Europa con il fiato sospeso per le elezioni parlamentari polacche del 15 ottobre in uno dei paesi più importanti del Gruppo di Visegrad e che ha visto ristrette alcune libertà nel recente passato. Quest’alleanza dei paesi centroeuropei, composta da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, ospita spesso governi sovranisti critici verso l’integrazione europea. Proviamo a capirne il perché.

Il gruppo di Visegrad e il “ritorno in Europa”

Il Gruppo di Visegrad V4, che fa riferimento al patto di Visegrad del 1335, nasce il 15 febbraio 1991, due mesi dopo la dissoluzione dell’URSS, per dare impulso all’avvicinamento di Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia alla sfera d’influenza occidentale.

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I primi leader democratici del Visegrad avevano la convinzione che, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, fosse necessaria una nuova via per garantire l’indipendenza, quello sviluppo economico e quella sicurezza possibili solo unendosi e condividendo l’avvicinamento al progetto politico ed economico dell’Unione Europea e all’alleanza militare della Nato sotto l’idea del “ritorno in Europa”.

Lo slancio economico da globalizzazione, ingresso in UE e Nato

Il riavvicinamento a Europa e Nato ha permesso a Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia di avere un grande slancio economico spesso paragonato allo sviluppo delle Tigri Asiatiche, anche se, alcune differenze sostanziali nel corso del tempo hanno generato problemi nell’affermazione di diritti civili in alcuni di questi Stati e forze politiche sovraniste spesso al governo di questi Paesi.

L’ombrello militare Nato, il percorso d’integrazione in EU e la globalizzazione hanno permesso l’ingresso in questi paesi di molte aziende europee. Dinamica che ha ridotto al minimo i livelli di disoccupazione delle quattro nazioni, anche in confronto con le difficoltà che attraversava la Russia post-sovietica sotto la presidenza di Eltsin. Un elemento che ha accomunato queste economie e quella russa durante gli anni ’90 è stato lo sviluppo di alcune oligarchie accentratrici delle poche grandi industrie presenti in quei territori.

I paesi di Visegrad, ad oggi, danno maggiore risalto all’idea di “cooperazione” con l’Unione Europea rispetto a quella di “integrazione”. C’è stato anche l’utilizzo del numero dei parlamentari europei  dell’area Visegrad in maniera unitaria, non per singolo paese secondo la distribuzione europea, che ha garantito una maggiore influenza sulle politiche dell’Unione ma anche generato attriti con Bruxelles con, alle volte, il blocco di finanziamenti europei.

Come si sono sviluppati i sovranismi nei paesi V4

Il sovranismo che influenza tutta l’alleanza V4 deriva dalla commistione tra forte nazionalismo, poteri oligarchici che tendono a creare monopoli e con un enorme controllo sui media ed una economia che ha accolto le multinazionali spinte dal basso costo dei salari.

Nei paesi di Visegrad c’è bassa disoccupazione ma manca un vero e proprio sviluppo industriale del territorio. Problema questo sentito come necessità. Il fatto di dover dipendere da aziende estere, ai cittadini dei V4 incute diffidenza verso ciò che è “straniero”, perché può andare via o costare ancor meno.  Preferiscono l’ospitalità all’integrazione del lavoratore estero.

Differenze nel gruppo Visegrad tra Europa e Russia

Tra i V4 esistono somiglianze nello sviluppo economico, ma anche differenze geopolitiche fondamentali che generano risposte diverse nei confronti di Russia e Unione Europea. Da Varsavia a Budapest in particolare la distanza è netta. La Polonia è il paese più grande tra i quattro e confina direttamente con Russia e Bielorussia: elemento, questo, che crea forte attrito con il Cremlino e segna le differenze con gli altri di Visegrad nei rapporti con Mosca.

L’Ungheria, invece, è in contrasto con l’Unione Europea sia per la stretta dipendenza energetica dal gas e dal nucleare russo, sia per le leggi restrittive dei diritti civili che l’hanno fatta considerare illiberale e distante dal progetto europeo come unione di democrazie.

Il gruppo Visegrad alle prese con elezioni e guerra in Ucraina

Lo scoppio della guerra in Ucraina ha esacerbato i distinguo interni ai paesi di Visegrad ed esaltato le politiche populistiche. Ha anche creato grande apprensione da parte occidentale su possibili influenze elettorali dell’avversario russo. Se in Repubblica Ceca nel gennaio scorso l’ex generale Nato Petr Pavel è diventato Presidente, in Slovacchia si è verificato lo scenario opposto con l’ex premier Robert Fico, notoriamente filorusso e sulla stessa linea dell’ungherese Victor Orban, ad aver vinto le elezioni parlamentari.

Il contesto polacco ad oggi è quello che sta creando maggiore apprensione all’Europa per una sfida elettorale, tutta in area sovranista, che potrebbe generare ulteriori sviluppi illiberali. Segnali chiari arrivano dalla non candidatura di Jana Shostak, estromessa per essere attivista pro aborto. Qui l’ultraconservatore Jarosław Kaczyński, dopo aver ristretto le libertà dei polacchi, affronta il conservatore più moderato e filoeuropeista Donald Tusk in una sfida in cui le prospettive di governo passano anche dal risultato delle forze di sinistra e liberali per un eventuale governo di coalizione.

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Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

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