Sappiamo ormai tutti che è in atto un forte cambiamento climatico. Sappiamo che esso è causato in gran parte dall’emissione di CO2. Ma forse quello che non tutti sanno è che l’inquinamento digitale è rappresentato dalle emissioni di CO2 nella produzione, smaltimento e utilizzo di risorse delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Secondo i dati del 2019 dell’esperto digitale Frédéric Bordage, l’inquinamento digitale rappresenterebbe il 3,8% delle emissioni di gas serra globali, mentre alcuni più recenti parlano di oltre il 4%. Le stime parlano chiaro: l’inquinamento digitale è destinato sicuramente ad aumentare, probabilmente di oltre tre volte l’attuale entro il 2025.

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Cause e numeri sull’inquinamento digitale

Sono circa 51 miliardi le tonnellate di CO2 che produciamo ogni anno. Oltre il 27% per il settore elettrico utilizzato per le connessioni web. Tra le principali cause di questo inquinamento digitale ci sono le modalità poco efficienti con le quali vengono realizzati i siti web e i combustibili fossili utilizzati per creare l’energia che alimenta server, data center, router e tutto ciò che serve per portare Internet in quasi tutto il mondo.

Anche se grazie al web abbiamo drasticamente eliminato il consumo di carta stampata per giornali e riviste e di plastica per CD e DVD, il digitale non è sostenibile come pensiamo. Ogni nostra azione ha un peso sull’ambiente anche se non sembra. Ogni ricerca sul web produce circa 7 grammi di CO2, una mail senza allegati ne produce 4. In base a differenti stime il vecchio SMS risulta il più sostenibile a livello ambientale consumando appena 0,014 grammi di CO2.

Questi numeri possono sembrare irrisori, ma bisogna considerare che ogni giorno sono oltre 300 miliardi le mail inviate. Secondo le stime, un utente medio riceve ed invia circa 121 email al giorno. L’inquinamento digitale provocato dall’utilizzo della sola posta elettronica risulta essere di circa 1,6 chilogrammi di CO2 al giorno pro capite.

Internet, uno dei paesi che inquina di più

Nel 2021 Amazon, Google, Microsoft e Facebook hanno consumato 54 milioni di Mb/h di energia che è pari a quanto ha consumato tutto lo stato d’Israele. Questi dati sono emersi da uno studio effettuato dalla società di digital marketing e web analytics, AvantGrade. Se Internet fosse un paese in termini di inquinamento e di emissioni di anidride carbonica, sarebbe quindi il quarto al mondo, dopo Usa, Cina e India.

Un decalogo per ridurre l’inquinamento digitale

Anche se la mole delle nostre azioni sembra imponente, esistono molti piccoli accorgimenti che potrebbero almeno ridurre l’impatto ambientale del nostro inquinamento digitale.

• Inviare meno mail, magari con file di piccole dimensioni o compressi, oppure condividere l’utilizzo di siti di archiviazione se abbiamo una lista di più contatti.
• Eliminare l’iscrizione a newsletter che non ci interessano.
• Preferire il salvataggio e l’archiviazione di file su hard disk invece che cloud digitali.
• Fare pulizia spesso per evitare backup automatici di file, foto e documenti che potremmo eliminare.
• Disinstallare applicazioni che non utilizziamo, ma che comunque consumano energia.
• Eliminare vecchi account inutilizzati, che però sono su server attivi.
• Ascoltare musica e vedere film scaricati è più ecologico di vederli in streaming.
• Se non strettamente necessario fare call senza video.
• Preferire sempre messaggi di testo a quelli vocali.

Google premierà la sostenibilità web

Anche il motore di ricerca per eccellenza sta pensando seriamente di dare il suo contributo per rendere il web più sostenibile. Infatti recentemente John Muller, Search Advocate di Google ha lasciato intendere che, seppur “complicato”, sarebbe utile premiare le pagine web più sostenibili. Questo avrebbe un notevole impatto sulla SEO (Search Engine Optimization) che quindi posizionerebbe prima, dando maggiore risalto ai siti che producono meno inquinamento digitale.

In questo contesto molto interessante e pionieristico è Karma Metrix, il primo strumento in grado di misurare la sostenibilità di un sito web attraverso una misurazione costante della CO2 che quest’ultimo emette. Utile ora per avere la consapevolezza di quanto sia inquinante un sito, ma ancor di più qualora Google confermasse di voler utilizzare un algoritmo che sia attento all’emissione di CO2 dei siti.

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Riccardo Pallotta

Riccardo Pallotta

Laureato in comunicazione e marketing con una tesi sul brand journalism. Attore e speaker radiofonico in Italia e all'estero. Social media manager. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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