Un studio dimostra che la gentilezza e l’altruismo permettono di vivere meglio e più a lungo.

Essere gentili e altruisti ripaga. È questa la conclusione della nuova ricerca pubblicata nella rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences. Secondo questo studio pubblicato il 31 agosto 2020, un buon modo per prendersi cura di sé stessi è condividere ciò che si ha e ciò che si vuole.

A questo proposito, ci sono molti studi che mettono in relazione l’individualismo con la solitudine che questo provoca. Pensando solo a sé stessi, il rischio è quello di andare incontro alla solitudine. Inoltre, i suoi effetti, secondo molte ricerche, sono paragonabili a quelli di fumare 15 sigarette al giorno. A questo si aggiunge il fatto che più l’Io è ipertrofico, cioè grande perché gli si concede più spazio, e più debole si dimostra. In altre parole, più ci comportiamo in maniera individualista e più fragili ci scopriamo di essere.

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C’è, però, un altro modo per vivere meglio e prende il nome di prossimità. Per capirlo, non ci resta che scoprire meglio i risultati di questa e altre ricerche in merito.

I risultati della ricerca

Secondo questo studio che ha coinvolto 34 Stati nel mondo, aiutare gli altri, ad esempio col volontariato, giova sia a chi compie questi gesti sia a chi li riceve. In sostanza, si è analizzato per la prima volta il rapporto fra l’aspettativa di vita all’interno della società e la condivisione da parte sia dello Stato che fra generazioni. Quest’ultima, a sua volta, si riferisce sia ai regali che una generazione fa a un’altra sia agli incentivi sanitari e assistenziali che lo Stato fa ai suoi cittadini.

Si è scoperto, così, che si realizzano e si rafforzano i legami sociali, importanti per l’essere umano che per natura è sociale. In più, questi comportamenti altruistici sono emotivamente gratificanti e permettono di migliorare la propria salute mentale. L’altruismo, dunque, riduce il tasso di mortalità nella società nel suo complesso. È questa la forza di un gesto tanto semplice quanto potente, cioè quello di dare e di ricevere. Chi riceve è felice per il dono e chi dona è felice perché si sente soddisfatto e appagato da un semplice, ma potente “grazie” ricevuto, detto o non detto che sia.

Aiutarci l’un l’altro conviene, indipendentemente dal PIL

Si è scoperto anche che il benessere nella condivisione allunga la vita in maniera indipendente dal PIL e dalla ricchezza delle persone. Quello che emerge, infatti, è che il piacere che si prova deriva dal semplice gesto di dare e ricevere. Infatti, dalle analisi della ricerca la redistribuzione condiziona l’indice di mortalità di uno Stato, a prescindere dal PIL pro capite.

Condividere di più per vivere più a lungo

A questo proposito sono stati esaminati i dati del National Transfer Accounts (NTA). È un progetto che ha catalogato i conti di più di 60 Stati con l’obiettivo di capire meglio in che modo le persone di qualsiasi età producono, risparmiano e condividono le risorse che possiedono. In questo modo si è scoperto che sia l’Europa occidentale sia il Giappone sono i luoghi in cui si condivide di più e che, per questo, hanno tassi di mortalità più bassi di quegli Stati in cui non c’è molta condivisione. Per capirlo basta osservare il seguente grafico realizzato dal NTA e riportato dagli autori della ricerca sulla gentilezza:

Il grafico cataloga i diversi Paesi del mondo classificandoli in base al tasso di mortalità e al reddito condiviso, mostrando che la mortalità è inferiore in tutti quegli Stati in cui è elevata al condivisone del reddito (Fonte: PNAS)

Il grafico cataloga i diversi Paesi del mondo classificandoli in base al tasso di mortalità e al reddito condiviso, mostrando che la mortalità è inferiore in tutti quegli Stati in cui è elevata al condivisone del reddito (Fonte: PNAS)

 

Per capire meglio il grafico è necessario conoscere le sue coordinate. Innanzitutto, l’asse delle ascisse indica la quota del reddito vitalizio trasferita da una persona (o da uno Stato) ad un’altra. Quella delle ordinate, invece, riguarda il rischio di morte standardizzato per età. Come si può notare, « il registro dei tassi di mortalità standardizzati per età diminuisce in modo abbastanza lineare con l’aumentare delle proporzioni del reddito vitalizio condiviso», riportano i ricercatori. Ciò, in poche parole, vuol dire che nei Paesi in cui si muore di meno e si vive di più (come, appunto, l’Italia e il Giappone) si condividono più risorse rispetto a quegli Stati non propensi a spartire le proprie risorse con altri. In questi ultimi casi, infatti, il tasso di mortalità aumenta.

Tutto questo, poi, ha una valenza ancora maggiore dato che questo studio è stato condotto in pieno periodo pandemico, qual è quello che abbiamo vissuto.

I vantaggi della generosità

Anche il semplice assistere a gesti di gentilezza ci porta benessere, perché provoca la produzione dell’ossitocina, così come riportato dal New York Times citando una precedente ricerca realizzata dalla PNAS. Si tratta di un ormone che migliora la salute del cuore. Oltre a ciò, ci fa sentire bene perché aumenta la nostra autostima, l’ottimismo e la felicità, così come sostenuto dalla sociologa Christine Carter. Fare del volontariato, aggiunge, riduce la probabilità di morire precocemente del 44% in meno. Fare del bene in prima persona, oltre ad aumentare l’autostima, aiuta a sentirci più calmi e meno depressi.

Ancora, secondo la ricerca condotta dall’Emory University, l’atto di donare qualcosa accende i centri del cervello relativi al piacere, come se fossimo noi stessi i destinatari di quel dono che stiamo facendo. Secondo il Scientific American, gli atti di gentilezza sono contagiosi. Questo perché chi ha assistito a un gesto altruistico è più propenso a ripagare ciò che ha ricevuto compiendo a sua volta un’opera di bene. Infine, secondo una ricerca pubblicata nella National Library of Medicine, chi si comporta in maniera gentile ha il 23% in meno di cortisolo. Oltre a ciò, in questo studio si apprende che le persone gentili invecchiano più lentamente delle altre.

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Dario Portaccio

Dario Portaccio

Laureato in Informazione, Editoria e Giornalismo, oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al percorso di formazione biennale dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, con cui sono diventato giornalista pubblicista.

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