Da tempo si dibatte sull’esigenza o meno del genere neutro nella lingua italiana.

Negli ultimi anni, ma ancor di più negli ultimi mesi, si parla spessissimo dell’introduzione e dell’utilizzo del genere neutro nelle lingue che non lo prevedono, come per esempio l’italiano. C’è chi è favorevole e chi è contrario alla sua introduzione.

L’origine del genere neutro

Al tempo dei latini il genere neutro nasceva pressoché esclusivamente per il suo utilizzo riferito ad oggetti inanimati. A differenza delle lingue germaniche, nelle lingue romanze è praticamente scomparso, con l’utilizzo delle declinazioni di genere maschile e femminile per la maggior parte dei vocaboli. Ma come comportarsi quando ci si riferisce ad un gruppo di persone non dello stesso genere? Ha effettivamente senso assegnare un genere a oggetti inanimati? Queste sono solo alcune delle domande alle quali si sta cercando di dare una risposta.

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Coloro che sostengono il genere neutro nella lingua italiana si appellano soprattutto a una tesi riguardante l’utilizzo del genere in riferimento a gruppi eterogenei: quando ci si riferisce a un gruppo di uomini e donne si utilizza sempre il genere maschile per definizione. Chi critica la lingua italiana sostiene che questa convenzione sia non inclusiva in quanto, seppur per convenzione, indica come genere principale quello maschile.

Un aspetto che ovviamente costituirebbe solamente una piccola sfaccettatura un problema ben più ampio, che si concretizzerebbe per esempio anche con la discendenza esclusivamente maschile dal punto di vista del cognome. Tante piccole sfumature dunque di un problema percepito dai critici come fondamentale nella nostra società.

Genere neutro

© Unsplash

Genere neutro e pragmatismo inglese

Uno degli aspetti più affascinanti è quanto la lingua rifletta la cultura del popolo che la utilizza. Che il Regno Unito abbia una storia filosofica che ha condotto i suoi abitanti in un contesto culturale che vive di pragmatismo è un fatto assodato. Ma come si concretizza nella vita di tutti i giorni? Molto semplicemente nel fatto che per gli inglesi non abbia alcun senso a prescindere, per esempio, assegnare un genere a cose non caratterizzate da un genere.

Per fare un esempio concreto, perché assegnare il genere femminile al termine “mela”? Nel loro vocabolario “apple” non ha genere, come per esempio non ha genere alcun aggettivo, che per definizione è neutro. Tendenzialmente i vocaboli inglesi che godono di genere non differiscono tra loro per la desinenza, bensì con tutta la radice. Per esempio “son” per indicare “figlio” e “daughter” per indicare “figlia”. Roman Jakobson, uno dei più importanti linguisti del XX secolo, russo di origine ma naturalizzato americano, così aveva riportato questa tesi su The New York Times:

La lingua ti costringe a pensare spesso al genere. Se in inglese puoi affermare “I’m having dinner with my friend” senza indicare se l’amico sia di genere maschile o femminile, in francese devi invece indicare, e quindi pensare, il sesso dell’amico o dell’amica utilizzando un sostantivo di genere femminile o maschile.

Sembrerà forse una banalità, ma questo aspetto può influenzare enormemente la condizione psicologica di un individuo nella società. La tesi sostenuta dai critici, per esempio, è che una bambina già fin da piccola si vede sparire all’interno di un discorso per la presenza di un solo maschio nel gruppo, e questo già la porterebbe inconsciamente e percepirsi in condizione di inferiorità.

Differenza tra francese e italiano

Questo dibattito si è animato solo in Italia? Nient’affatto. Anche in Francia si sta dibattendo da tempo e profondamente su questa tematica. Quella che viene definita écriture inclusive, ovvero, “scrittura inclusiva”, sta riscontrando sempre più consensi nel Paese transalpino divenendo un dibattito anche politico. È stata infatti elaborata una proposta di legge da più di cinquanta deputati destinata all’Assemblée Nationale, una delle due Camere del Parlamento Bicamerale francese, per richiedere un linguaggio più inclusivo nei documenti amministrativi.

Esiste una differenza tuttavia sostanziale tra la predominanza maschile su quella femminile nella lingua italiana e in quella francese. Nella nostra lingua, secondo l’Accedemia della Crusca, «la vicinanza dell’aggettivo a un sostantivo femminile può condizionare la scelta del genere dell’aggettivo». Potrebbe essere dunque accettabile un’espressione del tipo “poeti e poetesse straniere”, mentre in francese si sarebbe costretti a scrivere “poètes et poètes étrangers”, traducibile come “poeti e poetesse francesi”.

Dibatto in Francia sul genere neutro

Il dibattito si sarebbe scatenato dopo la scelta di Delphine Labails, sindaca di Périguex che a inizio anno ha deciso di aggiornare i testi amministrativi della sua città con una forma di linguaggio inclusivo. La proposta della sindaca prevedeva l’utilizzo di espressioni quali «la·le sécretaire» e «un·une adjoint·e», quindi senza utilizzo di genere neutro ma con un primo passaggio in quella direzione. L’opposizione dal canto suo ha definito la proposta come «idéologique et dogmatique» e a cui in seguito è stato fatto ricorso.

Delphine LabailsDelphine Labails, sindaca di Périgueux (© Twitter)

Come ricorda la rivista Ytali, negli anni le proposte di genere neutro hanno trovato ferme opposizioni, più legate alla tradizione della lingua. Uno dei primi casi fu il libro scolastico di Editions Hatier, scritto con formule di scrittura inclusiva che avevano fatto eco alle direttive dell’Haut Conseil à l’Egalite entre les Femmes et les Hommes, ovvero l’Alto Consiglio per l’Equità di Genere in Francia. La resistenza, in questo caso, era arrivata da parte di Édouard Philippe e dall’Académie Française, rispettivamente l’allora Primo Ministro e autorevolissima istituzione culturale del Paese transalpino.

Le discussioni sono solamente cominciate e quindi non sappiamo dove porteranno e quale sarà l’evoluzione della lingua di qui a dieci anni.

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Matteo Calautti

Matteo Calautti

Esterofilo e curioso osservatore di politica e attualità. Fondatore di Liguria a Spicchi e responsabile della comunicazione del Comitato Regionale Liguria di pallacanestro. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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