Il 20 marzo 2023, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, l’IPCC, ha presentato il report di sintesi delle conoscenze acquisite finora sul clima. Il messaggio che la scienza lancia alla politica e al mondo economico è inequivocabile. Il tempo a disposizione è poco, ma si possono ancora attuare soluzioni efficaci per imparare a convivere con il cambiamento climatico, tutelando il diritto ad un ambiente sano.

In tal senso sono sempre di più le parti della società civile che chiedono l’attivazione di processi necessari a conseguire una reale transizione ecologica. Anna, Emma, Erica e Paulo portano avanti diverse modalità di attivismo per il clima e ognuno di loro offre diverse soluzioni alla crisi. Ad oggi esistono infatti diverse modalità con cui presentare le proprie istanze in materia di sostenibilità. Ci sono persone che preferiscono la formazione nelle scuole e nelle aziende ai cortei nelle piazze. C’è però una cosa che accomuna le persone che vorrebbero vedere riconosciuti i diritti dell’ambiente, credono che il diritto ad un ambiente sano sia un diritto umano.

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Cambiare il linguaggio ci aiuterà a tutelare il diritto ad un ambiente sano

Foto di Lukasz Szmigiel su Unsplash

Più soluzioni per un unico diritto ad un ambiente sano

Anna lavora in ambito economico e sostiene che il cambiamento che si prospetta a molte aziende italiane non sarà facilmente conseguibile. Crede però nella necessità di una transizione ecologica a tutto tondo. Per questo, sostiene che si deve tenere conto delle necessità sociali, per la tutela del diritto ad un ambiente sano.

Anche Erica, che supporta imprese, enti pubblici e organizzazioni nello sviluppo di progetti imprenditoriali ad impatto positivo, è convinta che la transizione e lo sviluppo sostenibile siano frutto della collaborazione tra le varie parti della società. Quando le domando che significato abbia per lei lo sviluppo sostenibile risponde:

“Lo intendo nel modo in cui lo intende l’Agenda 2030. È uno sviluppo che si manifesta su più fronti, ambientale, sociale, economico e istituzionale e soprattutto è uno sviluppo che è possibile raggiungere solo se queste parti collaborano e comunicano tra loro.”

Paulo, invece, di professione fa il giornalista e l’educomunicatore e si occupa di educare i giovani studenti a una cultura della sostenibilità. È convinto che sia fondamentale rivolgersi ai ragazzi “perché questo permette di sensibilizzare le nuove generazioni sul tema del cambiamento climatico, dando loro una visione sul lungo termine, ma anche perché lavorando con i ragazzi riusciamo a rafforzare il dialogo intergenerazionale. Andare nelle scuole e dialogare con i giovani ci permette di entrare in comunicazione anche con i docenti e le famiglie alle loro spalle.”

Per Emma, che fa parte dei Fridays for Future di Trento, il processo di transizione è da considerarsi rivoluzionario. Non crede che il dialogo con le istituzioni sia la soluzione, ma pensa che per vedere riconosciuto il diritto ad un ambiente sano, si debba allargare il consenso alla base. Perché la “rivoluzione verde” si realizzi, è necessario passare dalla presa di consapevolezza collettiva che esistono delle alternative.

Il dilemma del tempo e il cambio del linguaggio per una prospettiva ecocentrica

Emma ed Erica sentono che il tempo per attivarsi stringe. Così decidono di optare per soluzioni dalla più immediata efficacia. Emma prova a sensibilizzare la società civile, mentre Erica si concentra sul dialogo con il mondo delle imprese e delle istituzioni politiche. Crede infatti che sia necessario che la politica e il mondo economico si formino rapidamente, per entrare in sinergia con le istanze dal basso.

Anna e Paulo sono consapevoli che il tempo per intervenire sia poco, ma pensano comunque che la transizione sarà tale solo se la specie umana saprà cambiare la prospettiva con cui si vede in rapporto con la natura. In particolare, Paulo sostiene la necessità di uscire da una visione antropocentrica, per tendere a un ideale ecocentrico.

Sembrerebbe quindi che, per chi fa attivismo oggi, il riconoscimento del diritto ad un ambiente sano passi dalla costruzione di diverse forme di dialogo e da un cambio di prospettiva. In tal senso, Paulo propone una soluzione che prova a tenere insieme entrambe le questioni.

“La rivoluzione è un processo e questa può venire solo se cambieremo la nostra visione e usciremo dagli schemi abituali secondo cui ragioniamo. Solo se sapremo pensarci un tutt’uno con la natura, sarà possibile cambiare davvero. Per farlo dobbiamo imparare a comunicare in modo diverso. Cambiare il linguaggio ci aiuterà a tutelare il diritto ad un ambiente sano.”

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Giovanni Beber

Giovanni Beber

Giovanni Beber. Studio Filosofia e Linguaggi della Modernità presso l'Università di Trento e sono il responsabile della comunicazione di un centro giovanile a Rovereto. Collaboro con alcuni blog e riviste. Mi occupo di sostenibilità, ambientale e sociale e di economia e sviluppo.

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