L’ONU ha fissato l’8 marzo quale giornata internazionale dei diritti delle donne e con la data di oggi si ricordano le tante conquiste dei diritti civili, sociali e politici ottenute. Eppure vi sono Paesi nel mondo in cui si cerca di eliminare diritti storicamente conquistati, come in Iran, dove gli integralisti islamici negano alle donne il diritto all’istruzione, avvelenando le studentesse nelle scuole.

Ai primi di marzo di quest’anno già si contano oltre 50 scuole femminili in diverse città dell’Iran che hanno registrato casi di intossicazione respiratoria. Al Jazeera  ha riportato che le studentesse hanno trovato oggetti nei cortili delle scuole e dall’ispezione è risultato che contenevano sostanze chimiche. Altra ipotesi in merito all’avvelenamento è che dei gas tossici siano stati immessi nei tubi di riscaldamento delle scuole.

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In merito a chi abbia interesse ad intossicare le giovani, la prima supposizione è che agenti governativi vogliano punire le studentesse che da mesi protestano contro il regime islamico a seguito della morte di Mahsa Amini, uccisa per il velo mal indossato. La seconda ipotesi è che a mettere i gas che hanno provocato le intossicazioni siano stati gli estremisti sciiti per dissuadere le ragazze dallo studiare ed indurle ad abbandonare le scuole.

Gli avvelenamenti non fermano le studentesse

I primi episodi di intossicazione risalgono al 30 novembre dell’anno passato nella scuola Nour nella città santa di Qom, quando alcune ragazze hanno cominciato a riscontrare dolori al petto, problemi a respirare, nausee, vertigini e svenimenti. Alla data del 5 marzo le agenzie di stampa riportavano il numero di 800 ragazze ricoverate in ospedale e il numero degli avvelenamenti continua a salire di giorno in giorno. Ad oggi solo una studentessa è morta, Fatemeh Rezaei, di undici anni. Le città interessate sono Teheran, Pardis, Kermnashah,  Ardabil e Qom.  Le scuole coinvolte sono di ogni grado, dalle elementari ai licei, ai dormitori delle università.

Inizialmente il regime islamico ha dichiarato che la causa dell’intossicazione respiratoria era lo stress, dichiarazione smentita dal vice-ministro della salute Younes Panahi che ha riconosciuto nelle analisi la presenza di composti chimici. Le famiglie delle ragazze sono scese in piazza per protestare e alla fine il presidente iraniano Ebrahim Raisi è stato costretto a ordinare un’indagine per far luce sull’ondata dei ricoveri, negando però qualsiasi coinvolgimento governativo negli avvelenamenti. In merito a quanto accaduto l’ONU ha chiesto un’indagine trasparente.

L’istruzione delle donne fa paura agli estremisti islamici

La conoscenza rende le donne consapevoli di ciò che sono, ma per una rigida interpretazione del Corano, l’istruzione per loro viene vista come peccato e le ragazze che si oppongono subiscono punizioni. Iran, Afghanistan, Pakistan e Nigeria hanno firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo in cui l’articolo 26 riconosce l’istruzione come diritto umano, ma gli estremisti musulmani di questi Paesi negano alle donne il diritto allo studio.

In Pakistan nel 2008 i talebani emettono l’editto che impedisce alle femmine di avere una istruzione perché “offende Allah”. Nonostante il divieto di andare a scuola, Malala Yousafzai continua ad andarci e il 9 ottobre del 2012 un talebano le spara alla testa. Malala continua la lotta per il diritto delle bambine ad essere istruite con lo slogan “Un libro e una penna possono cambiare il mondo”, diventa paladina dei diritti civili delle donne e nel 2014 vince il premio Nobel per la pace.

In Afghanistan nel 2021 i talebani tornati al potere vietano alle bambine di frequentare la scuola oltre la prima media. A dicembre 2022 interdicono alle già diplomate l’accesso alle università pubbliche e private. Il rapporto dell’Unicef del 2023 ha denunciato che negli ultimi tre anni un milione di ragazze non ha frequentato le scuole secondarie. Nel rapporto si segnalano altresì alcuni segnali positivi rilevando che ci sono ancora dodici province con 200mila ragazze che continuano a frequentare le scuole. Inoltre, in molti luoghi le donne con coraggio si organizzano e, di nascosto, continuano a insegnare dentro le case private con scuole clandestine. 

In Nigeria l’organizzazione terroristica jihadista Boko Haram, che letteralmente significa “l’istruzione occidentale è sacrilega”, si oppone all’istruzione delle femmine in quanto corruttrice dell’Islam. Nel 2014 nella città Chibok, Boko Haram rapisce 276 studentesse da un liceo, poi bruciato in quanto veicolo di valori occidentali. L’Unicef ha dichiarato che il 60% delle ragazze non frequenta le scuole per timore dei rapimenti.

Le organizzazioni internazionali difendono il diritto all’istruzione

A seguito degli ultimi accadimenti si è sollevata un’ indignazione globale ed anche i Paesi mussulmani non integralisti si schierano in difesa dei diritti delle donne allo studio. L’ONU, l’UNICEF, l’UNESCO, il forum intergovernativo G7 e la Commissione Europea tramite l’ECHO sono intervenuti sia con dichiarazioni ufficiali di condanna che con finanziamenti.

Un esempio concreto è quello dell’organizzazione internazionale COOPI che, per contrastare gli attacchi di Boko Haran in Camerun, con il progetto Riedupace sta operando non solo ricostruendo le scuole incendiate e distribuendo materiale scolastico, ma anche fornendo corsi di formazione per gli insegnanti delle scuole.

 

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Lucia Massi

Lucia Massi

Avvocata, assistente universitaria in U.S.A., interprete del tribunale di Roma e promotrice di cultura italiana presso la F.A.O. Le lauree conseguite in Italia e all’estero, incluso un Ph.D. presso la Columbia University di New York, attengono alle discipline giuridiche e letterarie. Laureata in giornalismo, collabora con BuoneNotizie.it.

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