Il 21 dicembre è passato, in Commissione cultura al Senato, il disegno di legge che sarà calendarizzato in Aula nei prossimi giorni e darà il via alla riforma degli istituti tecnici. Un provvedimento chiesto fortemente dalle imprese, che da tempo denunciano la difficoltà di reperire personale qualificato, complice il calo demografico e la diminuzione degli iscritti negli istituti. Ma il dito è puntato sul fenomeno della discrepanza tra competenze offerte e specializzazioni richieste dal mercato del lavoro. Avviene, infatti, che le abilità dei nuovi dipendenti non corrispondano alle esigenze delle aziende.

Un mondo del lavoro che troppo spesso non si incrocia con quello della formazione. Un gap che questa riforma degli istituti tecnici, ma che coinvolge anche gli istituti professionali, intende colmare. Come? Provando ad andare alla radice del problema, rendendo il nuovo percorso, che prenderà il via il prossimo anno in via sperimentale, più specifico, professionalizzante e legato al territorio. In altre parole più appetibile sia per gli studenti sia per le aziende.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Il disallineamento delle competenze

Confcommercio, la Confederazione delle imprese italiane, che oggi plaude la riforma degli istituti tecnici, da anni, nei suoi report, denuncia l’affacciarsi di questo fenomeno nel mondo del lavoro. Sempre più aziende riscontrano la mancata corrispondenza tra le competenze richieste ai nuovi dipendenti e quelle offerte dai giovani usciti dagli istituti tecnici. Questa discrepanza fa sì che le imprese, non avendo personale sufficientemente qualificato, non crescono come vorrebbero.

Un fenomeno che, secondo l’ultimo rapporto di Unioncamere, l’Unione italiana delle camere di commercio, coinvolge il 49% delle professionalità richieste. La soluzione, secondo il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è il potenziamento delle discipline di base e l’incremento di quelle laboratoriali e professionalizzanti. “Sarà più forte il legame tra scuola e impresa e si punterà molto sull’internazionalizzazione e sulla ricerca” – le parole del ministro Valditara. – “Avremo una filiera della formazione tecnica di serie A”.

Vero è che, in passato, le famiglie tendessero a preferire i licei piuttosto che puntare alla formazione tecnica. Un fenomeno che nell’ultimo anno ha subito una variazione. Infatti, il 30,9% degli studenti ha scelto un istituto tecnico, secondo i dati pubblicati dal Ministero per l’anno scolastico 2023-2024. Una ulteriore crescita rispetto all’anno precedente che la riforma degli istituti tecnici intende rafforzare.

L’impianto della riforma degli istituti tecnici

Nel perseguire gli obiettivi di crescita e di specializzazione, la riforma degli istituti tecnici strutturata in cinque punti fondamentali, vede nell’introduzione del cosiddetto modello 4 anni+2 e dell’uso degli ITS Academy la chiave del successo.  In sostanza un quadriennio di base, potenziato rispetto al passato, e ulteriori due anni di specializzazione. Proprio qui entrano in gioco le ITS Academy (qui la definizione del Miur), percorsi di alta specializzazione, espressione di una strategia fondata sulla connessione delle politiche di istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali.

Ciò vuol dire che sono le stesse imprese ad entrare in gioco nella formazione degli studenti, inserendo le proprie figure specializzate nel corpo docente. Secondo le intenzioni, le aziende saranno più propense ad attingere direttamente dalle scuole il proprio personale, perché sarà stato formato direttamente da loro in base ai loro fabbisogni.

Il legame con il territorio, un punto di forza

Chiaramente l’offerta formativa non sarà diffusa in maniera uniforme in tutto il territorio. Così come diverso è il panorama economico, per ogni regione variegata è la presenza delle singole filiere produttive. Il comparto ceramico in Emilia-Romagna piuttosto che la filiera farmaceutica nel Lazio, per fare un esempio, richiederanno rispettivamente operai specializzati e tecnici di laboratorio proprio in quelle regioni. Gli istituti tecnici, che con la riforma verranno ribattezzati “tecnologici”, saranno presenti su un determinato territorio proprio in virtù della presenza più o meno massiccia della filiera che lì si sviluppa.

C’è una parte dell’opposizione al governo attuale che vede proprio in questo punto un campanello d’allarme, ovvero le disparità territoriali e sociali che questa riforma degli istituti tecnici potrebbe generare. Un dubbio legittimo che viene combattuto con il numero di vantaggi che questa radicalizzazione nel territorio comporta.

La sinergia tra scuola, imprese e territorio favorisce il rafforzamento di singole aziende e dell’intero comparto produttivo. In più sarebbe un vantaggio per tutte quelle famiglie che devono scegliere un percorso formativo per i figli e sono ancora indecise. Avere un percorso mirato e con elevate possibilità di assunzione appena terminato il percorso di studi farebbe “più gola” rispetto all’insicurezza del titolo conseguito al liceo.

Si tratterebbe di uno strumento in più alla lotta contro la disoccupazione e il contrasto alla dispersione scolastica al livello locale con ripercussioni al livello nazionale. Analizzeremo i dati in questo senso il prossimo anno, quando la sperimentazione prenderà il via.

Condividi su:
Andrea Pezzullo

Andrea Pezzullo

Redattore, autore e conduttore radiofonico. Lo sguardo ben puntato su ciò che succede oggi intorno a noi. Mi occupo di attualità, economia e lavoro. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici