Sono molti gli adolescenti che hanno sofferto di disturbi del sonno durante il Covid. Abbiamo chiesto a una psicoterapeuta di aiutarci a delineare il problema e le possibili soluzioni.

I disturbi del sonno sono la spia delle ripercussioni psicologiche provocate dall’isolamento sociale sugli adolescenti durante la pandemia ancora in corso. Per indagare quali siano le cause e proporre delle soluzioni alle loro famiglie, Buone Notizie.it ha intervistato la psicoterapeuta infantile Alessandra Simone, che si dedica al supporto psicologico dei ragazzi e al sostegno dei loro genitori.

Distinguere i disturbi da altri aspetti

A scanso di allarmismi, la premessa da tenere a mente è che fisiologicamente in adolescenza si verifica un ritardo nel rilascio della melatonina. Per ragioni ormonali quindi, con l’inizio della pubertà i ragazzi avvertono il bisogno di andare a dormire più tardi; ciò non significa che abbiano bisogno di meno ore di sonno, ma che questo viene naturalmente traslato in avanti, di una/due ore per essere considerato un range normale. Non a caso, aggiunge la psicoterapeuta, l’Associazione americana dei pediatri aveva proposto che si posticipasse anche l’orario di inizio delle lezioni per questa fascia scolastica.

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Per questi motivi, nella fase di transizione – più semplice da individuare nelle ragazze per via della comparsa del primo ciclo mestruale – ogni adolescente è in perenne debito di sonno, ed è normale che sia così. Ciò detto, sostiene la psicoterapeuta, i disturbi del sonno non si riducono all’insonnia: ci sono ragazzi che fanno fatica ad addormentarsi, o che hanno risvegli frequenti nella notte, chi dorme troppo o al contrario si sveglia molto presto; quest’ultimo specie nelle ragazze, più soggette a disturbi d’ansia”.

I segnali da cogliere e i campanelli d’allarme da non sottovalutare

Una volta che il genitore ha delineato il fabbisogno di sonno del proprio figlio, se questa oscillazione non si stabilizza nel giro qualche mese, è importante tenere d’occhio i cambiamenti.

Nell’umore, nell’appetito a colazione, nel rendimento scolastico, nel peso corporeo. Qualunque sbalzo improvviso in uno di questi aspetti, per eccesso o per difetto, può essere correlato al sonno: “Nella mia esperienza, quando c’è un disturbo psicologico, il sonno è sempre disturbato. Può non essere così il contrario: in quel caso è meglio rivolgersi per prima cosa al pediatra per escludere cause fisiche e sistemare la dieta secondo le direttive scientifiche: scegliendo cibi poveri di sodio, privilegiando l’assunzione di carboidrati che favoriscono la serotonina (ormone precursore della melatonina), non consumando i pasti troppo tardi”.

Per i ragazzi, non avere un sonno di qualità è “il male minore”, però bisogna indagare e distinguere la sintomatologia. “Se il disturbo non passa, è il genitore a dover contattare un professionista, dopo aver chiesto al proprio figlio cosa succede. Bisogna contestualizzare la gravità, sapere se arrivano pensieri ansiosi, ossessivi, depressivi. Riguardo questi ultimi, meglio non semplificare la condizione di un figlio che dorme tutto il giorno, compromettendo scuola, relazioni e alimentazione, ripetendosi “è un dormiglione!”; può essere, ma a quell’età in molti casi ci troviamo davanti a un principio di depressione”.

Potrebbe trattarsi anche solo di un problema pedagogico, che richiede di sistemare la routine in casa, ma a proposito di questo, i lockdown sono stati deleteri.

Le cause dei disturbi del sonno nei periodi di quarantena

A tal proposito, c’è da fare una distinzione tra il primo e il secondo lockdown.

Il primo lockdown è stato un “recupero” del sonno. “La DAD non era ancora iniziata se non a tratti, c’era un ambiente protetto in cui genitori e figli erano accomunati dalla stessa regola imposta “dall’alto” e quindi c’erano anche meno conflitti interni tra le mura domestiche, anzi molta condivisione. Si è iniziato a cucinare insieme, a “riempire” il tempo libero con le stesse attività, quasi una regressione a una fase più infantile. I genitori mi chiamavano, entusiasti che i figli dormissero tanto e stessero bene. Certo, hanno anche iniziato a svegliarsi alle 11:00, ma il fabbisogno di sonno, seppur spostato in avanti, era rispettato”.

Nel secondo lockdown c’è stato il tracollo. “Nelle neuropsichiatrie italiane c’è stato il +80% di casi, io ho avuto difficoltà estreme a far ricoverare dei pazienti: prendevano solo casi gravissimi e in emergenza. I disturbi del sonno sono aumentati, correlati all’insorgenza di altre patologie. Poi spesso vengono fatte diagnosi errate, come l’ADHD (Disturbo da deficit di attenzione iperattività) che in questo periodo poteva anche essere il risultato della mancanza di sonno, che porta iper-agitazione”.

