L’inquinamento causa 7 milioni di decessi nel mondo, più di HIV e AIDS: siamo di fronte a una “pandemia silenziosa” senza la quale vivremmo almeno un anno in più. Chi sta facendo qualcosa e quali possono essere le soluzioni?

Vivere in città ricche di smog, con emissioni molto alte di polveri sottili, è una questione non di poco conto, considerato l’alto tasso di mortalità che provocano. I dati recenti, resi disponibili dall’Air Quality Life Index, mostrano che l’inquinamento causa più morti dell’HIV, degli incidenti autostradali e del fumo. L’inquinamento atmosferico dipende dalle emissioni di veicoli, centrali elettriche e altre fonti industriali. Se non verranno prese immediatamente decisioni politiche forti al riguardo, ogni persona in media arriverà a vivere 2,2 anni in meno. Ammontano a 232.959.050 gli anni di vita persi complessivamente nel mondo in un anno per morti premature causate dello smog. Gli esperti hanno considerato le diverse malattie che l’inquinamento provoca: dal tumore ai polmoni al diabete, da quelle respiratorie a quelle cardiovascolari come infarto e ictus, che sono la prima causa di morte per “smog”, cui si associa il 43% dell’aspettativa di vita persa.

Eliminando le emissioni di combustili fossili, l’aspettativa di vita salirebbe di ben un anno. Al contrario gli anni di vita persi in media per inquinamento salgono a cinque nelle aree più inquinate del mondo, come India e parte del Sud-est asiatico.

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La mappa globale sull’inquinamento: maglia nera all’India. Bene, Cina e Stati Uniti

Uno sguardo sul mondo induce a guardare con estrema preoccupazione alla situazione del Sud est asiatico: in quelle zone, città come Bangkok, Ho Chi Minh City e Giacarta risentono in maniera drammatica dell’inquinamento atmosferico. In India i livelli di inquinamento riscontrati sono ben 10 volte peggiori di quelli registrati in qualsiasi altra parte del mondo.  Se vi fossero politiche forti al riguardo, tali da permettere di seguire le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si arriverebbe a guadagnare dai 2 ai 5 anni di vita per ogni singola persona.

Gli eventi dell’anno passato ci ricordano che questo non è un problema che i Paesi in via di sviluppo devono risolvere da soli – rivela Ken Lee, direttore di AQLI, l’Air Quality Life Index, un rapporto annuale messo a punto dall’Università di Chicagol’inquinamento atmosferico causato dai combustibili fossili è una questione globale che richiede politiche forti su ogni fronte, anche da parte dei negoziatori mondiali sul clima che si riuniranno nei prossimi mesi”. 

Esempio di successo di politiche anti smog è invece rappresentato dalla Cina. A partire dal 2013 è iniziata la “guerra contro l’inquinamento” e ad oggi le emissioni nell’aria sono calate del 29%. Nel Paese, se si continuasse così, si arriverebbe a guadagnare un anno e mezzo di vita per ogni individuo.

Le politiche in atto negli Stati Uniti, in particolare in California, sono un esempio di riferimento per rendere le città ecosostenibili e risolvere il problema definitivamente: il governo statunitense ha introdotto una legislazione più severa in tema di tutela ambientale, spingendo i cittadini a usare maggiormente servizi di trasporto pubblico ecologici.

La situazione in Europa è davvero così drammatica?

L’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente rivela che il 13% dei decessi è legato all’inquinamento ambientale e atmosferico: in Europa sono ben 630 mila i morti connessi direttamente o indirettamente a un ambiente inquinato. “L’emergenza di agenti patogeni zoonotici è correlata al deterioramento dell’ambiente e alle interazioni tra uomo e animali nel sistema alimentare” sottolinea lo studio. I problemi ambientali causano malattie come il cancro, problemi cardiovascolari e respiratori. Ancora peggiori sono le conseguenze per le persone più povere, esposte notevolmente all’inquinamento e a condizioni ambientali degradate.

