Il cibo sintetico è nato da un’idea californiana di coltivare in laboratorio cellule in grado di riprodursi per dare vita ad alimenti in provetta. Il mondo si è spaccato e la guerra al cibo in laboratorio si è aperta. Negli Stati Uniti e a Singapore ne è già stata approvata la produzione e il commercio, mentre l’Italia è il primo Paese al mondo ad aver messo al bando il cibo cell-based con il Disegno Di Legge promosso dal Governo Meloni. A Berkeley, l’Upside Foods è stata la prima azienda al mondo a produrre carne sintetica nel 2015. Per abitudine si è diffuso il termine “sintetica” a livello globale, ma l’alimento è a tutti gli effetti naturale, coltivato in un laboratorio invece che in allevamento. La disinformazione su come sono prodotti gli alimenti in laboratorio ha determinato il caos più totale da parte degli organi deputati alla tutela del settore alimentare e dei cittadini. Facciamo chiarezza sulla cibo più discusso degli ultimi tempi.

La coltivazione del cibo in laboratorio

Ad alimentare una campagna di disinformazione dannosa è proprio Coldiretti, associazione di rappresentanza del settore agricolo italiano. Colei che dovrebbe agire d’imparzialità e oculatamente sulle nuove proposte in campo agricolo ha ben pensato di tracciare la strada verso il divieto illimitato di coltivazione cellulare, appoggiando appieno il DDL del Governo che, effettivamente, non può che affidarsi alla voce degli esperti. Ma sono proprio questo ultimi che ci raccontano come nasce la carne in laboratorio. Basta prelevare cellule staminali da un animale vivo e coltivarle fino a farle differenziare in cellule muscolari. Nella successiva fase di ricambio si formerà un normale e reale tessuto muscolare come quello che si sviluppa nell’organismo. Da dieci cellule suine è possibile arrivare alla produzione di 50.000 tonnellate di carne in due mesi. Un bioreattore, che permette di risparmiare il 50% in meno di energia elettrica rispetto a quella consumata dagli allevamenti; alimenta la coltura cellulare di nutrimento e ossigeno: compito fisiologicamente designato ai vasi sanguigni.

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Prima di dare vita ad allarmismi sterili in Italia andrebbero analizzati tutti i fattori che concorrono alle decisioni finali. Spesso i provvedimenti politici sono mossi da interessi personali. La prova schiacciante del fallimento della comunicazione di massa la troviamo nell’approvazione del cibo sintetico in varie parti del mondo, presto anche in Europa. Come può esserci un divario così grande tra chi approva e chi dice no? La fiducia nel cambiamento e nell’innovazione si guadagna soltanto analizzando i numeri e mettendo sul piatto della bilancia rischi e vantaggi. In questo caso la scienza ha dato il suo ufficioso consenso allo studio del cibo sintetico; se non per autorizzarlo, almeno per garantirne la conoscenza.

Il cibo sintetico secondo la scienza e l’etica

La scienza sembra aver approvato il cibo cell-based per via di due fattori in particolare: il risparmio e la salvaguardia delle materie prime sono garantiti se si utilizzano fonti energetiche rinnovabili o fossili nella produzione dell’alimento. La coltivazione del cibo in laboratorio impatterebbe sull’ambiente il 90% in meno rispetto agli allevamenti intensivi sia per consumo di acqua che di gas serra (gli allevamenti di bestiame producono l’80% del gas serra derivato dal settore agricolo che contribuisce al 14% delle emissioni antropiche). Dando per scontato di lavorare a basse emissioni e a costi ormai irrisori, la coltivazione cellulare sarebbe nettamente vantaggiosa in termini di sostenibilità. A dirlo è la ricerca condotta dall’Università di Oxford del 2019 e l’osservazione degli indicatori di impatto ambientale come l’ecological footprint.

Sul piano etico con l’aumento della produzione di cibo sintetico si risparmierebbe l’uccisione di migliaia di animali. Erroneamente si è diffusa la notizia riguardo la presunta origine della carne di laboratorio da feti animali. Le versioni più recenti del cibo cell-based si basano su fattori di crescita vegetali che escludono a priori l’origine animale della coltura. Priva di ogni fondamento è l’idea secondo la quale la carne coltivata sarebbe più dannosa della carne da allevamento. La perplessità nasce dall’ignorare gli effetti che questa carne a lungo termine avrà sulla nostra salute. Ma i laboratori utilizzano prodotti largamente approvati dalle agenzie del farmaco come soluzioni di sali, vitamine e fattori di crescita, non prodotti chimici qualsiasi. Inoltre, alla carne coltivata in provetta viene aggiunto un conservante che evita la formazione di lieviti e funghi nel prodotto. Si stima infatti che il cibo sintetico sia maggiormente controllato e privo di sostanze tossiche come pesticidi e antibiotici, presenti invece in quantità generose negli allevamenti tradizionali. Gli alimenti artificiali sarebbero meno predisposti a contaminazioni batteriche proprio grazie all’ambiente e alla qualità della lavorazione.

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Flavia Santilli

Flavia Santilli

Studio presso l'Università degli Studi de L'Aquila. Ho collaborato con diverse testate. Sportiva agonista e istruttrice di nuoto. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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