Disturbi alimentari in aumento con l’isolamento da coronavirus. Ma social media e artisti mettono a disposizione strumenti e soluzioni.

Anoressia, bulimia e obesità sono parole che fanno ancora paura: ne soffrono 70 milioni di persone in ogni parte del mondo e circa 3 milioni di italiani. Negli ultimi mesi, i disturbi  alimentari sono passati in seconda linea a causa della situazione sanitaria. In realtà, però, anoressia e bulimia sono aumentate a vista d’occhio.

Secondo le stime ufficiali della Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare, il coronavirus ha infatti accentuato l’incidenza dei disturbi alimentari. Le età sono disparate, con una grande tendenza allo sviluppo di anoressia, bulimia e obesità fra i 15 e i 25 anni, specialmente fra le donne.

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La solitudine e l’impossibilità di interazione durante il periodo del lockdown hanno contribuito a soffocare le grida di aiuto di chi soffre di disturbi alimentari. Tuttavia, grazie ai social media e a progetti presentati da artisti e fotografi, sono nati nuovi canali di aiuto in tutto il mondo, a portata di smartphone.

Martina, Simona e Carmen. Voci e progetti per la lotta ai disturbi alimentari

Martina, Simona e Carmen, hanno riportato in luce queste tematiche. Ognuna con la sua storia e le sue peculiarità, per ricordare che la fobia per il cibo può essere fatale e che solo con il confronto si può guarire.

Martina Barbato, in un’intervista, racconta come Instagram la stia aiutando a vincere l’anoressia e come lei stessa sia diventata uno stimolo per altre ragazze. Simona Ghizzoni, fotografa, ha riportato in luce un progetto fotografico del 2007, in cui venivano immortalate ragazze con disturbi alimentari, al fine di aiutarle a vedere loro stesse nell’obiettivo, nel processo di guarigione. Infine, Carmen Abd Ali, artista e fotografa francese, ha realizzato, a partire da febbraio 2020, un progetto fotografico sulle donne mauritane, costrette ad ingrassare per i canoni di bellezza tradizionali. Il suo lavoro ha contribuito al dialogo fra le donne mauri, prigioniere del loro corpo, per cercare di trovare una soluzione insieme e mostrare come anche l’obesità sia un processo di distruzione fisica e mentale.

I social per condividere i progressi durante il coronavirus

Nel complesso periodo della lotta la coronavirus, che ha costretto molte persone a rimanere sole con i propri fantasmi, sono aumentate fobie e ossessioni legate ai disturbi alimentari. Da alcuni mesi gruppi di ragazzi condividono le foto dei loro piatti su Instagram; questo non per mostrarsi cuochi provetti, ma per intraprendere un cammino che li aiuti a riemergere dal buio dell’anoressia.

Martina Barbato, laureanda cuneese, racconta come Instagram le abbia dato la forza di superare il confine fra il controllo del peso e l’anoressia.

“Durante il lockdown, mentre i miei amici postavano foto di torte e piatti invitanti, ho deciso di provare a dimagrire. Ero sola a casa, senza distrazioni, e con molti stimoli dati da siti di fitness e nutrizionisti. Ho iniziato a perdere peso fino a quando ho perso il controllo. Nessuno poteva vedere davvero come ero diventata, perché il dialogo on line rendeva tutto bidimensionale. Con l’arrivo dell’estate tutti hanno notato la mia infelicità, ma il periodo Covid ha allontanato la possibilità di un ricovero o di andare da uno psicologo.

Durante il secondo lockdown ho trovato su Instagram un gruppo che, con i tag  #EdWorriors #EdSoldiers, coinvolgevano e sopportavano i ragazzi come me. Ho iniziato a seguirli e a rispecchiarmi nelle loro storie: solo così ho capito che anche io ero malata. Ognuno di noi, con coraggio, immortala la propria giornata, con le difficoltà nell’accettare i cambiamenti e la gioia nell’ottenere i primi risultati. Ho coinvolto altre ragazze con cui in quarantena cercavo conforto nel non mangiare, e anche loro stanno ritrovando il sorriso.

Grazie a ad uno strumento apparentemente impersonale come Instagram, ho avuto lo stimolo per superare le mie paure e non sentirmi sola. Bisogna stare attenti alla rete, perché spesso si presentano anche messaggi opposti, che incitano al dimagrimento. Tutti possono guarire, ma solo con la presenza di qualcuno e, in questo periodo, l’isolamento non è d’aiuto. Fra gli obiettivi del gruppo social vi è quello di inserire i disturbi alimentari fra i Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), per poter aiutare chi rischia di morire per la paura del cibo”.

Fra Mauritania e Italia. Come la fotografia interpreta i disturbi alimentari

Viviamo in una società di contrasti. In alcune parti del mondo l’obesità e simbolo di ricchezza e benessere, in altri, la magrezza denota eleganza e status. Due fotografe hanno raccontato dietro i loro obiettivi queste situazioni estreme, per sensibilizzare la collettività, ricordando che i disturbi alimentari sono tangibili e psicologicamente destabilizzanti in ogni parte del mondo.

In alcuni paesi del mondo, come la Mauritania, i disturbi più comuni sono quelli dell’obesità forzata, che costringe le ragazze in età da marito di etnia mauri ad ingrassare, per essere considerate belle. Le ragazze che vengono ingozzate con cibi grassi, oltre ai rischi per la salute, vivono con disturbi dell’alimentazione e pressioni psicologiche. L’artista francese Carmen Abd Ali, dal febbraio 2020, ha raccontato nel progetto Mbelha, la violenza di questo sistema e la fragilità femminile. In questo racconto fotografico, molte donne mauri si sono riconosciute, confidandosi e ritrovando nelle parole delle altre ragazze i traumi della loro storia.

La fotografa italiana Simona Ghizzoni, ha immortalato, nel progetto nato nel 2007, Odd Days, l’inquietudine causata dalla magrezza eccessiva, fotografando ragazze sul cammino della guarigione. Il vedersi immortalate in queste fotografie ha suscitato in molte ragazze dubbi sul loro concetto di bellezza, stimolandole a liberarsi dal giogo della malattia.

In tutti questi casi, quindi, i social media e l’arte si sono trasformati in strumenti d’aiuto alla portata di tutti, offrendo stimoli a chi è solo. Le storie raccontate da immagini o tag hanno creano un percorso per trovare un confronto, per potersi rispecchiare nell’altro e ritrovare sé stessi.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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