Gli stessi genitori hanno adottato un paradigma diverso. C’è stata molto fermento e mobilitazione da parte delle famiglie di bimbi piccoli e delle associazioni perché non chiudessero le loro scuole anche in concomitanza col rientro al lavoro di molti genitori. Per i ragazzi, invece, la DAD è parsa la soluzione “win win” per tutti.

Come ha influito la DAD sull’igiene del sonno

A proposito della DAD, la dottoressa Simone ci dice che: “Il fatto di non doversi recare a scuola e dunque poter mediare attraverso uno schermo anche la prestazione sociale, ha reso tutto più facile. Effettivamente, ci sono studi che hanno dimostrato come, in mancanza di sonno, è molto più facile svolgere compiti meccanici che creativi, sociali, flessibili”.

Questo “lasciapassare alla passività” ha sconvolto completamente non solo una routine già intermittente – in cui alcuni si svegliavano due minuti prima dell’inizio della lezione o giocavano ai videogiochi nel mentre – ma ha reso giustificabile la dipendenza dai social e dai dispositivi elettronici.

Al punto tale che, aggiunge la psicoterapeuta “ad alcuni ragazzi, già in terapia con me per dipendenza dai videogiochi online prima della pandemia, è stato regalato il tablet dai genitori per trascorrere il lockdown”.

Se però la dipendenza è la stessa per entrambi i generi, la differenza è che le ragazze si sono rifugiate più nei social di condivisione, le chat, mentre i ragazzi appunto nei videogiochi e di conseguenza è cambiata la manifestazione del disturbo di sonno. Ansia, pensieri ossessivi, ruminazione e sveglia precoce per le prime, posticipo del riposo e apatia diurna per i secondi. Del resto, il tempo pomeridiano prima speso per attività sociali e/o sportive è stato soppiantato dal recupero delle ore di sonno perse la notte.

Il rapporto complicato tra dipendenza da dispositivi elettronici e attività fisica

Lo spiega chiaramente uno studio già citato in precedenza – a proposito delle dipendenze degli adolescenti – che ha dimostrato come si sia ribaltato nel campione di studio – tra pre/durante la quarantena – il tempo trascorso davanti agli schermi e quello dedicato all’attività fisica:

Adolescenti-e-disturbi-del-sonno-come-ha-inciso-la-pandemia-e-cosa-si-può-fare

 

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Da questi grafici, per soffermarci solo sui dati più evidenti, si desume che nell’uso degli schermi:

  • prima del lockdown la maggioranza trascorreva dai 30 ai 60 minuti (35,4%) o dai 60 ai 90 (24,3%)
  • durante, la somma delle precedenti, trascorreva dai 90 ai 180 minuti (62,6%)

Quanto al tempo dedicato all’attività fisica:

  •  prima del lockdown, la maggioranza dedicava dai 30 ai 60 minuti (35,2%) o dai 60 ai 90 (24,9%)
  • durante, la somma delle precedenti, dedicava meno di 30 minuti (56,7%)

Alessandra Simone lo conferma e sottolinea come il conseguente “ristagno di energie” abbia influito sul piano fisico nell’incremento di disordini alimentari e nel fatto di non avvertire stanchezza nel corpo, con ovvie conseguenze sul sonno.

Questo tempo dilatato e sospeso, come riporta lei stessa nel suo blog, ha fatto sì che – secondo Save the Children – 1 adolescente su 2 ritenesse sprecato l’anno (e oltre) trascorso.

Anche in questo periodo in cui abbiamo iniziato a vivere nuovamente le “riaperture”, la mancata gradualità che c’è stata fa supporre che anche dei lievi miglioramenti nei disturbi del sonno possano essere più che altro transitori.

I consigli per dare spunti ai genitori

Posto che  ogni persona ha la sua specifica individualità e merita di essere seguita in modo unico da un professionista esperto, la dottoressa Simone delinea alcune possibili soluzioni per aiutare i genitori a “navigare a vista”.

  • Ripristino di una routine sana. A partire dal rientro dalle ferie estive, ristabilire delle regole e non aver paura di farlo. In maniera naturale però, senza ricorrere alla somministrazione arbitraria di melatonina, che può creare dipendenza e innescare effetti opposti se presa senza controllo medico.
  • Dare regole in un contesto. La regola vorrebbe che i telefoni fossero spenti almeno un’ora prima di addormentarsi: è necessario controllare che ciò avvenga, spiegando anche il perché. Ricorrere alla contrattazione tra le richieste degli adolescenti e quelle dei genitori; trovare un compromesso affidando all’adolescente un ruolo attivo nella scelta. Essere realistici nei divieti, empatici, ma categorici.
  • Condividere interessi per creare regole “nella relazione”. Ovviamente perché rinuncino ai loro “sedativi” per il disagio, bisogna proporre ai ragazzi alternative concrete. Sostituire quei momenti con il dialogo. Interessarsi a cosa stanno leggendo, proponendo di stabilire un tot di tempo oltre il quale staccare e riprendere insieme il giorno successivo.
  • Esercitare il controllo attraverso la sana curiosità. Avere un interesse credibile agli occhi dei propri figli, su quello che pensano, che li appassiona, anche quando non suscita la stessa curiosità in noi adulti. Fare domande a sé stessi e a loro e cogliere cosa li spaventa e perché li turba.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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