Intelligenza Artificiale e giornalismo: nemici o alleati? Quando si pensa all’intelligenza artificiale, spesso ci si pone una domanda: “I robot ci stanno rubando il lavoro?”. Lo stesso interrogativo sorge anche in ambito giornalistico, dal momento che si parla della diffusione di algoritmi che scrivono autonomamente testi e articoli perfetti, o quando leggiamo notizie tipo quella dell’agenzia di informazione cinese Xinhua, che manda in onda un avatar poliglotta al posto di conduttori in carne e ossa.
Per affrontare un argomento così complesso è utile mettere da parte i pregiudizi e adottare una mentalità aperta che aiuti a capire bene cos’è (e cosa non è) l’intelligenza artificiale, quali sono le sue potenzialità, i suoi limiti e le sue reali applicazioni in ambito giornalistico.

Che cos’è l’intelligenza artificiale?

Sfatiamo un mito: l’IA non è HAL 9000 di  “2001: Odissea nello spazio”. Non è un computer che prova emozioni e uccide persone. Non è una macchina che elabora qualsiasi compito intellettivo senza il bisogno della supervisione umana.
Allora cosa si intende l’intelligenza artificiale? Poiché non esiste una definizione unica, semplificando, pensiamo all’IA come a delle macchine che grazie a dei nostri input sono in grado di svolgere compiti che normalmente richiederebbero un ragionamento o un’operatività umana.
Cosa può fare l’intelligenza artificiale l’abbiamo approfondito in un precedente articolo, ma quello che più interessa al settore del giornalismo è una specifica forma dell’intelligenza artificiale: il machine learning.

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Che cos’è il machine learning?

Il machine learning, o apprendimento automatico, è un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale che usa dati e tecniche statistiche per rispondere a delle domande. Si tratta di algoritmi programmati per individuare schemi ripetuti (pattern) a partire dall’analisi di enormi quantità di dati e che, imparando dall’esperienza, eseguono specifici compiti per generare specifici output.
L’apprendimento automatico nasce negli anni ‘80, ma è dal 2010 in poi che ha un forte sviluppo grazie all’evoluzione della capacità di calcolo dei computer e alla sempre maggior disponibilità di dati sul comportamento degli utenti.
Esempi di applicazioni basate sul machine learning sono i software di navigazione GPS (Google Maps o Waze), i servizi di streaming (Netflix o Spotify); i motori di ricerca (Google o Yahoo); alcuni sistemi di produzione e distribuzione delle news.

Casi di integrazione tra giornalismo e intelligenza artificiale basata sul machine learning

Diverse grandi agenzie stampa e gruppi editoriali americani hanno adottato l’IA nel quotidiano lavoro di redazione: Associated Press, Forbes, Bloomberg, Washington Post, New York Times, Boston Globe, il Wall Street Journal ecc.  Quest’ultimo, utilizza “Gabriele”, una piattaforma che sfrutta algoritmi di machine learning e in particolare il cosiddetto Natural Language Generation (NLG). Il sistema, dopo aver letto e analizzato un’enorme mole di dati raccolti da tutto il mondo, riesce ad estrarre le idee più importanti, riordinarle e trasformarle in testi usando un “linguaggio naturale”, che sembra cioè scritto da una persona vera. Il giornale sostiene di poter generare in tempi rapidissimi contenuti automatici relativi a qualsiasi settore (economia, medicina, salute, scienza, sport,…).
Vantaggi? Oltre alla velocità operativa, permette di sollevare il giornalista dal pesante, noioso e talvolta frustrante lavoro di analisi su grosse quantità di informazioni, offrendogli così la possibilità di limitarsi ad affinare le bozze elaborate dalla piattaforma e di avere più tempo per scrivere articoli di approfondimento o spunti di riflessione.

Un altro caso è quello della testata canadese The Globe and Mail. Il caporedattore David Walmsley ritiene che il giornalista debba continuare a fare quello che le macchine non possono fare: concentrarsi sulla ricerca e sul raccontare grandi storie. Come distribuirle in modo efficace (e redditizio) è invece un compito che può svolgere meglio l’intelligenza artificiale.
Infatti, il giornale affida la composizione delle pagine del sito web a Sophi, piattaforma di IA capace di comprendere quanto ogni specifica notizia possa essere interessante per ogni singolo lettore, e è in grado di decidere quando proporre l’offerta di un abbonamento o quando lasciare in pace un utente. Il valore aggiunto di Sophi sta nel fatto di non essere programmata per ottenere tante visualizzazioni di pagina, cosa che spingerebbe verso il clickbait, ma per puntare all’acquisizione e alla fidelizzazione dei lettori. E i risultati ottenuti sono molto positivi: aumento del 222% delle registrazioni al sito; aumento del 53% della fedeltà degli abbonati e del 51% nelle conversioni di abbonamento.

