La moda è tra le industrie più inquinanti al mondo e il fast fashion è il suo settore meno sostenibile ,che non rispetta l’etica per la produzione manifatturiera. Fast indica il tempo record in cui alcune aziende creano e distribuiscono milioni di capi ogni giorno, di poco pregio e a basso prezzo. Questo è permesso dallo sfruttamento della manodopera e dai materiali così scadenti da rendere il capo usa e getta. Il modello di business che accomuna le aziende di fast fashion è incompatibile con l’idea di economia circolare, per cui ogni rifiuto diventa risorsa piuttosto che scarto.

L’aumento del carovita favorisce il fast fashion: le persone preferiscono comprare abiti mediocri piuttosto che spendere di più per un marchio etico. Un altro elemento a favore del fast fashion è l’ e-commerce, in cui milioni di capi sono a portata di click. Le persone hanno smesso di essere consapevoli e coscienti dei propri acquisti e contrastare la fast fashion è un impegno, un voto per l’ambiente e per l’imprenditoria tessile autentica.

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La ragione del fast fashion

Con la globalizzazione, Europa e America hanno delocalizzato le fabbriche tessili nei paesi in via di sviluppo, dove il costo della manodopera e dei tessuti è più basso e le aziende sfruttano l’estrema povertà delle persone per imporre condizioni disumane. I produttori mirano a fare soldi tagliando sulla sicurezza, tra salari bassi, condizioni di lavoro pericolose e disastri nelle fabbriche. Dagli anni ’80 fino ad oggi il processo di produzione è cambiato e si assiste a un sostanziale aumento del consumo: la quantità di vestiti e tessuti nelle discariche è salita regolarmente negli ultimi 10 anni.

Secondo il documentario Textile Mountain, in Europa si gettano circa 2 tonnellate di prodotti tessili ogni anno. Il 70% di vestiti donati in beneficienza viene spedita in Africa per essere venduta nei mercati locali, ma la metà viene scartata perché rovinata, e non essendoci un corretto smaltimento dei rifiuti, gli abiti vengono bruciati provocando malattie respiratorie agli abitanti o gettati nelle discariche vicino al fiume inquinando l’acqua. Sul tema ci sono alcuni documentari come The True Cost e Untold: Inside the Shein Machine, un’inchiesta sotto copertura sul brand Shein.

Shopping consapevole e armadio sostenibile

A causa del consumismo le persone hanno perso il controllo degli acquisti smettendo di esserne coscienti, perciò contrastare la fast fashion è una scelta che implica acquistare di meno per contrastare la logica del consumo, cioè fare una rivoluzione nel modo di vestirsi.

L’obbiettivo è creare un armadio etico e sostenibile, ossia che rispetti sia persone che ambiente, composto da un guardaroba capsula con pochi vestiti essenziali abbinabili tra loro, facile da esporre e ordinare, più duraturo e nel tempo anche più economico. Fondamentale guardare nel proprio armadio perché forse quello che serve già c’è: più a lungo si indossa un abito e meno prima arriva il bisogno di ricomprarlo. Gli abiti vanno divisi in quelli usati più spesso, quelli che hanno valore affettivo o non piacciono più e quelli rovinati. Attraverso il re-fashion alcuni capi si possono trasformare in altri vestiti e decorazioni per la casa. La sarta o il sarto può aggiustare ogni capo per renderlo su misura: i corpi non sono prodotti in serie, gli abiti sì.

Lo smaltimento è fondamentale per l’economia circolare e per i vestiti da buttare ci sono molte opzioni: se il capo è in buono stato si può organizzare uno swap party, cioè una festa di scambio in cui ognuno porta quello che non usa più, oppure regalarlo in beneficenza o venderlo in un’app dell’usato. Se gli abiti sono in cattivo stato, invece che gettarli nell’indifferenziata, si possono portare da un ente che si occupa di riciclo tessuti.

Il momento dell’acquisto

Per creare un armadio sostenibile si dovrebbe fare shopping nello stesso modo in cui si fa spesa, partendo da ciò che c’è nel frigo: per fare acquisti mirati quindi è importante avere una lista di quello che serve e stabilire un budget. Dove comprare è una decisione chiave, fatta in base a quello che serve e a quanto si vuole spendere. L’abbigliamento usato è economico e ridà vita a capi che finirebbero in discarica, mentre il vintage è più costoso perché firmato, nei mercati delle città si trovano pezzi unici per ogni tasca e comprando nelle piccole boutique artigianali si sostiene il Made in Italy.

Nel momento dell’acquisto è importante controllare l’etichetta, per conoscere il luogo di provenienza e la lista dei materiali: questa deve essere più corta possibile e composta soprattutto di fibre naturali, così si avrà la certezza di non comprare fast fashion e non sostenere industrie immorali.

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Alice Pietrella

Alice Pietrella

Sono una webmaster freelance specializzata nella realizzazione siti web con codice CSS ( webopera.it )e un'aspirante giornalista iscritta al percorso dell'associazione italiana di giornalismo costruttivo. Scrivo di Italia e società nei settori del Made in Italy e dello spettacolo. Visita il mio sito web: alicepietrella.it

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