Dal 6 al 18 novembre Sharm el-Sheik ospiterà COP 27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Questa edizione sarà importante per capire come rafforzare le misure che i governi nazionali stanno adottando per contrastare e mitigare i cambiamenti climatici, in un periodo contraddistinto da una complicata crisi energetica che rischia di compromettere quei pochi progressi ottenuti finora dalla politica.

Per BuoneNotizie.it abbiamo intervistato Eleonora Cogo, esperta di cambiamenti climatici, membro della delegazione italiana e negoziatrice dell’Unione Europea alle ultime dieci edizioni della COP.

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Cos’è la COP?

La COP, acronimo di Conference of the Parties, è l’organo decisionale supremo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un trattato internazionale stilato nel 1992 per limitare le emissioni di gas serra e contrastare il cambiamento climatico.

Le Parti sono quei Paesi che hanno firmato la Convenzione quadro e che ogni anno prendono le decisioni necessarie per promuovere la sua effettiva attuazione ed esaminano i progressi compiuti nella lotta al cambiamento climatico.

I principali protagonisti delle COP sono le delegazioni dei governi nazionali, di cui fanno parte politici ed esperti. Ci sono poi i rappresentanti del segretariato della Convenzione quadro e vari osservatori, tra cui i membri delle organizzazioni non governative e intergovernative, i membri delle agenzie ONU e i giornalisti.

Cos’è successo alla COP 26 di Glasgow

La COP 26 si è tenuta a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 ed è stata la più partecipata di sempre con circa 40.000 presenze tra delegati, osservatori e giornalisti.

Durante la Conferenza, le Parti si sono impegnate a revisionare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni da qui al 2030 e a rivederle l’anno successivo. Rispetto alle attese, però, gli impegni presi hanno deluso le aspettative di molti: sono stati pochi i Paesi a proporre piani più ambiziosi rispetto a quelli inoltrati precedentemente.

Alcuni Paesi hanno poi siglato degli accordi settoriali, ossia delle intese che riguardano degli aspetti specifici della lotta al riscaldamento climatico e che vengono stipulati solo da chi decide di farne parte.

Tra questi, per esempio, c’è un accordo che prevede di ridurre drasticamente la deforestazione. Un’altra iniziativa, la Global Methane Pledge, mira a limitare del 30% le emissioni di metano entro il 2030: hanno aderito, tra gli altri, Stati Uniti e Unione Europea, ma sono rimasti fuori alcuni grossi produttori di metano come Cina, India e Russia. Un altro accordo, firmato da trenta Paesi e da sei grandi case automobilistiche, prevede che entro il 2040 tutte le nuove autovetture vendute saranno a emissioni zero: tuttavia non hanno aderito alcuni dei principali produttori d’auto, come Germania, Giappone, USA e Cina.

Cosa prevede la COP27 di Sharm el-Sheik

Come ci racconta Eleonora Cogo, uno degli obiettivi principali della COP 27 sarà quello di mettere in atto gli obiettivi individuati dagli Accordi di Parigi del 2015, attraverso i quali i partecipanti si sono riproposti di limitare l’innalzamento della temperatura al di sotto dei 2°C rispetto alla fase preindustriale, idealmente a 1.5°C.

Per ogni giorno di COP27 viene trattata una tematica diversa. Il calendario giorno per giorno. UNFCCC.

Il calendario della COP 27. Foto tratta dal sito dell’UNFCCC.

“Se Glasgow è stata la COP in cui si è chiuso il libro delle regole per attuare l’Accordo di Parigi, la COP di Sharm el-Sheik sarà quella dove gli Stati saranno chiamati a discutere di implementazione. Ora che le regole sono scritte bisogna agire e cercare di raggiungere gli obiettivi che ci si è posti.”

Una soglia, però, quella dei 1.5°C, che come riporta l’Emission Gap Report rischia seriamente di essere superata a causa delle risposte inadeguate adottate dalla maggior parte dei governi nazionali.

“Il rapporto dell’UNEP dimostra chiaramente che i piani attuali dei governi non sono in linea con gli accordi di Parigi”, afferma Cogo. “È anche vero, però, che se dessimo piena attuazione agli NDC e mettessimo in piano politiche credibili per raggiungere i target di emissioni zero nette riusciremmo a rimanere sotto la soglia dei 2°C.” (Gli NDC, i contributi determinati a livello nazionale, sono le misure vincolanti e non vincolanti che ciascun Paese propone di attuare per ridurre le emissioni nazionali e adattarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici n.d.a.)

“La trasformazione è iniziata”, continua Cogo. “Il problema è che stiamo facendo dei cambiamenti incrementali. Dobbiamo muoverci molto più velocemente ed intraprendere delle trasformazioni rapide se vogliamo davvero diventare una società a zero emissioni entro trent’anni.”

Un altro tema molto importante, infine, sarà l’aspetto finanziario legato alla questione Loss and Damage, ossia alle perdite e ai danni provocati dall’emergenza climatica. I Paesi in via di sviluppo chiedono una linea di finanziamenti dedicata per far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici ai quali non sono in grado di adattarsi, visto che tendenzialmente sono i Paesi che hanno contribuito meno al problema ma risentono maggiormente delle conseguenze. “Nel corso dell’ultima COP si è avviato un dialogo sul tema, ma quest’anno ci si aspetta risultati più concreti”, conclude Cogo.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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