Investire in economia circolare nei Paesi meno industrializzati genererebbe fra i sette e gli otto milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030: un inatteso balzo positivo delle economie soprattutto del Sud del mondo, con grandi vantaggi socioeconomici per le popolazioni, un migliore utilizzo delle risorse naturali e maggiori vantaggi ambientali per l’intero pianeta.

Lo conferma, l’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) che ha studiato come la creazione di nuovi “green jobs” per l’economica circolare può alleviare la povertà e avvantaggiare le comunità vulnerabili nei paesi a basso reddito, ma a determinate condizioni. Occorre prima promuovere un lavoro “dignitoso” inteso come sicuro, ben formato, competente.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Come fare? l’OIL suggerisce un Piano d’azione che parte dalla formazione delle persone, per rendere lo sviluppo dell’economia verde e la proliferazione dei “green jobs” una leva sociale inattesa del progresso sociale dei Paesi più in difficoltà.

Perché investire in economia circolare nel Sud del mondo conviene

Nel Rapporto del maggio scorso, “Decent Work in the Circular Economy: An Overview of the Existing Evidence Base” l’OIL afferma che la maggior parte delle attività proprie dell’economia circolare si trova ora nel Sud del mondo.

Puntare su queste attività porta con sé innegabili vantaggi non solo ambientali ma anche economici: per esempio il settore della raccolta dei rifiuti, che in Africa e Asia offre impiego a una popolazione spesso in difficoltà, che non ha le risorse economiche per una adeguata formazione e spesso è costretta a vivere in condizioni economiche difficili ed è spesso l’unica fonte di reddito.

Nell’agroalimentare lo sviluppo della circolarità può sostenere non solo finanziariamente le comunità che sorgono attorno a quei siti produttivi (si cita, ad esempio, l’industria del bio-compost dei rifiuti di caffè), ma può offrire anche vantaggi economici ai singoli agricoltori, favorire l’innovazione e la crescita economica a livello locale.

Se l‘economia circolare può dunque rappresentare un volano di crescita per i Paesi in via di sviluppo, basta allora investire massivamente nei green jobs per migliorare le economie dei Paesi del Sud del mondo?

Dai Green Jobs un’occasione per promuovere un lavoro di qualità

Serve, ma si può fare di più. Secondo OIL nei Paesi in via di sviluppo e in particolare nel Sud del mondo, dove gli spazi per lo sviluppo dell’economia circolare ci sarebbero, bisogna prima risolvere il problema socioeconomico di un lavoro non regolamentato e privo di qualità, competenze e sicurezza. Un lavoro che genera precarietà, cattive condizioni di lavoro e relativi rischi per la salute e l’ambiente, che non rende quelle economie concorrenziali.

Puntare sui green job pensando che siano lavori “buoni per l’ambiente” non li rende infatti automaticamente “buoni per i lavoratori”, spiega l’Organizzazione ricordando che molte attività circolari nella fase iniziale della raccolta, smistamento riuso e riciclaggio dei rifiuti nel Sud del mondo sono spesso “di bassa qualità”. Oppure sono svolte in condizioni che possono esporre i lavoratori ad ambienti di lavoro pericolosi o causare danni all’ambiente come nel caso dei rifiuti conferiti in India. Occorre dunque stabilire un lavoro dignitoso, o decent work.

Per questo ILO, nel Rapporto propone un Piano d’azione, che punta invece a investire sulle persone, sulle competenze ritenute essenziali per guidare gli interventi di economia circolare e poi a spingere i paesi in via di sviluppo a collaborare a livello internazionale sull’economia circolare e fare rete. In che modo?

Come promuovere un lavoro dignitoso nel Sud del Mondo

Per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro la creazione green job richiede anzitutto una forza lavoro qualificata perché altrimenti non sarebbe possibile adottare strategie adeguate per affrontare le sfide dell’economia verde.
Poi ci sono delle iniziative intergovernative da favorire: ad esempio sviluppare partenariati con le parti interessate all’economia circolare sociale e locale per co-formulare e valutare le politiche dell’economia circolare.

E ancora, creare partnership per la raccolta e l’analisi dei dati della green economy, rivedere le classificazioni industriali internazionali e nazionali e trovare soluzioni all’omissione di attori/attività circolari chiave nelle banche dati attuali. Garantire che la promozione dell’economia circolare aggiunga valore e non sia in concorrenza con, i partenariati “verdi” e “climatici” esistenti e ben consolidati. Passi avanti in tal senso sono stati già fatti coi programmi C40 Cities (un patto per l’ambiente che coinvolge 150 sindaci delle città di tutto il mondo) o ICLEI (un network per la trasformazione urbana) e la Circular Economy Indicator Coalition (CEIC), essenziale per l’armonizzazione degli “indicatori circolari”, gli impatti socioeconomici dell’economia circolare.

Economia circolare: per il suo sviluppo occorre il lavoro “dignitoso”

In tal senso, il Rapporto proposto da ILO è solo il primo passo di un’iniziativa più vasta sui risvolti “sociali” dell’economia circolare dal titolo: “Jobs in the Circular Economy” di Circle Economy, sviluppata dall’Organizzazione con il programma S4YE della Banca mondiale.

Il prossimo passo sarà un nuovo Report incentrato su cosa significa l’economia circolare per le persone. E dal 10 al 12 luglio prossimo l’ottava conferenza internazionale ILO si concentrerà proprio sulla promozione e difesa del lavoro “dignitoso” nel mondo.

Perchè la soluzione sta proprio nel mettere al centro la ricerca sull’integrazione dei diritti del lavoro nelle strategie di crescita economica in cui si inquadra sempre di più anche l’economia circolare, cogliendone sia gli effetti ambientali positivi che i risvolti sociali inattesi, da monitorare con attenzione.

Condividi su:
Antonio Mazzuca

Antonio Mazzuca

Dal 2007 sono redattore editoriale tecnico-giuridico esperto e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e tutela ambientale. Sono il coordinatore editoriale della Testata tecnica InSic.it e dal 2015 editore della testata culturale registrata Gufetto.press dedicata al mondo della cultura off per le quali scrivo news, articoli, recensioni, interviste e approfondimenti e svolgo formazione ai redattori sia per la parte critica che redazionale e per la scrittura in ottica SEO.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici