Il 31 marzo, dopo oltre due anni, finirà ufficialmente lo stato d’emergenza. Questo richiederà un nuovo decreto – atteso entro questa settimana – che delinei chiaramente l’eredità di questo lungo periodo di restrizioni. Del resto nella percezione collettiva era un traguardo già tagliato da qualche tempo. Dallo scoppio della pandemia infatti, le stagioni convenzionalmente fredde – tanto ospitali per il virus – che ora stiamo per lasciarci alle spalle, sono state le prime trascorse senza lockdown generalizzati.

In Italia l’emblema del “ritorno alla normalità” – vera o presunta – è stato il green pass. La sua valenza sociale si è poi amplificata con le distinzioni in “base” e “rafforzato”, che hanno scandito modalità e tipologie di attività fruibili, peraltro alimentando una forte dicotomia all’interno della società. In quest’ottica, il green pass rimodulato è l’evoluzione ultima delle misure che ci hanno permesso di spostare il focus dal contenimento del virus alla convivenza.

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La discussione sulle misure post emergenza

Per contestualizzare le ipotesi sul contenuto del decreto che stabilirà la road map” a partire dal 1 aprile, bisogna partire dal concetto di base: il green pass, fondato sulla discriminante della vaccinazione per l’accesso ai luoghi dove esercitare necessità primarie o di socialità.

Grazie o a causa di questo stato di cose – a seconda di come la si intenda – ad oggi l’84% della popolazione italiana ha completato il ciclo vaccinale primario (due dosi o unica) e circa il 65% ha ricevuto la dose booster (seconda o terza). Questi dati sono ciò che ha concesso all’Italia di uniformarsi, al suo passo, al forte allentamento delle misure restrittive intrapreso in modo compatto in tutti i Paesi europei e negli USA dallo scorso mese in poi secondo caratteristiche, logiche e prospettive già analizzate in precedenza.

Queste misure hanno assecondato il nuovo approccio politico ed epidemiologico universalmente condiviso: dare più valore allo status vaccinale delle persone che alla concentrazione dei contagi. Anche questa linea aveva avuto un chiaro risvolto nel sistema dei colori instaurato a ottobre 2020, quando lo scorso autunno – sono stati stravolti i criteri in termini di minima incidenza sulle libertà dei cittadini vaccinati. A rinforzo di ciò, questo lunedì il ministro della Salute Speranza ha firmato l’ordinanza che stabilirà il passaggio dell’Italia intera in zona bianca a partire da lunedì 21 marzo.

È previsto inoltre lo scioglimento del comitato tecnico scientifico e con esso decade anche il ruolo del generale Figliuolo, le cui competenze saranno redistribuite tra il ministero della Salute e la Protezione civile. Rimarranno due consulenti del governo – Locatelli e Brusaferro – e il monitoraggio settimanale sulla base dei bollettini quotidiani.

Green pass verso l’abolizione?

La road map è il tentativo di tracciare un percorso a tappe che permetta di raggiungere – secondo l’andamento dei contagi e salvo imprevisti – entro metà giugno la fine di tutte le restrizioni e soprattutto del green pass.

Tra le molte ipotesi in circolazione il denominatore comune è senz’altro il green pass “rimodulato”, ovvero un adeguamento che vira verso l’alleggerire (o annullare) il discrimine attuale. Quest’ultimo caso dovrebbe riguardare quasi sicuramente tutte le attività e i luoghi all’aperto fin dal 1 aprile. Inoltre è previsto uno slittamento a quello “base” per molte delle attività che finora prevedevano il “rafforzato” (o super), per trasporti pubblici, hotel, bar, luoghi di cultura e negozi. Anche stadi e discoteche riprendono ad accogliere il pubblico al 100% della propria capienza.

Lo stesso allentamento dovrebbe riguardare anche l’uso delle mascherine, che dovrebbero essere alleggerite subito da Ffp2 a chirurgica almeno sui mezzi e nelle scuole e poi abolite ovunque dal 1 giugno. A tal proposito, gli USA stanno sperimentando un sistema a tre livelli secondo il grado di rischio di ogni area che però si sta rivelando confusionario data la discrezionalità della categorizzazione, confermata dal discorso di Biden che ne promuove un uso “facoltativo”.

Le maggiori pressioni invece ruotano attorno all’eliminazione completa del green pass a partire dal 1 maggio, nonostante questo possa rappresentare secondo alcuni un problema per la corretta prosecuzione della campagna vaccinale, come sottolineato dalla Gelmini, ministra per gli affari regionali e le autonomie.

Gli obiettivi: turismo, lavoratori e smart working

Come è intuibile dalle misure preannunciate nonché confermato dallo stesso Draghi, il green pass rimodulato ha come priorità quella di favorire il turismo il prima possibile date le vacanze pasquali alle porte.

Infatti le proposte sopraelencate si sommerebbero a due grandi novità per i viaggiatori stranieri, già inaugurate dal 1 marzo: lo stop alla quarantena e la richiesta del solo green pass base per gli arrivi in Italia da Paesi sia europei che extraeuropei. Tuttavia, a fronte dei sostenitori di questa accelerazione c’è anche chi come Americo Pilati – presidente regionale Federalberghi – auspica che rimangano gli obblighi a tutela dei clienti stessi “che vengono in vacanza in sicurezza in un ambiente pulito e sano”.

L’ultima tappa della road map è prevista per il 15 giugno, ma contiene uno dei punti più caldi e su cui si invoca un anticipo sostanziale: la scadenza dell’obbligo vaccinale per gli over50, data in cui decadrebbe anche per le categorie professionali a rischio (personale sanitario, scolastico, forze dell’ordine etc.). Tra i sostenitori lo stesso Sileri, che mira intanto a riportarlo da subito a quello base, per poi abolirlo definitivamente a giugno.

La questione è peraltro legata a un’altra urgenza di intervento da parte del Governo: la definizione dello smart working. Sebbene sia stato incoraggiato l’uso massiccio anche laddove non contrattato con i dipendenti, formalmente non c’è ancora un modello unico predefinito.

Al contrario, vigono regole diverse tra Pubblica amministrazione e settore privato: mentre per quello pubblico infatti è necessario l’accordo individuale – come previsto dalla legge 81/2017 – in quello privato è ancora in uso la forma “semplificata” basata sull’attivazione unilaterale da parte del datore di lavoro. Per questo motivo il ministro del Lavoro Orlando ha appositamente istituito una commissione di studio presieduto dal suo Consigliere giuridico, Pasqualino Albi.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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