Intelligenza artificiale e giornalismo in Europa e in Italia

I principali giornali europei e italiani non hanno ancora adottato queste tecnologie a un livello avanzato come gli Stati Uniti, probabilmente a causa di una minor capacità di investimento e di una minor apertura culturale nei confronti dell’innovazione tecnologica. Ma, a fare da apripista nel vecchio continente sono le agenzie stampa: Reuters (Inghilterra), NTB (Norvegia), Agence France-Presse (Francia) e ANP (Olanda). Nel report del Reuters Institute e dell’Università di Oxford (pubblicato nel 2017), leggiamo che queste agenzie utilizzano prevalentemente sistemi di Natural Language Generation per trasformare dati numerici in informazioni testuali leggibili e diffondere più rapidamente notizie finanziarie e sportive.

In Italia, l’ANSA ha usato l’intelligenza artificiale durante la pandemia, quando la Protezione Civile passava quotidianamente alle testate tantissimi dati che dovevano essere letti, analizzati e tradotti in testi e grafici. Un lavoro pesante, ripetitivo e time-consuming per il giornalista. L’agenzia di stampa italiana ha adottato un sistema che automatizzava e velocizzava questo processo permettendo ai giornalisti di concentrarsi a leggere solo dati già ordinati e avere così più tempo per commentarli e intervistare gli esperti.
Inoltre, l’ANSA ha istituito l’Osservatorio Intelligenza Artificiale, “un presidio informativo che nasce per diventare rapidamente punto di riferimento per l’informazione sul tema; un sito nel sito ANSA.it, dove articolare un flusso di notizie costituito da news e approfondimenti realizzati con partner di prestigio”. Il Presidente Giulio Anselmi dichiara: “La sfida è muoverci nella direzione di un giornalismo aumentato grazie all’intelligenza artificiale”.

IA e giornalismo: nemici o alleati?

Nel 2019 la London School of Economics ha condotto una ricerca intervistando 71 testate giornalistiche in 32 Paesi. Dallo studio è emerso che l’intelligenza artificiale può supportare e poteziare il lavoro del giornalista (come confermato dai casi che abbiamo visto in questo articolo) e che i principali ostacoli da superare per integrarla nelle redazioni sono: trovare le risorse finanziarie (27%); la mancanza di conoscenze o abilità (24%); la resistenza culturale (24%).

Dunque la tecnologia può essere un alleato del giornalista, piuttosto che un nemico. Ma per farlo servono due cose:

  • Strategia. Non limitarsi a vedere l’uso dell’IA come un immediato risparmio economico perché le macchine fanno il lavoro di ricerca, analisi e scrittura. Né porsi l’obiettivo di sfruttare gli algoritmi solo per ottenere un maggior numero di visualizzazioni (cosa che rischierebbe di aumentare clickbait e fake news). Serve una strategia di investimento per lo sviluppo e l‘integrazione dell’intelligenza artificiale da parte di chi gestisce i giornali, editori in primis, in modo da non subire, ma guidare e trarre il massimo profitto dall’evoluzione tecnologica che caratterizza il tempo e la società in cui viviamo
  • Mentalità (da parte dei giornalisti). Non mettersi sulla difensiva come si fa di fronte a un nemico, ma adottare un atteggiamento di apertura, senza pregiudizi, allo scopo di capire l’IA in tutte le sue sfaccettature, per massimizzare le potenzialità e minimizzare i rischi di un’adozione controproducente. Questo aiuta anche a non farsi influenzare da profezie o da dichiarazioni provocatorie diffuse da chi, per ideologia o per interesse, si oppone allo sviluppo di questi sistemi

Insomma, forse la domanda da porsi non è: “I robot ruberanno il lavoro ai giornalisti?”, ma piuttosto: “Come usare l’intelligenza artificiale per migliorare il lavoro giornalistico e la qualità dell’informazione offerta ai lettori?”.

Leggi anche:

Perché l’intelligenza artificiale non rappresenta una minaccia

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Fabio Marcolongo

Fabio Marcolongo

Mi occupo di marketing e comunicazione, scrivo per condividere idee che ci stimolano a vedere noi stessi e il mondo in modo diverso da come siamo abituati e inseguo le storie belle, quelle che ci incantano e ci fanno sentire bene. Collaboro con BuoneNotizie.it approfondendo temi che riguardano Società, Economia & Lavoro e partecipo al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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