Il gioco d’azzardo non è un tunnel senza uscita: “Guarire si può“. A dirlo è Lorenzo Castelli, psicologo e psicoterapeuta esperto in gioco d’azzardo patologico (GAP) in un’intervista alla Gazzetta: “La ludopatia rientra nei disturbi del controllo degli impulsi. […] È necessario un trattamento che prenda in considerazione diversi piani”, che vanno dalla terapia di tipo psichiatrico, alla psicoterapia, fino all’accompagnamento psico-educativo, ossia alla trasmissione di comportamenti atti a ridurre la patologia.

Se uscire da una dipendenza richiede sempre enormi sforzi personali e a volte anche economici, in Italia dal 2017 per chi soffre di ludopatia la cura è gratuita.

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Nel nostro Paese invero, oltre all’assistenza a pagamento offerta nel settore privato da liberi professionisti e da cliniche spesso costose, è possibile beneficiare di diverse strutture in grado di erogare i trattamenti necessari in modo completamente gratuito o quasi. Sul territorio sono infatti presenti sia i centri del servizio sanitario nazionale che comunità e associazioni private ma accreditate e convenzionate, così come gruppi di auto mutuo aiuto.

ISS: contro la dipendenza nasce Usciredalgioco

Il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha creato Usciredalgioco, una piattaforma dedicata alla dipendenza dal gioco d’azzardo dove reperire informazioni e strumenti utili ad affrontare la patologia.

Esiste anche un numero verde nazionale, 800 558822, tramite cui si può usufruire di un servizio di counseling telefonico anonimo, dove un gruppo di psicologi orienta il giocatore verso i trattamenti e le strutture assistenziali disponibili nelle varie regioni.

Su Usciredalgioco è anche presente, oltre a un test di autovalutazione sul proprio grado di dipendenza, anche una mappa geolocalizzata dei Centri del Servizio Nazionale. “Questi centri offrono una presa in carico globale e integrata, consentendo ai giocatori problematici e alle loro famiglie di beneficiare di interventi appropriati“, afferma sul sito dell’ISS Claudia Mortali, ricercatrice presso il Centro Nazionale Dipendenze e Doping.

I professionisti che operano in queste strutture sono principalmente psicologi, medici, assistenti sociali, infermieri ed educatori. Dopo una valutazione medica, psicologica e sociale l’équipe multidisciplinare propone interventi personalizzati, con consulenze rivolte non solo alla persona ludopatica ma anche ai suoi familiari, con opzioni di trattamento ambulatoriale, semi-residenziale e residenziale. Nei centri gli utenti possono trovare anche consulenza legale e finanziaria per affrontare eventuali situazioni debitorie contratte a causa del gioco.

Benché per la ludopatia la cura sia esente da costi, esistono ancora aspetti problematici, riguardanti sia la scarsa adesione alle terapie che la mancanza di interventi mirati per i giocatori over65.

Ludopatia: cura gratis ma poca affluenza

I giocatori “dipendenti” in Italia sono circa un milione e mezzo; di questi, solo poche migliaia ricorrono ai centri di recupero. Secondo Mortali questo fenomeno deriva sostanzialmente da due fattori: il primo è che la ludopatia è stata inserita nei livelli essenziali di assistenza (LEA) solo dal 2017, dunque molte persone ancora ignorano la possibilità di essere curate gratuitamente; il secondo è lo stigma: il fatto che questi centri siano stati originariamente realizzati per trattare la tossicodipendenza – infatti si chiamavano Sert – fa sì che in parecchi non vi accedano, per timore di essere associati a questa condizione.

Ulteriore questione, non meno importante, è la poca consapevolezza del giocatore, spesso recalcitrante nel prendere coscienza della malattia che lo affligge, aspetto tuttavia essenziale per avviare il percorso di recupero.

Over65, mancano interventi ad hoc

Altro punto spinoso riguarda la mancanza di terapie specifiche per gli over65. Come avverte la dottoressa Mortali in un’intervista a Internazionale infatti, se è vero che in proporzione gli anziani giocano meno dei giovani adulti, “quelli che lo fanno perdono più soldi e presentano anche altre fragilità: economiche, sanitarie, psichiche, sociali“; nel caso di persone di questa età poi, sono spesso la solitudine e l’isolamento in cui versano a favorire lo sviluppo della dipendenza. In ragione di ciò, quello che ancora manca sono programmi di recupero modellati sull’età dei partecipanti, che nel caso degli anziani dovrebbero prevedere azioni ad hoc per contrastare il senso di abbandono.

Oltre a questo, continua Mortali, per cogliere precocemente i segnali della patologia sarebbe necessario attivare una rete territoriale “composta da associazioni, medici di base, case della salute, patronati e servizi sociali per una presa in carico integrata“. I Centri afferenti all’ISS non sono però gli unici organi dedicati alla cura della ludopatia, ci sono anche associazioni, comunità e gruppi di sostegno.

Ludopatia, cura gratuita anche dalle realtà private

Nel Paese non mancano strutture nate in ambito privato, ma che offrono trattamenti gratuiti o accessibili previo pagamento di un ticket. Tra queste, la Comunità di San Patrignano, che ha dato vita a un percorso di recupero residenziale della durata minima di un anno e mezzo: il trattamento prevede un supporto psicoterapeutico e la vicinanza di un educatore.

All’interno della Comunità il giocatore è stimolato a coltivare rapporti con gli altri ospiti per riacquisire una capacità d’interazione sia sociale che affettiva, oltre che a seguire stage formativi finalizzati all’acquisizione di competenze utili al momento del rientro in società.

Anche realtà come l’associazione C.A.S.T Assisi Onlus e il Centro sociale Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia propongono percorsi di cura personalizzati. Giocatori Anonimi Italia è invece un’associazione di auto mutuo aiuto con sedi in tutta Italia, dove i partecipanti si riuniscono settimanalmente per confrontarsi tra loro e sostenersi reciprocamente nel perseguimento di uno scopo comune: smettere di giocare. Strade molteplici per tornare a vivere davvero.

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Carlotta Mantovani

Carlotta Mantovani

Mi sono laureata in filosofia per cercare di comprendere il fondamento dei fenomeni. Questo interesse si è poi veicolato verso la dimensione morale, portandomi a cercare di analizzare le questioni inerenti la società e le nuove tecnologie. Vorrei fornire un’informazione capace di abbracciare questi temi prospettando anche soluzioni alla complessità della realtà. Da qui la scelta del giornalismo costruttivo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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