La fine del 2023 apre nuovi spiragli per l’opera lirica italiana. Dopo un periodo difficile, sta emergendo una nuova consapevolezza rispetto alla sua importanza.

Il riconoscimento da parte dell’UNESCO potrà fornire una spinta decisiva per nuovi investimenti economici in questo settore, a partire dal rinnovo dei contratti di lavoro.

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La difficile ripresa post-pandemia e gli scioperi

Fino a poco tempo fa, ci si chiedeva quale poteva essere il futuro dell’opera lirica in Italia.

Le chiusure obbligate dalla pandemia avevano ulteriormente messo in difficoltà questo settore. I prezzi dei biglietti a copertura dei forti costi delle produzioni e la preparazione culturale necessaria per potere godere pienamente degli spettacoli non erano d’aiuto.

La situazione si era ulteriormente complicata lo scorso 21 ottobre quando i sindacati di coristi, musicisti, tecnici e amministrativi di 12 delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche italiane avevano deciso di scioperare per chiedere il rinnovo e l’adeguamento dei loro contratti collettivi di lavoro, fermi al 2001.

Con le eccezioni dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma e alla Scala di Milano, a cui si applicano contratti autonomi e più vantaggiosi, le Prime avevano cominciato a essere cancellate.

Nuovi contratti di lavoro per l’opera lirica

Una prima svolta per l’opera lirica è arrivata il 30 novembre scorso. Lo sciopero è terminato perché i principali sindacati (SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL) hanno raggiunto una ipotesi di accordo con la controparte, la Associazione Nazionale Fondazioni Lirico-Sinfoniche.

L’ipotesi prevede un aumento dei minimi salariali pari al 4%, il pagamento di una cifra una tantum pari all’8% degli stipendi, l’inclusione nella retribuzione nazionale di 150 euro finora previsti solo dai contratti aziendali, il pagamento di una cifra una tantum di 250 euro aggiuntivi per i lavoratori a termine impiegati nel triennio 2019-2021.

L’accordo definitivo è previsto per il 2024.

L’opera lirica italiana diventa Patrimonio dell’Unesco

Pochi giorni dopo dalla firma dell’ipotesi di accordo, l’opera lirica italiana è stata consacrata come patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO.

Il patrimonio culturale immateriale dell’umanità, secondo la definizione dell’UNESCO, comprende le tradizioni trasmesse all’interno delle comunità, quali pratiche sociali, riti, festività, espressioni orali, manifestazioni artistiche, e pratiche legate alla natura e all’artigianato.

La tutela impone di salvaguardare il sapere e la conoscenza storicamente acquisite. Devono potersi trasmettere di generazione in generazione.

Nonostante questo riconoscimento non abbia immediate conseguenze legali, rappresenta un volano economico e commerciale molto importante per il nostro Paese. Inoltre, implica delle responsabilità rispetto alla sua cura.

Continuare a investire nell’opera lirica italiana

L’ultimo tentativo fallito di rinnovare i contratti dei lavoratori dell’opera lirica italiana risale al 2014.

All’epoca l’accordo raggiunto fu fermato dalla Corte dei Conti: mancavano i fondi per coprire le richieste economiche. Non bisogna dimenticare che le risorse per mantenere l’opera lirica provengono per una buona parte dalle Casse dello Stato.

Stavolta c’è un maggiore ottimismo sulla possibilità di chiudere l’accordo, grazie anche alla spinta ricevuta dall’UNESCO. Il riconoscimento conseguito impone di non spegnere i fari su questo settore e non considerarlo come un vezzo costoso e stantio.

Al contrario, pone nuove responsabilità verso il suo mantenimento in buono stato. Invita a rinforzare gli investimenti economici, a partire dal trattamento dei lavoratori che ne permettono la conservazione e lo sviluppo.

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Giovanni Pigozzo

Giovanni Pigozzo

Nei modi più vari mi sono sempre occupato di quel che succede nel mondo del Lavoro. Analizzo come è fatta e come evolve l'attività umana che più di tutte occupa le nostre giornate. Aspirante giornalista pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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