“In un anno particolare come quello del Covid, appare sempre più evidente l’importanza delle politiche per la riduzione dei combustibili fossili –  afferma il professor Michael Greenstone, creatore dell’AQLI  insieme ai colleghi dall’Energy Policy Institute dell’università di Chicagoche contribuiscono sia all’inquinamento che al cambiamento climatico”.

Riscontri positivi si hanno dall’analisi delle acque: “Circa l’85 delle acque di balneazione e il 74% dell’acqua potabile nelle aree sotterranee hanno un buono stato chimico – rivela l’Agenzia Europea per l’Ambiente – occorre sfruttare al meglio gli spazi aperti e verdi, ridurre la circolazione delle auto, cancellare i sussidi per i combustibili fossili e diminuire il consumo di carne“. 

L’inquinamento in Italia. Brescia, prima in Europa per mortalità da smog

Un’analisi su mille città europee mostra che la Pianura Padana è il luogo in Europa in cui si muore di più di inquinamento, lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Planetary Health e realizzato dall’Università di Utrecht, Global Health Institute di Barcellona e Tropical and Public Health Institute della Svizzera. La classifica è sconfortante per quanto riguarda le morti per polveri sottili, le pm 2,5. Al primo posto Brescia, seguita da Bergamo. Nell’intera lista figurano diverse città italiane: Vicenza al quarto posto, e Saronno, centro in provincia di Varese, ottavo. Ancora Verona è undicesima, Milano è tredicesima, Treviso quattordicesima. In generale il tasso maggiore di mortalità si riscontra centri nella Pianura Padana, nella Repubblica Ceca e in Polonia. Torino invece risulta essere la terza città in Europa per morti da diossido di azoto, prodotto soprattutto dalle auto, ciò spiega perché i livelli più alti si registrano nel capoluogo piemontese e Milano.

“Nelle sole città italiane prese in considerazione, rispettando gli standard dell’OMS, si potrebbero evitare ogni anno quasi 15 mila morti premature – calcola Greenpeace Italia, organizzazione non governativa ambientalista e pacifista – in Italia riscaldamento e allevamenti intensivi sono responsabili in totale del 54% del pm 2.5″.

Soluzioni al vaglio: le politiche anti inquinamento

Affrontare il problema relativo all’inquinamento richiede l’adozione di misure complesse, talvolta gravose dal punto di vista economico. Le notizie di morti causate dalle emissioni di polveri sottili passano spesso in sordina, non viene loro data la giusta importanza, perché concretamente “non si vede nessuno morire d’inquinamento“. Ciò giustifica la negligenza di politici e amministrazioni nel prendere decisioni governative forti, atte a diminuire le emissioni di gas nocivi.

Nello studio di Greenpeace Italia e ISPRRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono stati analizzati i settori maggiormente causa d’inquinamento: il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%), gli allevamenti (16,6%), i trasporti stradali (14%), l’industria (10%), gli altri trasporti (7,8%), altri settori come solventi e rifiuti (7,8%), l’agricoltura (4,4%) e le produzioni energetiche (2,5%).

Per ridurre l’inquinamento in Europa, a gennaio 2020 il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il testo definitivo del PNEIC, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, per il 2030. In Italia tale progetto prevede che le energie green contribuiscano al soddisfacimento dei consumi finali lordi totali nel 2030 con una quota del 30%.

Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), il programma di investimenti dell’Italia nell’ambito del Next Generation EU, invece prevede lo stanziamento di 68,6 miliardi di euro per la “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” che riguardano produzione energetica e mobilità sostenibile. Sono incluse procedure semplificate per le autorizzazioni nel settore delle fonti di energia rinnovabili e importanti investimenti. Adottare misure e cautele sul piano nazionale è l’ideale perché governi e amministrazioni locali si muovano di pari passo, attraverso una legislazione più forte e chiara, atta a far comprendere rischi e pericoli a tutti i cittadini.

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Antonella Acernese

Antonella Acernese

Antonella Acernese, aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it da settembre 2020 grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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