La giustizia minorile italiana è da sempre stata un modello per l’Europa, perché ha sempre cercato di aiutare i minori che hanno commesso un reato cercando di adottare un percorso educativo piuttosto che una punizione. Nel suo settimo rapporto l’Associazione Antigone, “Prospettive Minori”, evidenzia il lavoro e il tutoraggio negli Istituti Penali per Minorenni (IPM), attraverso analisi di dati, numeri e approfondimenti.

Come ha reagito la giustizia minorile?

L’entrata in vigore della legge Caivano ha messo in discussione il lavoro della giustizia minorile italiana. In precedenza, il suo scopo era la de-istituzionalizzazione dei ragazzi e delle ragazze cercando di rieducarli piuttosto che punirli. La politica italiana, con la legge Caivano, ha rinunciato alla funzione educativa del minore con l’approvazione della misura cautelare in carcere. Il minore deve essere trattato diversamente dall’adulto in carcere. Lo si deve accompagnare alla crescita e al suo reinserimento in società. Neanche la serie Mare Fuori è riuscita nel suo intento a dimostrare il contrario. Si è ancora ancorati al concetto “chi sbaglia deve pagare, anche se ha quattordici, quindici o sedici anni”.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

“La giustizia penale minorile non è basata sulla sola valutazione del fatto del reato, ma sulla principale valutazione della personalità del minore. Il procedimento penale minorile deve tendere a restituire alla società un minore educato, a mezzi degli interventi mirati sulla sua personalità e sulla condizione socio-psicologica” (D.P.R. 448 del 1988).

Nel rapporto di Antigone[1] si evidenzia come il carcere a volte non è la soluzione ottimale per i minori. All’inizio del 2024, le presenze negli IPM sono aumentate, se si tiene conto che con la pandemia le presenze erano calate: i minori detenuti all’IPM sono 496. La detenzione minorile avviene solo in casi di “extrema ratio”. Si cerca, dove fosse possibile, di ricorre a misure alternative come comunità, detenzione domiciliare o servizi sociali. Una buona parte dei minorenni che entra all’IPM non ha ancora una condanna definitiva. In totale, quindi, i minori che entrano con una condanna sono 156 contro i 340 in via cautelare.

Inoltre, i minori non scontano mai totalmente la loro pena nell’IPM, ma spesso si recano in una comunità educativa, gestita dalla giustizia minorile. Solo il 15,8% dei ragazzi entra in comunità dopo aver aderito alla messa alla prova, ovvero alla sospensione del processo penale per testare un percorso di fiducia del minore, dalla durata di 6 mesi, che può portare all’estinzione del reato, in caso di esito positivo.

L’IPM come spazio predisposto per la rieducazione del minore

La caratteristica centrale della giustizia minorile italiana è di saper “coniugare” l’area della sicurezza con quella educativa, attraverso soluzioni specifiche. L’IPM è, quindi, pensato come un servizio di supporto interno basato su un’azione educativa. Conoscere la storia e il contesto del minore che ci entra può essere fondamentale per collocare il tipo di reato che ha commesso e successivamente per avviare un percorso educativo più idoneo a lui. Gli operatori devono fornire aiuto e allo stesso tempo controllo. Due funzioni tra loro correlate perché hanno lo stesso obiettivo: l’uscita dall’IPM e il cambiamento del ragazzo. È il cosiddetto “contratto sociale” tra operatore e minore per verificare e valutare il percorso del ragazzo.

L’Osservatorio Minori di Antigone ha fatto visita a 17 IPM d’Italia. Alcuni hanno attivato internamente dei corsi formativi finanziati dal Dipartimento della Giustizia minorile. Quello di Palermo ha attivato “Cotti in Fragranza”, come opportunità di inclusione nelle scelte imprenditoriali. A Bari vi è il progetto teatrale “Sala Prove” in collaborazione a CasaTeatro e Teatro Kismet, e prevede degli spettacoli aperti al pubblico esterno. Nell’IPM di Catania il progetto “Remare in libertà” consente ai ragazzi di uscire regolarmente per svolgere un corso di canottaggio, mentre quelli non autorizzati ad uscire hanno la possibilità di allenarsi in palestra con delle video lezioni da parte dei vogatori attraverso uno schermo che riproduce il suono del mare. Un progetto simile si svolge anche a Palermo. Infine, all’IPM di Nisida c’è un laboratorio di politica per confrontarsi su temi di importanza sociale, come città, vip o politici, e un laboratorio di street food napoletano.

Fonti:

[1] VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni

Condividi su:
Giulia Mastrocicco

Giulia Mastrocicco

Sono Giulia Mastrocicco. Laureata in Giornalismo, Comunicazione editoriale e multimediale presso l'Università di Parma. Scrittrice del libro "Desiderio", pubblicato con la casa editrice, "RosaBianca Edizioni.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici