Ci sono gare dove il risultato va oltre il punteggio e la vittoria riscatta una intera nazione. Succede nei periodi di mobilitazione nazionale e militarizzazione politica, quando lo sport è simbolo di forza e coraggio. La storia di Pelé, pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, è emblematica: il tre volte campione del mondo è “bene nazionale” del Brasile. Altro esempio eroico è la squadra di calcio dell’Iran che durante la Coppa del Mondo FIFA Qatar 2022, dichiara di rappresentare “la voce del suo popolo” a costo della propria vita. Il cambio generazionale ha rafforzato il binomio sport e identità nazionale. Da Pelé all’attivismo degli sportivi iraniani, cambia il modo di protestare. Gesti pacifici che scendono in campo per dare voce ai diritti umani.

Pelé: il talento che riscatta una intera nazione

C’è anche il Brasile nelle fasi finali dei Mondiali 2022 di calcio in Qatar. La squadra dedica la vittoria contro la Corea del Sud a Pelè, dirigente sportivo brasiliano, considerato insieme a Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi.

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Il fuoriclasse brasiliano, 82enne, ricoverato in condizioni stabili all’ospedale di San Paolo, risponde sui social: “Amici restate calmi e positivi e guardate il Brasile al Mondiale“. Un messaggio che inneggia allo sport e richiama alla identità nazionale: Pelé si conferma un leader dentro e fuori il campo di calcio.

È l’uomo dei record Pelé: 1283 goal in 1367 partite, unico calciatore ad aver vinto la Coppa del Mondo tre volte. La prima nel 1958 a soli 17 anni, diventando un eroe: il suo talento riscatta un intero paese e diffonde l’immagine del Brasile in tutto il mondo. Le sue imprese contribuiscono alla gloria nazionale, al di là del regime politico.

Nel 1964 un colpo di stato porta il Brasile in una dittatura. Pelé racconta la sua angoscia nel partecipare ai Mondiali del 1970 sotto la dittatura del generale Médici. Il Paese è attraversato da proteste sanguinose, e la vittoria dei mondiali non è negoziabile. In pratica, chi tifa il Brasile sostiene il regime. Il Brasile vince in finale contro l’Italia, la dittatura resiste fino al 1985, però quella vittoria segna una tregua per un lungo periodo.

Sport e identità nazionale: da Pelé all’attivismo degli sportivi iraniani

Nel 1967, durante la guerra del Biafra, gli scontri si interrompono quando nel paese africano arriva Pelé. Lo sport e il suo campione simbolo hanno il potere di fermare i conflitti militari, sebbene temporaneamente, facendo leva sull’identità nazionale.

Pelé viene attaccato più volte per la neutralità mostrata nei confronti della politica del suo Paese. Lui, simbolo del Brasile in tutto il mondo, mai ha esprime pareri politici, né mai si schiera. Una sua parola avrebbe scosso la stabilità del Paese.

Atteggiamento diametralmente opposto a Muhammad Ali. Il 28 aprile 1967 il campione di pugilato rifiuta di combattere nella guerra del Vietnam, dichiarandosi pubblicamente obiettore di coscienza. Viene arrestato, accusato di renitenza alla leva, privato del titolo di Campione del Mondo dei pesi massimi e della licenza per combattere sul ring.

Ma mentre Muhammed Ali si scaglia contro la guerra sapendo che se anche finirà in prigione, non subirà torture, Pelé sotto il regime dittatoriale di Emílio Garrastazu Médici, non ha la stessa certezza.

Due modi molto diversi di agire, ancor più dalle coraggiose proteste degli atleti iraniani. Per loro prioritario è esprimere attraverso lo sport la propria identità nazionale. Da Pelé all’attivismo degli sportivi iraniani sono trascorsi 50 anni, e le proteste sono scese direttamente in campo.

Sport e identità nazionale: da Pelé all'attivismo degli sportivi iraniani

beach soccer 2022, Saeed Piramoun

Il valore della protesta nello sport

Oltre ogni paura, il grande senso di comunità rende lo sport simbolo di identità nazionale. Questo accomuna Pelé ai giovani sportivi iraniani, seppur in modo diverso. L’attivismo dei giocatori iraniani usa azioni pacifiche per protestare, mettendo in gioco la vita propria e dei familiari. Basti ricordare Elnaz Rekabi, scalatrice iraniana, che sceglie di gareggiare senza velo ai Campionati di Seul, viene costretta a scusarsi prima, arrestata poi. Anche la famiglia viene perseguita: la casa genitoriale viene demolita.

Nonostante tutto, nel mondo dello sport si moltiplicano i gesti degli attivisti iraniani.

Il 7 novembre 2022 il calciatore iraniano Saeed Piramoun durante la finale del campionato internazionale di beach soccer, calcio in spiaggia, segna ed esulta mimando il gesto di tagliarsi una ciocca di capelli. Il gesto richiama i disordini nella Repubblica islamica dell’Iran, scatenati dalla morte di Mahsa (Jina) Amini, studentessa curda 22enne, avvenuta mentre era in custodia della polizia morale di Teheran.

Il 20 novembre 2022, in conferenza stampa, il difensore Ehsan Hajsafi dichiara che la nazionale iraniana nel campionato Mondiale di calcio in Qatar, è “la voce del suo popolo“. Per questo, nessuno della squadra  canta l’inno nazionale durante la partita. Una protesta pacifica contro il regime degli ayatollah, in simbiosi con i connazionali che manifestano in Iran rischiando la vita.  Si gioca soprattutto per i diritti umani.

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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