Il carcere per il boss mafioso Matteo Messina Denaro, il caso Cospito e l’emergenza Covid19 hanno contribuito a porre l’accento sulla complessa questione carceraria italiana.

Secondo molti, la detenzione del reo è la sola risposta necessaria a garantire la sicurezza sociale. D’altro canto, la più recente evoluzione delle scienze umane, afferma che sicurezza sociale e rispetto della dignità del detenuto non confliggono, ma si rafforzano reciprocamente.

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Si può sfidare l’attuale crisi  penitenziaria italiana, riducendo il ricorso alla privazione della libertà solamente come misura di extrema ratio, nei confronti di quanti evidenziano accertati comportamenti di pericolosità sociale. Parallelamente, giustizia riparativa e percorsi mirati di rieducazione del detenuto, promettono efficaci vie d’uscita della persona dal circuito criminoso, con gli innegabili effetti positivi in termini di sicurezza e convivenza civile.

Le criticità nelle carceri: sovraffollamento, autolesionismo, suicidi

Secondo i dati DAP, Dipartimento dell’Amministrazione Finanziaria, del 30 giugno 2022, la percentuale di affollamento delle carceri italiane è del 107%  come rapporto tra numero di celle e popolazione reclusa, ma, considerato che non tutte le celle sono disponibili, il tasso di affollamento reale supera il 150% con punte del 190%: Latina e Milano S. Vito.

https://www.google.it/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.garantedetenutilazio.it%2Fi-dati-del-dap-sovraffollamento-in-crescita-anche-a-luglio%2F&psig=AOvVaw0YNV7qcokKp3OI4QWik4vO&ust=1682588242453000&source=images&cd=vfe&ved=0CA4QjRxqFwoTCPjO3uifx_4CFQAAAAAdAAAAABAH

In condizione di sovraffollamento, ulteriore problematicità risiede nella generale scarsa possibilità per i detenuti di lavorare e studiare all’interno del carcere e sottrarsi in tal modo alla deprimente esperienza dell’ozio forzato.

Altra drammatica criticità emerge dalla percentuale di persone che si tolgono la vita, di tentati suicidi e autolesionismo tra i detenuti e, recentemente, anche tra il personale di custodia. Il numero di reclusi che pongono fine alla loro vita è 13 volte superiore a quello della popolazione libera. In aumento anche i casi di autolesionismo.

I processi identitari nelle carceri e il prezioso contributo delle scienze umane

Di fronte a tale allarmante quadro penitenziario, la comunità scientifica e l’attivismo sociale si interrogano e ipotizzano possibili ragionevoli alternative al carcere come misura di sicurezza sociale. E poiché il detenuto è persona privata della libertà, bene inviolabile della dignità umana, lo sguardo si posa allora sul grave e dilagante disagio psichico che lo caratterizza. In effetti, secondo il sociologo Giuseppe Mosconi e il contributo anche degli studi di psicologia, il carcere, con l’ozio forzato, tende a deresponsabilizzare.

Le persone dentro le celle strutturano la percezione di un sé appiattito in una condizione sub-identitaria di grande fragilità, incapacità, impotenza, vittimismo e fatalismo. Nell’oscurità di una vita che non trova senso, gli elementi sub-identitari sono autostigmatizzanti e coincidono con la tara sociale dalla quale è difficile liberarsi. In tal modo l’esperienza della recidiva si riproduce all’infinito col pericoloso risvolto sul piano della sicurezza sociale.

Il carcere come extrema ratio e il diritto penale minimo

Privazione della libertà della persona e dei diritti umani che ne conseguono, alla luce anche dell’attuale quadro carcerario, richiedono una fedele interpretazione dell’articolo 27 della Costituzione Italiana, in quanto matrice di una giustizia penale non vendicativa e afflittiva. Il dettato costituzionale prevede infatti la prioritaria funzione rieducativa del reo, in vista di un suo pieno reinserimento nel cuore della società civile.

Coerentemente, una giustizia sottratta all’ideologia della vendetta, richiede la concezione di un diritto penale minimo con il fine di togliere alla competenza della giurisdizione penale una larga parte di comportamenti illegali. Di conseguenza le carceri si svuoterebbero di quelle categorie di persone che non costituiscono pericolosità e che andrebbero assistite con criteri diversi dalla detenzione. Nei casi ad esempio degli psicopatici, degli stranieri, delle madri o dei tossico dipendenti si richiedono trattamenti specifici non strettamente carcerari, ma validamente rispettosi dei diritti fondamentali della persona.

Abolire le carceri si può: in nome della sicurezza sociale e della libertà della Il carcere: misura minima a tutela delle libertà e la sicurezza sociale, fonte google immagini, AVV. MARIA VITTORIA MAGGI,https://www.google.it/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.iusinitinere.it%2Fcosa-si-intende-giustizia-riparativa-4721&psig=AOvVaw0_Gt4-zLyXzySPJ4EAp9hi&ust=1682590506581000&source=images&cd=vfe&ved=2ahUKEwjet-ycqMf-AhV8gv0HHU2tA7QQjRx6BAgAEAw

L’incontro

Buone pratiche, buone notizie: il caso del carcere minorile Malaspina di Palermo

La Giustizia riparativa e i percorsi alternativi alla detenzione rappresentano attualmente le vie praticabili verso il superamento del paradigma punitivo della giustizia. Il modello riparatore è rivolto alla ricomposizione del conflitto fra la vittima e l’autore del reato. Le due parti, se lo scelgono, possono intraprendere un percorso riparatore del danno che già, nella sua dimensione sperimentale, offre uno spazio di dialogo con effettivi risultati pacificatori e rieducativi.

Le buone pratiche di percorsi di rieducazione fuori dal carcere sono inoltre operative sul territorio nazionale e confermano la tesi che l’essere umano può cambiare e rientrare dignitosamente nel circuito civile della società. Esempi ne sono le cooperative di agricoltura sociale nelle carceri.

Così pure l’interessante esperienza del carcere minorile Malaspina di Palermo, dove i minori, assistiti da un efficace ed eccellente servizio sociale, si sono cimentati in esperienze di piccola imprenditoria nel campo delle strutture di ricezione turistica della città.

Pertanto, da una parte i ragazzi del Malaspina hanno potuto riprendersi in mano il senso della loro vita, dall’altra la comunità palermitana, e non solo, si è arricchita di un patrimonio umano migliorato ed in grado di offrire beni d’eccellenza quali ad esempio i biscotti  “Cotti in fragranza”  frutto dell’indole creativa di cui ciascuna persona umana dispone.

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Lucia Muscetti

Lucia Muscetti

Laureata in Scienze Politiche, docente emerita in discipline giuridiche ed economiche presso i Licei di Scienze Umane. Leggo e approfondisco saggi sui diritti umani e di politica per scrivere e praticare l’arte del vivere bene insieme. Partecipo al laboratorio giornalistico di BuoneNotizie.it

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