I disturbi del sonno sono causati da uno squilibrio del ritmo circadiano, che regola il riposo e di conseguenza la qualità di tutte le attività che il nostro corpo è chiamato a svolgere nella quotidianità. Ci sono vari fattori di rischio nella compromissione del nostro “orologio biologico”; tra questi, troviamo l’esposizione prolungata alle luci artificiali, a sfavore di quella solare. È il caso dell’inquinamento luminoso e non da meno, l’utilizzo scorretto dei devices, figlio della società digitale e iperconnessa attuale. Vediamo insieme di che si tratta e come mai questi elementi sono tanto nocivi per la salute.

Come funziona il sonno?

Alla base del ritmo sonno-veglia che scandisce il sonno, c’è il nostro orologio naturale, detto circadiano (letteralmente “intorno a l giorno”) che segue i cicli biologici ritmici nell’arco delle 24 ore, ripetendosi ogni giorno nello stesso ordine. Questo ritmo è influenzato principalmente dalla luce che, come un circolo vizioso, incide sull’insorgenza dei disturbi del sonno e di altre patologie ad essi correlate.

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In un quadro sano, questo meccanismo di autoregolazione agisce in sinergia con la necessità di dormire, influenzata dal tempo trascorso da svegli e quindi incide sulla percezione del bisogno di riposarsi. Questo lavoro congiunto permette al corpo di addormentarsi e dopo qualche ora, alleviata la necessità, di mantenere il sonno per altre ore, fino al mattino.

Il meccanismo biochimico prevede infatti quattro fasi: le prime due di sonno più leggero (in dormi-veglia), la terza di sonno profondo, che vede rallentare la respirazione e l’attività cerebrale e muscolare, infine la quarta, la ben nota fase REM, contraddistinta invece da un’attività intensa del cervello, con sogni più vividi.

I disturbi più comuni del ritmo circadiano

I disturbi del ritmo circadiano sorgono nel momento in cui l’orologio interno non è più allineato con quello terrestre, di norma scandito dal ciclo luce-buio/giorno-notte. Su questo incide notevolmente l’esposizione continua a illuminazioni artificiali di vario genere, che impediscono al pacemaker circadiano di stimolare la retina a inviare gli impulsi nervosi necessari per produrre melatonina ovvero l’ormone del sonno.

Il risultato più comune è l’insonnia, nelle sue manifestazioni più estreme, tra loro opposte, tutte ugualmente invalidanti:

  • “iniziale” o sindrome della fase del sonno ritardata, che colpisce di più adolescenti e giovani adulti
  • “intermittente” e “finale” o disturbo da fase avanzata del sonno, tipica degli anziani.

L’intensità delle luci delle varie fasi del giorno (alba e tramonto) invia segnali al corpo. Quella più blu del mattino stimola la produzione di cortisolo, che infonde energia e induce il corpo a essere vigile, mentre quella ambrata della sera prepara al sonno, grazie alla melatonina. Se invece c’è poca luce di giorno e di sera troppa (artificiale peraltro) questa andatura si capovolge con un peggioramento nella qualità di vita della persona, invadendo qualunque sfera: la salute, le relazioni sociali, le attività lavorative, lo stesso controllo dei propri desideri.

Rischi per giovani e adulti a contatto con la luce blu dei devices: studi a confronto

Insieme alla luce blu dei dispositivi, che causa secchezza oculare, visione offuscata e bruciore per la messa a fuoco prolungata (senza sbattere le palpebre), anche il clima, le sostanze ingerite e l’attività fisica incidono sulla qualità del sonno, strettamente connessa con la salute mentale, metabolica e cardio-vascolare. A tal proposito, il Centro specializzato di Medicina del sonno dell’ospedale Molinette a Torino ha dimostrato che, la frammentazione prolungata del sonno ha una stretta correlazione con la malattia di Alzheimer, a causa del deposito di una proteina che non viene smaltita dal sistema di pulizia cerebrale (glinfatico) attivo nel sonno profondo.

Quanto agli adolescenti, uno studio longitudinale condotto in Australia su 1000 studenti dai 13 ai 16 anni, aveva già rilevato cinque anni fa quanto l’esposizione massiva alle luci blu dei devices scompensi considerevolmente il sonno, favorendo l’insorgenza di disturbi depressivi. Lo ha confermato una recente rassegna della letteratura scientifica del campo, a partire dalla sperimentazione di un utilizzo che superi le due ore giornaliere.

Non a caso, l’insonnia colpisce il 10% della popolazione mondiale, ma per bambini e ragazzi il valore raddoppia. In pandemia è persino triplicato, con un’impennata nell’uso dei dispositivi in qualità di unica attività ricreativa (fino a 8-10 ore) e di conseguenza dei farmaci ipnotici.

Inoltre, c’è una netta differenza tra i generi. Le donne hanno un rischio del 40% in più di sviluppare disturbi del sonno, sfavorite dai flussi ormonali e dalla predisposizione a malattie croniche e/o degenerative. In Italia, si sta dedicando al tema delle demenze legate al sonno in prospettiva di genere la ricercatrice AIRALZH, Ilde Pieroni, con un progetto condotto presso la Casa di cura Villa Serena di Città Sant’Angelo, nel Centro Sonno riconosciuto dall’ Aism – Associazione italiana di medicina del sonno.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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