La vita da remote worker si posiziona per molti a metà strada tra il fascino della scoperta e il timore dell’ignoto. Il lavoro a distanza è uno stile di vita che consente ai professionisti di lavorare al di fuori di un ambiente d’ufficio tradizionale, basandosi sul concetto che non è necessario trovarsi in un luogo specifico per eseguire i propri compiti con successo: ne abbiamo parlato con Giovanni Zalloni, Senior Marketing Manager di Cisco System ed esperto remote worker.

Un manager di una multinazionale può scegliere una vita da remote worker?

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Certamente! Anzi, quando si arriva a certi livelli di esperienza è ancora più semplice, perché nella vita da remote worker hai moltissima libertà e per gestire la libertà serve esperienza. La cosa principale da cui partire è l’impostazione della cultura aziendale e del management. Il lavoro da remoto se lo può permettere qualsiasi persona a qualsiasi livello, la cosa importante è che il mindset dell’impresa e gli strumenti di lavoro siano di un certo tipo.

Ci spieghi più nel dettaglio questi due aspetti?

Con forma mentis aziendale intendo che non deve esserci una valutazione delle risorse umane basata sul tempo che queste trascorrono in ufficio, ma sui risultati che raggiungono. Per questo serve un’impostazione basata su delle metriche. Le risorse vanno formate e portate a un livello di expertise adeguato, dopodiché vanno comunicati obiettivi e deadline e infine le risorse vanno lasciate libere. É fondamentale che le aziende si attrezzino per una gestione dei flussi di lavoro “remotizzabile”. Un primo passo per non obbligare le persone a essere in un ufficio è quello di eliminare la carta e trasformare tutta la documentazione in file digitali da poter caricare in cloud. Con strumenti di lavoro, intendo i mezzi necessari per svolgere i propri compiti, quindi sia dispositivi fisici che piattaforme e strumenti digitali sulle quali tutti devono essere debitamente formati. 

Come pianifichi i tuoi viaggi?

I viaggi li pianifico in base a vari criteri. Uno è sicuramente legato alle conferenze che ho in varie parti del mondo. Scelgo spesso di fermarmi più a lungo o muovermi nei dintorni. Poi prediligo posti che non ho mai visitato, optando quasi sempre per Paesi caldi, cercando luoghi dove poter assorbire usanze e culture diverse dalla mia. Infine guardo alle nuove tendenze e alle città nelle quali c’è un maggior fermento in termini di innovazione. Chiaramente anche una valutazione economica è importante: prediligo Paesi meno cari nei quali fermarmi più a lungo.

È complesso conciliare lavoro e avventura?

Conciliare lavoro e avventura è piuttosto semplice. La mia è una posizione globale con contratto in Europa, ma gestisco team anche in America e più raramente in Asia, per cui cerco di organizzare le mie giornate in base alle time zone, allineandomi ai vari orari lavorativi e ai meeting programmati. Una volta terminate le riunioni, ho tutto il tempo per dedicarmi al resto.

Quali app usi maggiormente per muoverti?

Per quanto riguarda il viaggio, tendo ad andare all’avventura, senza prenotare mai nulla in anticipo. Una volta maturata un po’ di esperienza è semplicissimo trovare alloggio e cibo e organizzarsi per la logistica. Quando invece scelgo di prenotare, utilizzo le classiche app: Booking.com, Airbnb e Couchsurfing. Per quanto riguarda la socialità, mi affido alla gente del luogo, mentre a livello di app utilizzo Meetup e Eventbrite, ma il buon vecchio passaparola resta lo strumento migliore.

Quali strumenti digitali non possono mancare nel tuo lavoro?

Sicuramente il portatile e il telefono! Essenziale che siano molto performanti. Il telefono spesso lo utilizzo come hotspot e compro sempre Sim locali. Poi delle buone cuffie che isolino i rumori durante i meeting e infine vari strumenti e software che cambiano a seconda del tipo di lavoro. Io uso principalmente i cloud, la VPN, la suite Office, il calendario condiviso, qualche programma di grafica e una buona app di teleconferenza come Webex.

Le tre cose che arricchiscono la vita di un remote worker?

La prima è la serenità che si prova quando si è in grado di gestire il proprio tempo muovendosi nel mondo. Spesso in ambito lavorativo siamo sottoposti a pressioni assolutamente ingiustificate: non può essere sempre tutto urgente. La seconda è il fatto di essere continuamente stimolati da punti di vista diversi, frutto anche delle peculiarità culturali. Questo porta a mettersi in gioco, ad aprirsi al dialogo, senza la necessità di trovare la risposta giusta, ma semplicemente concedendosi la possibilità di osservare e crescere. La terza cosa è legata a tutto quello che si può scoprire nella natura e negli ambienti che si attraversano.

A chi ha voglia di lanciarsi in questo tipo di esperienza ma non sa come muoversi cosa suggerisci?

Io sono partito con una frase che non ricordo di chi sia, diceva più o meno: “ho più paura di quello che potrebbe succedere nel rimanere fermo che di quello che potrei trovare muovendomi”. Dal punto di vista pratico, suggerisco di investire sul proprio cervello perché quello non te lo ruba nessuno e te lo puoi portare dove vuoi. Dal punto di vista psicologico, è utile ricordare che nessuna scelta è per l’eternità e nessuna è di per sé giusta o sbagliata. L’esperienza è invece sempre impagabile, anche quella dell’“errore”. Abbi più paura di non muoverti che di “sbagliare” e vivi più che puoi.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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