti e bassi. Al giorno d’oggi, avviluppati come siamo alla tecnologia, sembrano obsolete le rivolte alle macchine del XIX secolo. Piuttosto, a detta di Steven Jones, direttore del Center for Textual Studies and Digital Humanities dell’Università di Chicago, si parla oggi di luddismo del lifestyle. Un neo-luddismo cioè che denuncia uno stile di vita “saturo di tecnologia” e invaso da dispositivi elettronici, anche nella sfera privata e nelle relazioni.

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In seno dunque ai cambiamenti del mondo del lavoro, sono i valori umani ad essere ora oggetto di interesse e monito per una migliore produttività lavorativa. Non di meno, bisognerà fare i conti con una tipologia di contratti che includano il rapporto tra uomo e nuove tecnologie, le nuove modalità di lavoro come lo smart working e il rispetto del work-life balance. Non per ultimo, sarà importante mantenere alto il senso di appartenenza a un team di lavoro e l’aderenza allo scopo dell’azienda. Anche durante i sempre più assidui incontri virtuali.

Diversi sono gli approcci adottati dai vari Paesi per fronteggiare le nuove trasformazioni del mondo del lavoro. Come si sta comportando l’Italia?

La prospettiva italiana: punti forti e punti deboli

All’interno di un quadro in continuo cambiamento, l’Italia secondo Future of Jobs si colloca in una posizione bipartita. Il livello di formazione digitale è inferiore rispetto alle altre nazioni e da una parte la mette in svantaggio. Dall’altra parte, rimane elevata la richiesta di lavoratori altamente qualificati. Tuttavia, secondo i dati LinkedIn, nel settore dell’Hardware e Networking, le nuove skill richieste dal mondo del lavoro sono in Italia in cambiamento maggiore rispetto alle altre nazioni.

Dati del report Future of Jobs 2020 WEF

Di crescente importanza sono le Business School e i Master aziendali proposti per formare il personale. Corsi di formazione, questi, che vedono sempre più iscritti, sia in Italia che nel resto del mondo. Il Global Education Outlook calcola per l’appunto che nel 2025 si arriverà a 7,300 miliardi di spesa globale in educazione e formazione contro i 6,100 miliardi nel 2019. Infine, secondo le previsioni dell’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive sul Lavoro (ANPAL), si stima per il 2022-2026 un aumento del fabbisogno lavorativo in Italia per effetto dell’espansione economica dovuta agli aiuti della Next Generation EU.

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare” diceva un famoso politico britannico. Il mondo del lavoro – da sempre in stretto rapporto con le dinamiche socio-culturali – calza a pennello questo detto. Lo ha fatto durante le vecchie rivoluzioni industriali, lo sta facendo anche durante le transizioni del presente. L’importante, è che non perda il treno delle opportunità.

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Martina Tolaro

Martina Tolaro

Martina Tolaro, curator ed editor freelance. Ho collaborato con imprese culturali creative nazionali e artisti internazionali. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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