La sartoria sociale Kechic nasce a Milano per un bisogno concreto di Cheikh Diattara, sarto senegalese, di trovare un lavoro stabile in Italia. L’intervista vede come protagonisti Cheikh e Valeria, co-fondatrice del progetto, che raccontano di come si può soddisfare un bisogno creando un forte legame tra Italia e Africa.

Come nasce la sartoria sociale Kechic e quali sono i vostri obiettivi?

Valeria: “L’idea nasce un po’ per gioco e per un bisogno concreto: quello di Cheikh di trovare lavoro in Italia. L’incontro è stato fortuito e sin dall’inizio ho provato a soddisfare le sue esigenze ma non è stato facile. Tuttavia, sapendo che Cheikh proveniva dal settore sartoriale, abbiamo deciso di inventarci il lavoro da zero. Quindi la sartoria sociale Kechic nasce da un’amicizia e da un bisogno concreto di trovare un lavoro per vivere e soprattutto realizzarsi”.

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“Tanti obiettivi nel cassetto, uno dei primi è sicuramente quello di creare una vera struttura e circondarci di nuovi collaboratori che possano valorizzare sempre più il nostro progetto. Inoltre, diamo sempre più attenzione al Centre Handicapés di Dakar, nostro primo partner, dove Cheikh ha imparato per la prima volta il mestiere di sarto. Nello specifico, molti dei nostri collaboratori appartengono al Centro e dalla Capitale senegalese, scelgono le migliori stoffe, le spediscono in Italia e realizzano una parte della produzione di accessori: la sartoria sociale è a Milano ma il nostro cuore è sicuramente in Africa”.

Cos’è per voi la sartoria sociale Kechic?

“Per noi Kechic è una speranza che prende forma e un’opera comune che unisce Dakar e Milano. Inoltre, riesce ad essere uno spazio di creatività e dialogo tra le diverse culture. Difatti, lo identifichiamo come il nostro salotto “misto” culturale dove amici e parenti, una volta entrati, vengono assorbiti dalla cultura africana pur ritrovandosi al centro di Milano.”

Valeria, come hai incontrato Cheikh?

“Partendo dal presupposto che sono patita d’Africa e in particolar modo per il Senegal non mi poteva capitare incontro migliore. Casualmente, mentre volantinavo per un evento incontro Cheikh, gli lascio un volantino e dopo qualche giorno me lo ritrovo davanti. Ed è in quel momento, dopo avermi invitato a prendere un caffè, che mi chiede come poter trovare lavoro a Milano. Cheikh pur cercando occupazione era già impegnato come cestista. Tuttavia, necessitava di qualcosa che gli riempisse la giornata avendo diverso tempo libero a disposizione. In quel preciso istante scopro la sua natura di sarto e a dirla tutta non ero neanche tanto sorpresa dato che in Senegal c’è una forte tradizione in questo ambito. Come primo passo decidemmo di prendere spunto dai miei capi trovati nell’armadio, che una volta rielaborati, sarebbero stati venduti a parenti e amici”.

“Diciamo che la cosa è sfuggita un po’ dalle mani. Infatti, ci siamo prima ritrovati ad essere pubblicati su un giornale, poi siamo stati notati dal Politecnico di Milano ed infine abbiamo partecipato a un corso di incubazione aziendale, finanziato dai fondi sociali europei per l’imprenditoria straniera in Italia. Al fatidico bivio, abbiamo deciso di intraprendere la strada più tortuosa ed abbiamo aperto la nostra prima sartoria sociale a Milano”. 

Cheikh com’è stato il primo impatto con l’Italia?

“Il mio nome è Cheikh Diattara e sono arrivato in Italia nel 2013 come musicista, la mia prima esibizione è stata a Salerno con il mio gruppo chiamato Handyritmo. Da quel momento decido di rimanere in Italia non tanto come musicista ma come cestista. Difatti, grazie ad un amico residente a Milano, riesco a farmi spazio nel mondo della pallacanestro, vincendo anche un campionato italiano. Con il passare del tempo e grazie a Valeria, sono ritornato a fare ciò che amo (nella nostra sartoria sociale a Milano) ed è un’emozione indescrivibile”.

Cheikh Diattara sarto senegalese sorride mentre lavora nella sua sartoria

Buongiorno, mi vedete? Sono seduto e vi sto sorridendo tra le stoffe di tutti i colori della mia sartoria. Mi chiamo Cheikh e sono nato a Diender, dove la sabbia profuma e i vestiti fatti con i ritagli portano fortuna. Anche la mia vita è un tessuto di tutti i colori. Una trama che con i suoi disegni mi ha sospinto molto lontano. Ma è anche un intreccio di fili che ha legato il mio cuore a quello delle persone che amo.

(tratto da “E ora vi racconto Cheikh, maestro di felicità” di Emanuela Nava)

Come anticipato, Valeria e Cheikh si sono posti molteplici obiettivi, non ultimo quello di ampliare il proprio staff. Difatti, sin dall’inizio si avvalgono di diversi collaboratori, tra cui Keita, giovane rifugiato del Mali. Nello specifico, il giovane maliano dopo sei mesi di tirocinio (non rinnovabile) si è ritrovato senza un lavoro stabile. Così la sartoria sociale Kechic ha deciso di progettare una raccolta fondi necessaria per poter riassumere il giovane collaboratore e questa volta a tempo indeterminato.

Valeria e Cheikh portando Europa e Africa all’interno del progetto sociale riescono ad abbattere barriere, stereotipi e raccontare storie che portano colore e un nuovo modello di business.

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Vincent Truppo

Vincent Truppo

Tra i miei focus principali, abbattere gli stereotipi che talvolta non danno la possibilità di conoscere realmente chi ci circonda, la definizione del termine stereotipo rappresenta appieno il mio lavoro. Con enorme piacere collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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