Il dialogo nei dibattiti dei nostri talk-show? Un’occasione preziosa di confronto e reciproca comprensione. Ma spesso è sprecata.
I principali talk show italiani, televisivi o radiofonici, i confronti sulla carta stampata e su internet, e in generale gli spazi dedicati all’informazione si traducono spesso in caos, prevaricazioni, in un’arena a chi grida più forte. Nel tam-tam mediatico a cui assistiamo quotidianamente la linea tra la serietà e il ridicolo, tra il vero e il falso, è estremamente labile. È per lo più l’industria dell’intrattenimento a veicolare i valori della comunicazione. Dibattiti e discussioni scroscianti occupano la scena, mentre gli spazi per il vero dialogo scompaiono.
Ma cos’è il dialogo? È una forma di comunicazione collaborativa in cui due o più parti lavorano insieme verso una comune comprensione. La domanda che ci poniamo quindi è: oggi c’è un reale dialogo nei nostri talk show, dibattiti pubblici, e in tutti quegli incontri in cui ci aspettiamo un confronto tra più parti per comprendere il mondo che ci circonda? La risposta ovviamente è no.
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SostieniciIl potere del dialogo nella comunicazione
Secondo Edgar H. Schein, Professor MIT Sloan School of Management, se consideriamo “qualsiasi questione complessa e potenzialmente instabile: le relazioni arabe […] il controllo del deficit degli Stati Uniti o i costi dell’assistenza sanitaria […] e così via, alla radice della questione è probabile che troviamo fallimenti nella comunicazione e incomprensioni culturali che impediscono alle parti di inquadrare il problema in modo comune, e quindi rendono impossibile affrontare il problema in modo costruttivo.
Il dialogo può essere impiegato come strumento di comunicazione efficace per aiutare le parti a comprendere il punto di vista dell’altro, soprattutto quando radicalmente diverso dal proprio. È da questa comprensione comune che possono nascere cambiamento e risoluzione.
Come ricominciare a dialogare?
Un esperimento di comunicazione basata sul dialogo, tra privati e a porte chiuse, è iniziato nel 2017 in Germania per iniziativa del giornale Zeit Online. È il progetto My Country Talks: una piattaforma di incontri per la politica che abbina persone con visioni opposte per conversazioni uno a uno. Ad oggi questi eventi hanno fatto incontrare circa 70.000 “coppie di opposti”.
Da una ricerca condotta dall’Università di Bonn sull’efficacia di questo tipo di comunicazione è emerso che 2/3 dei partecipanti hanno imparato qualcosa sull’atteggiamento del proprio partner. Il 60% ha detto che i loro punti di vista convergevano e il livello di fiducia nella società sembrava più alto dopo quest’occasione di dialogo.
Ma cosa accadrebbe se mettessimo queste persone di fronte a una telecamera o le esponessimo allo sguardo più o meno diretto del pubblico? Reagirebbero allo stesso modo? O si comporterebbero come le particelle negli esperimenti di fisica quantistica? Se le guardi sono particelle “egoiche”, se invece ti volti diventano onde, fatte di possibilità.
Il dialogo è una scelta
Scienziati, filosofi, politici, giornalisti, conduttori dei nostri talk show, sono innanzitutto esseri umani. Ma sono persone socialmente solidali, autonome, critiche, riflessive? E noi lo siamo? Quali sono oggi i valori che muovono gli interessi del mondo dell’informazione?
Ciò che è certo è che ognuno può scegliere come comunicare, a prescindere dalle logiche mainstream. Una buona strada potrebbe essere l’introduzione (auspicabilmente già dalla scuola primaria) di innovativi percorsi di formazione al dialogo: vere e proprie arene pubbliche di comunicazione dialogica in stile socratico dove testarsi e apprendere in maniera continuativa.
La comunicazione dovrebbe essere guidata da visionari del dialogo, da autentici maestri dell’ascolto. Iniziamo ad allenarci. Nel recuperare la dimensione dialogica, ricominceremo probabilmente a comunicare davvero e a trovare nuove strade per affrontare la realtà in maniera evoluta.
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