Il primo marzo del 1938 ci lasciava Gabriele D’Annunzio uno dei più grandi comunicatori della storia italiana. Di certo, se avesse potuto vedere l’ultimo Festival di Sanremo si sarebbe fatto una grossa risata dati i tentativi da parte di alcuni protagonisti nel far parlare di sé. Come lo sfogo di Blanco (forse preparato), o lo “scandaloso” bacio tra Rosa Chemical e Fedez, o per la presunta crisi portata avanti dal silenzio social tra quest’ultimo e la Chiara nazionale.

Si perché il poeta Vate sapeva molto meglio di loro come ampliare a propria fama sfruttando con maestria fake news, personal branding, guerriglia marketing e tutti quei sistemi attuati dall’attuale popolo dei social come se avessero inventato qualcosa di nuovo. Ma l’autore del Il Piacere, come altri suoi predecessori, avevano già maneggiato con cura tecniche di comunicazione strategiche tanto in voga nella nostra era.

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Gabriele D’Annunzio e le sue strategie di comunicazione

comunicazione D'Annunzio. pixabay

comunicazione D’Annunzio. pixabay

Precursore di tutti i “figli della Ferragni” D’annunzio dimostrò di essere un’inflencer scaltro e lungimirante. Privo di qualsiasi tecnologia a noi oggi a disposizione, riuscì a far parlare di sé con le tattiche social più utilizzate nell’odierna web society. Sapiente maneggiatore di fake news fruttò con astuzia le prevedibili reazioni provocate dalla divulgazioni di false notizie.

Fece girare la voce della sua morte avvenuta per una caduta da cavallo , per poi svelarne la falsità di informazione. Tutto ciò per accrescere l’interesse su di lui e vendere più copie della sua prima raccolta di poesie “Primo Vere”. Ci riuscì. Si avvalse infatti già delle potenzialità divulgative della stampa portando a suo vantaggio i meccanismi dei mass media.

Strategico gesto propagandistico di guerriglia marketing, invece, fu il lancio dei volantini su Vienna nel 9 agosto del 1918 puntando alla pancia del popolo in maniera eclatante, direzionando a piacimento ideologie politiche e le preferenze delle persone. Fenomeno noto a noi sebbene sfoggiato nell’ultimo anno nel conflitto russo-ucraino, bombardandoci di news immerse anch’esse in un caos di credibilità. O ancora durante la pandemia chiusi nelle nostre case alla ricerca spasmodica di informazioni sul web che piovevano a cascata.

Invocò, così, la collera popolare contro il parlamento utilizzando tutte le strategie psicologiche da lui conosciute e tutto il suo talento da oratore persuasivo, come fece per esempio in un’altra importante occasione come quella del 5 maggio 1915 col suo famoso discorso a Quarto.

Lezioni di marketing dal poeta vate

comunicazione social.pixabay

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D’Annunzio anticipò anche il concetto di brand identity. Per il grande magazzino di piazza Duomo a Milano “alle città d’Italia”, coniando il nome la Rinascente e, insieme ad altri dandy prima di lui fu un campione di personal branding, costruendo intorno a sé un vero e proprio brand.

Non solo era , infatti un abile oratore e brillante persuasore ma al suo fascino si aggiunse l’essere piacente indistintamente sia al sesso femminile che a quello maschile.  Portò così, ai suoi tempi, libertà e disinibizione nell’ambiente conservatore dell’epoca. Cosa che oggi viene tanto incriminata a Rosa Chemical o ad un Achille Lauro dei giorni nostri.

Noto copywriter ha inventato parole della lingua italiana come “tramezzino”,”milite ignoto”, “vigili del fuoco”, “scudetto”, o nella pubblicità “Oro Saiwa”, “Amaro Montenegro” e “Amaretto di Saronno”.

Uomo opinionabile si può apprezzare o meno, ma resta il fatto che oggi probabilmente sarebbe il re dei social come tutta quella meravigliosa categoria di dandy precedutagli come, tra gli altri, George Bryan Brummell, Charles Baudelaire, Oscar Wilde.

Quest’ultimo, a sostegno della stessa tesi di un ipotetico attuale D’Annunzio, fece addirittura del suo Dorian Gray un emblema social odierno per eccellenza in cui il famoso quadro rispecchia esattamente al contrario il mondo social di oggi in cui , però, siamo noi ad invecchiare mentre le nostre immagini profilo sembrano aver fatto un patto col diavolo.

Ecco allora che la storia ci ricorda che tutto è già stato fatto ma solo con strumenti e tecnologie diverse. Si ripropongono così personaggi che scandalizzando e influenzano l’indignazione popolare senza aver inventato nulla di nuovo ma semplicemente incarnando, nella propria eccentricità, la voglia di far parlare di sé declinando il dandismo nella società dell’immagine di oggi.

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Laura Corona

Laura Corona

Aspirante giornalista laureata in Lettere. Scrivo di Cultura e Lifestyle collaborando con BuoneNotizie.it, grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista

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