A guardarsi intorno, nel nostro Paese e non solo, in questo mese le restrizioni Covid stanno lasciando il passo alla tanto attesa e invocata “normalità” e forse non più solo a una parentesi fortuita che le assomiglia molto. Certamente è già successo, a ridosso dell’arrivo della primavera o ancor più dell’estate, ma la tregua è stata vissuta sempre come una fase temporanea.

Ora invece la sincronia dei cambiamenti a cui stiamo assistendo da parte di tutti gli Stati – più o meno gradualmente – per porre fine in modo definitivo alle restrizioni, inaugura una prospettiva di convivenza duratura con il virus.

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Nord e centro Europa accelerano compatti

A fare da apripista sulla fine delle restrizioni Covid non poteva che essere l’area europea che da sempre si è contraddistinta per la strategia di lockdown soft a fronte di ingenti investimenti statali per finanziare tamponi gratuiti di massa e potenziare così il tracciamento.

La Danimarca – capofila in Europa – ha revocato ogni restrizione fin dal 1° febbraio, compreso l’obbligo di indossare la mascherina anche al chiuso o sui mezzi pubblici. Di conseguenza, ha stabilito che a partire dal 6 marzo non si faranno più test di massa né tantomeno saranno finanziati dal governo: anche i sintomatici dovranno sostenerne il costo autonomamente, così come è da sempre in Italia. Ciò nonostante gli ultimi dati rilevino un grosso rialzo nei contagi – con un numero di casi pro-capite tra i più alti al mondo – perché secondo le autorità governative il Covid non è più “una malattia socialmente critica”.

La Svezia percorre la stessa direzione sulle restrizioni dal 10 febbraio. Niente più mascherine in nessun ambiente né green pass all’ingresso degli esercizi commerciali. Sterza sui test gratuiti – costati al governo 320 milioni di dollari nel 2021 solo per la regione di Stoccolma – ma con maggior discrezionalità della Danimarca: resta il diritto alla gratuità per gli operatori sanitari, gli anziani e i soggetti fragili sintomatici. Tutti gli altri saranno invitati a restare a casa senza obbligo di test né di segnalazione alle autorità sanitarie. Anche la Norvegia ha fatto propria la stessa “raccomandazione” per i positivi e abolito ogni misura dal 12 febbraio.

L’Europa centro-meridionale procede a piccoli passi

Olanda e Belgio scelgono il 18 febbraio per togliere le prime restrizioni su orari e capienza di bar, ristoranti e (per l’Olanda) anche stadi, teatri e cinema. Il Lussemburgo fa lo stesso, riapre anche le discoteche e toglie l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi pubblici. L’addio al “2G” anche in Austria dal 19 e dal 21 febbraio basta mascherine per gli studenti, solo per gli insegnanti; data molto importante anche in Inghilterra. Dopo aver eliminato mascherine ovunque (eccetto sui mezzi) e pass d’accesso già lo scorso mese, il 9 febbraio Boris Johnson ha annunciato la fine delle restrizioni Covid e dell’isolamento per i positivi, i quali saranno solo invitati a restare a casa. Questo a partire dal 21 febbraio, quando verrà presentato un piano per convivere con il virus.

Gli Stati più a sud come il nostro – tra i più colpiti al mondo – procedono con cautela e gradualità. Tra il 2 e il 9 febbraio nell’ordine Francia, Spagna e Italia hanno eliminato l’obbligo di mascherine all’aperto e riaperto in questi ultimi giorni le discoteche. Sul pass vaccinale varie correnti: la Spagna lo ha revocato quasi in ogni regione, la Francia lo pronostica per la fine di marzo, eventualità ipotizzabile anche in Italia data la scadenza dello stato di emergenza al 31, se non prorogato. Sull’isolamento gli Stati hanno abbreviato tempi e modalità – data la contagiosità di Omicron – ma non è una scelta individuale.

Gli Stati Uniti “divisi”

La casa Bianca si sta rivelando la più attendista. Mentre il piano “centrale” è ancora in fase di pianificazione, il federalismo ha la meglio. New York, Connecticut, Delaware, New Jersey, Illinois e Oregon – tutti Stati a guida democratica – hanno stabilito di eliminare le restrizioni Covid per la fine di questo mese, con la possibilità di mantenere il solo obbligo di mascherine al chiuso nelle scuole fino a marzo. Di contro il Massachusetts – l’unico con governatore repubblicano – conferma la fine del divieto già dal 28 febbraio, forte del dato che lo colloca al secondo posto in tutto il Paese nel tasso di vaccinazioni dei bambini dai 5 agli 11 anni.

Ciò sancisce definitivamente un ritorno alla consuetudine storica americana pre-pandemia, secondo cui gli Stati scelgono autonomamente come gestire le emergenze sanitarie. Del resto, la mancata presa di posizione chiara di Biden, comprensibile data l’affrettata dichiarazione di indipendenza dal virus della scorsa estate (poi smentita dalle varianti Delta e Omicron), sta tacitamente avallando un mosaico di iniziative a livello locale.

Alla luce di tutto ciò, su scala mondiale resta aperto il dibattito sull’opportunità di scegliere l’autoisolamento volontario.

Da un lato i sostenitori, che ritengono il virus sempre più debole e “innocuo” grazie ai vaccini, al punto da suggerire di modificare le leggi sulla salute pubblica per garantire di non attuare più misure straordinarie in vista di emergenze future. Dall’altro, coloro che pongono l’accento sull’inclusività di certe decisioni, alla luce di categorie non altrettanto protette dall’efficacia del vaccino e che ribadiscono quanto ignorare il tasso dei contagi legittimerà la popolazione a non percepire più alcun rischio, un presupposto necessario per garantire l’applicazione delle misure consigliate per il contenimento.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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