Il teatro italiano ha riaperto al pubblico, tra limitazioni e incertezze: come vedono i lavoratori questa nuova stagione?

La riapertura del teatro, dallo scorso 26 aprile, ha rappresentato una nuova prospettiva dopo mesi di chiusura per i lavoratori del settore.

Il decreto disciplina le riaperture di teatri, cinema, sale da concerto in zona gialla. È necessario che i posti a sedere siano preassegnati e una distanza di un metro l’uno dall’altro. La capienza massima consentita è del 50% di quella massima autorizzata e comunque non superiore a 500 spettatori al chiuso e 1000 all’aperto. Il coprifuoco è ancora fissato alle 22.00: in questi giorni si sta dibattendo alle Camere per estenderlo almeno fino alle 23.00.

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Tra coprifuoco, contingentamento e la difficoltà di far ripartire un meccanismo complesso come quello dello spettacolo dal vivo, le incognite sono ancora molte. Abbiamo intervistato Nicola Andretta, attore, regista e drammaturgo, per chiedergli come sta vivendo la riapertura il settore e quali sono le idee per i prossimi mesi.

Con la sua compagnia emergente è stato alla Biennale di Venezia e ha sempre lavorato nel circuito indipendente come attore. Prima del Covid i primi esperimenti alla regia con uno spettacolo, Black Holes, che parla degli scherzi che una malattia neurologica fa alla mente di alcuni malati. Ora le assistenze alla regia per il Teatro Stabile del Veneto che, dice, “mi consentono di campare fino a luglio“.

Fonte: teatro Ferrari

Il tema è la riapertura dei teatri: quali sono le differenze fondamentali tra settore pubblico e privato? Come si stanno organizzando?

Il settore pubblico sta ricevendo fondi sufficienti per permettersi di fare produzioni a scatola chiusa. Alcune realtà stanno facendo un ottimo lavoro dando da lavorare a tanti colleghi che altrimenti sarebbero fermi: eseguono tamponi, seguono le misure di sicurezza, programmano settimane di repliche e creano materiale video. Tutto questo ha un costo che le piccole e medie realtà non possono permettersi.

Molte realtà hanno deciso di non riaprire perché non hanno avuto la possibilità di organizzarsi. Il teatro non è un settore che riparte tirando su la serranda: la falla sta forse nella lontananza tra le istituzioni e il settore della cultura?

La falla sta da entrambe le parti, sia nelle istituzioni che nel settore cultura. Le istituzioni al momento tendono a prendere in considerazione solo le grandi realtà, non considerando che sono le piccole compagnie, i piccoli teatri che creano l’interesse per quest’arte nelle persone e fanno nascere la passione per essa. Il mondo della cultura invece tende a essere troppo ego-riferito e chiuso in se stesso, senza capacità comunicativa né contrattuale verso le istituzioni. Una discussione col governo può sicuramente essere utile.

Una cosa interessante che sta emergendo in questo periodo è un tentativo da parte dei lavoratori dello spettacolo di riunirsi come categoria e far sentire la propria voce.

È necessario un contatto con il governo anche per farci riconoscere come categoria a tutti gli effetti e rivedere le condizioni contrattuali spesso svilenti. Sarò onesto, non mi faccio illusioni e non credo che nessuno verrà in soccorso. Molti colleghi hanno già svelato il loro piano B e si stanno occupando di altro per sopravvivere, altri stanno disperatamente provando a creare contenuti multimediali. Il teatro sembra sempre sul punto di morire ma non muore mai. Perché fa parte dell’essere umano, e i teatranti sono le erbacce più coriacee del prato: se c’è un modo, lo troveremo.

C’è il rischio che la riapertura di cinema e teatri porti lavoro unicamente nel periodo estivo, per poi invece vedere una nuova chiusura con l’approssimarsi dell’inverno? Che idee si sono fatti i tuoi colleghi e cosa proporreste al riguardo?

A quanto vedo c’è un enorme desiderio di tornare in scena e per quest’estate si stanno accavallando festival su festival, spettacoli su spettacoli. Quest’estate ci sarà una sovrapproduzione in scena, ma basteranno i teatri? Basterà il pubblico? I miei colleghi confidano che la campagna vaccinale eviterà una nuova chiusura per il prossimo inverno. Se così non fosse, la forbice tra chi viene sovvenzionato dallo Stato e le realtà indipendenti si farà più ampia e splendide realtà costruite negli anni, fidelizzando il proprio pubblico, chiuderanno per sempre nel silenzio assordante delle istituzioni.

Il teatro si fa dal basso e dal basso risorgerà. Non so se ci sono proposte a riguardo. Ogni realtà trova le sue vie per rispettare tutti i parametri, ma siamo vincolati ai decreti ministeriali. Il tutto in un clima di incertezza che ci sta facendo riflettere molto su quello che facciamo, sulla percezione della nostra utilità in un paese che troppo spesso ci considera dei saltimbanchi. Riecheggiano le parole dei nostri parenti: “perché non ti trovi un lavoro vero?”.

La questione coprifuoco, anche se dovesse slittare alle 23.00, creerebbe comunque problemi. Alcuni propongono di utilizzare il biglietto come una sorta di “lasciapassare”. Cosa ne pensi di questa proposta e come influirà il coprifuoco sulla stagione che sta partendo?

Sarebbe una bella idea. Il punto rimane comunque l’idea del tampone entro 48 ore dallo spettacolo, cosa che farebbe lievitare i costi di una serata a teatro e renderebbe difficile per chiunque potersi permettere un’uscita, anche per gli appassionati. Il pass vaccinale, confidando che entro l’autunno sarà vaccinata la maggior parte delle persone, si presume che darà una scossa alla situazione, facendola tornare a una sorta di normalità.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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