Dall’Europa si procede a passi spediti verso la “regolarizzazione “e la conseguente protezione sociale del lavoratore digitale su piattaforma. Una categoria di lavoratori sempre più diffusa nel mercato della GIG economy, la cui attività è regolata da sistemi automatizzati che organizzano il lavoro spesso in modo non trasparente e non sempre nel pieno rispetto della legislazione sociale.

In questo campo di battaglia dell’economia digitale, una Direttiva della Commissione ha corso fra i corridoi di Bruxelles ed è giunta il 12 dicembre al Parlamento UE di Strasburgo che l’ha approvata. La palla ora passa agli Stati membri, che dovranno approvarla e garantire regole uniformi per le Piattaforme in tutta Europa. Non senza difficoltà.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Quanto rende il lavoro su piattaforma in Europa

Secondo la Commissione europea sono 28 milioni gli europei che lavorano per 500 diverse piattaforme dominate da algoritmi che affiancano o sostituiscono le funzioni dirigenziali sul luogo di lavoro, senza una reale controllo. Ammontano invece a 20 miliardi le entrate derivanti dall’economia delle piattaforme nel 2020. Un business crescente quello della GIG Economy che richiede però una tutela sociale armonizzata e consapevole della portata economica e sociale del fenomeno (in Italia nel Luglio scorso una Relazione della Camera riportò l’attenzione proprio sul caporalato digitale emergente nel mercato italiano).

Lavori su piattaforma e tutele possibili: le proposte dell’Europa

Il 12 dicembre 2022 i deputati europei hanno finalmente votato misure per migliorare le condizioni dei lavoratori sulle piattaforme di lavoro digitali accogliendo così la proposta avanzata dalla Commissione nel 2021. La proposta prevede tre obiettivi principali:

  • garantire lo status occupazionale di quanti lavorano su piattaforma;
  • più equità, trasparenza e responsabilità nella gestione algoritmica del lavoro;
  • maggiore cooperazione europea sui dati dei lavoratori su piattaforma, comprese quelle a carattere transfrontaliero.

A quali piattaforme digitali si applicano le nuove norme?

Le nuove regole europee riguardano tutte le piattaforme di lavoro digitale, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento, e a condizione che il lavoro sia svolto nell’UE distinguendo però tra le piattaforme di lavoro digitale di ride-hailing (per i servizi autista-conducente) che sono coperte dalle nuove regole, e i servizi di invio di taxi, disciplinati dalle leggi nazionali.

Lavoratori su piattaforma: come individuare il “falso” lavoratore autonomo?

Le regole europee partono da una considerazione: una persona che svolge un lavoro su piattaforma può essere inquadrato dalla stessa come lavoratore subordinato e quindi godere dei relativi diritti e tutele sul lavoro, oppure essere un vero lavoratore autonomo e non avere le stesse tutele. Su 28 milioni di lavoratori su piattaforma, solo 5,5 milioni risultano “liberi professionisti” pur lavorando, di fatto, come dipendenti. E questo può portare a un gap di di protezione sociale a svantaggio dei lavoratori e a vantaggio delle aziende.

Come identificare lo status occupazionale del lavoratore su piattaforma?

Per capire allora che tipo di inquadramento ha un lavoratore, la proposta europea prevede un elenco di criteri, non obbligatori per gli Stati, che indicherebbero il rapporto di dipendenza o di libero professionista:

  • l’esistenza di uno stipendio fisso;
  • un orario e un orario di lavoro definiti;
  • sistemi di classificazione, monitoraggio o supervisione del lavoratore;
  • regole relative all’aspetto o alla condotta;
  • opzioni limitate per lavorare per terzi o libertà limitata di scegliere un’assicurazione contro gli infortuni o un regime pensionistico.

Grazie alle nuove regole europee se la piattaforma soddisfa almeno due di questi criteri, si presume legalmente che essa sia un “datore di lavoro” e coloro che vi lavorano godrebbero quindi dello status di “lavoratore” e avrebbero accesso ai diritti del lavoro e di protezione sociale.

Non solo: sarà finalmente possibile al lavoratore e anche al sindacato di categoria, contestare lo “status” occupazionale definito dalla piattaforma e raggiungere un inquadramento corretto ai fini delle garanzie del lavoro e della sicurezza.

Piattaforme e gestione algoritmica più trasparente

Per quanto riguarda la regolamentazione degli algoritmi usati nelle piattaforme, l’Europa mira a vietare ai sistemi automatizzati di prendere decisioni importanti sulle sorti dei lavoratori su piattaforma e impone agli Stati membri di garantire la supervisione umana su tutte le decisioni che influiscono in modo significativo sulle condizioni di lavoro.

L’obiettivo è ambizioso: rendere più trasparente la gestione algoritmica, obbligando le piattaforme a fornire informazioni ai lavoratori sul loro monitoraggio, su come influisce sul rapporto di lavoro, sulle condizioni di lavoro, promozioni o assegnazioni di compiti.

Non solo: l’UE vuole anche obbligare le Piattaforme e valutare l’impatto delle decisioni prese o supportate da sistemi automatizzati sulle condizioni di lavoro, sulla salute e sulla sicurezza e sui diritti fondamentali.

Piattaforme digitali: maggiore collaborazione fra gli Stati

L’UE alza il tiro: nel testo votato compaiono anche disposizioni per intensificare lo scambio di informazioni tra le autorità competenti del lavoro, della protezione sociale e delle imposte nei casi transfrontalieri e sanzioni dissuasive. Finora, infatti, le autorità nazionali hanno difficoltà ad accedere ai dati relativi alle piattaforme e alle persone che vi ci lavorano, ancor più quando operano in più Stati membri. Il testo di Direttiva votato dal Parlamento europeo passerà ora al vaglio degli Stati cui spetterà l’ultima parola sul delicato bilanciamento degli innegabili vantaggi economici della trasformazione digitale e le esigenze della protezione economia e sociale del mercato del lavoro europeo.

Condividi su:
Antonio Mazzuca

Antonio Mazzuca

Dal 2007 sono redattore editoriale tecnico-giuridico esperto e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e tutela ambientale. Sono il coordinatore editoriale della Testata tecnica InSic.it e dal 2015 editore della testata culturale registrata Gufetto.press dedicata al mondo della cultura off per le quali scrivo news, articoli, recensioni, interviste e approfondimenti e svolgo formazione ai redattori sia per la parte critica che redazionale e per la scrittura in ottica SEO.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici