Ogni 21 marzo, primo giorno di primavera, si festeggia il compleanno di uno dei più grandi piloti di Formula 1 e uomo di grande carisma, Ayrton Senna da Silva. 

Il pilota-mito della F1 oggi è un mental coach per la new gen, ossia le nuove generazioni che non lo hanno visto in diretta ma ne hanno imparato la storia. Il perché emerge in questa intervista a Matteo, figlio di Angelo Orsi, foto-reporter di motorsport negli anni ottanta. Per Ayrton, gli Orsi erano una seconda famiglia.

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Senna, il pilota mito della Formula 1, un vero mental coach per la new gen

Angelo e Matteo Orsi

Ayrton Senna, l’icona della Formula 1

Scende le scale trafelato Matteo, quasi vola. Papà Angelo, poco prima al citofono, gli ha detto “Vieni ti presento Ayrton“. È il 1984, Matteo ha 13 anni, Ayrton 24. Il pilota di Formula 1 non è ancora campione del mondo, ma sa che lo sarà presto.

La storia gli dà ragione: Ayrton diventa campione del mondo di Formula 1 nel 1988, 1990 e 1991 con la McLaren. La sua corsa verso nuovi record termina con l’incidente fatale nel Gran Premio di Imola il 1° maggio 1994.

Per il pilota brasiliano di origini siciliane da parte di madre, essere vincenti in pista, così come nella vita, è questione di volontà.

Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite. Accade qualcosa. E immediatamente riesci a correre un po’ più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e grazie all’esperienza. Puoi volare molto in alto.

Un pensiero che Ayrton ha trasmesso anche a Matteo Orsi quando era ancora adolescente, circa quaranta anni fa.

Molti della new generation percepiscono la grandezza di Ayrton Senna senza comprenderla fino in fondo. Che cosa lo rende così attuale e unico?

“I ragazzi di oggi possono seguire le gare di Ayrton su youtube e riascoltare alcune sue interviste. Nei video in cui è protagonista, Senna ha sempre la capacità di entrarti dentro, di bucare lo schermo. Se senti il mago della pole position, così lo chiamavano, spiegare quello che succede in pista, ti senti lì con lui. On board, come si dice oggi.  Aveva sempre la tenacia di un esordiente, anche se aveva vinto tre mondiali. Non è un caso, che “Driven to perfection”, ricerca la perfezione, era il suo biglietto da visita. Come persona, poi, aveva una capacità di ascolto e di analisi, che erano assolutamente fuori dal comune, già da ragazzo. Siamo nel 1985-1986, periodo Lotus, parlare con lui, trasmetteva la sensazione di essere psicoanalizzati. Anche un solo sguardo di Ayrton era magnetico.

Che rapporto aveva con Ayrton?

“Era di famiglia.  Sin da ragazzino si era trasferito in Italia per correre prima sui kart e poi in Formula 1. Era come uno studente fuori casa. Da noi, stavamo sul divano, a volte a guardare la televisione, a volte le videocassette, altre semplicemente a parlare. Una volta è venuto anche Leonardo, suo fratello che si è poi addormentato. Mamma era dieci anni più grande di Ayrton, lo trattava come un secondo figlio e gli cucinava le lasagne e i tortellini. Mi diceva sempre “hai un fratello maggiore che corre in Formula 1 e che ogni tanto passa a trovarti”.  A volte Senna telefonava a casa, e se rispondevo io, mi diceva “Matteu, con la U finale, tuo padre mi ha detto che non vai bene e invece devi impegnarti, non deluderlo. La Aescuola, pronunciava proprio così, è il tuo lavoro come il mio è quello di fare il pilota”.

Ayrton Senna era quindi un motivatore, un mental coach. Cosa del pilota-mito può ispirare i ragazzi?

“Quello che è rimasto a me. Porto il mio esempio personale: dieci anni fa ho deciso di imparare a suonare le campane della chiesa. Arte antica e molto difficile. Inizialmente ho pensato di non farcela, ma mi piaceva davvero. Così mi son detto “lo voglio fare”. Molto semplicemente. Mi sono messo lì e ho imparato. In questo c’è tutto Ayrton Senna. C’è l’autodeterminazione e l’autostima. Quello che lui mi diceva sempre, e diceva a tutti è “Se vuoi fare qualcosa, impegnati, applicati e falla” Non tutti diventano astronauti, non tutti diventano piloti di Formula uno, ma come Senna diceva sempre, ognuno di noi può nel proprio piccolo fare molto.È fondamentale crederci sempre!”

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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