A tre anni dall’inizio della guerra in Myanmar sembra aprirsi un piccolo spiraglio di pace. La Cina sta giocando un ruolo da mediatore: che sia per interessi economici o per calmare le tensioni asiatiche, questo primo passo inizia a farci sperare in un cambiamento, in questo Paese che sembra essere stato dimenticato dai media.

La situazione in Myanmar prima della guerra

La situazione politica in Myanmar è sempre stata complicata, fin dalla sua indipendenza dall’Impero Britannico nel 1948. Il sistema politico permette all’esercito di avere moltissima influenza in Parlamento. Il 25% dei seggi infatti viene occupato da membri dell’esercito scelti dal ministero della Difesa. I vari tentativi di togliere potere politico all’esercito non hanno dato frutto. Dal 2012 il potere militare del Myanmar si è macchiato di numerosi crimini, tra cui il genocidio nei confronti della minoranza islamica chiamata Rohingya. Tutto ciò è avvenuto durante il Governo di Aung San Suu Kyi. (presidente de facto, non presidente eletto a causa di una clausola nella costituzione che impedisce a chi ha figli di nazionalità straniere di guidare il Paese). Il suo governo ha cercato in questi anni di portare una vera democrazia ed erodere il potere dei militari.

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L’inizio della guerra in Myanmar

Ufficialmente il Myanmar doveva lentamente diventare una democrazia. Tuttavia l’esercito, con un colpo di Stato, ha preso il potere nel febbraio 2021. Aung San Suu Kyi è stata arrestata insieme ai leader democratici, con l’accusa di brogli elettorali per le elezioni del 2020. Il suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia, aveva raggiunto la maggioranza del voto, con il 67% dei consensi. La popolazione si è ribellata a questa decisione, ma i militari hanno risposto con la violenza e gli arresti di più di 15.000 persone. In risposta a questo, varie milizie etniche si sono formate per combattere l’esercito e restaurare la democrazia nel Paese. Il Governo centrale ha progressivamente perso terreno nel conflitto, ma si è fatto ancora più brutale nei confronti della popolazione per mantenere il potere. Nel frattempo i vari gruppi etnici che si sono ribellati ai militari rimangono divisi in varie fazioni, ognuna con i propri interessi, mentre i militari controllano ancora i più grandi centri del Paese.

Una nuova svolta nella guerra

Il 2024 si è aperto con importanti sviluppi per questa guerra. I gruppi etnici che combattono contro il regime militare si sono uniti e hanno iniziato una offensiva nel nord del Paese, al confine con la Cina. L’offensiva ha portato alla liberazione di 12 centri urbani e ha rinvigorito la ribellione contro il Governo militare.

L’operazione mira a combattere i gruppi criminali che trafficano persone per commettere truffe online. La Cina è interessata al loro smantellamento, in quanto trafficano cittadini cinesi per poi ingaggiarli per commettere truffe online. La presenza cinese si sta quindi dimostrando fondamentale per cambiare le carte in gioco di questa partita.

La visione del futuro democratico del Myanmar sembra diversa dalla democrazia imperfetta che ha portato ai problemi che fronteggia ora. Un esempio è l’elezione del primo ministro di etnia Rohingya, Aung Kyaw Moe. Prima di questa guerra, i Rohingya non solo non potevano candidarsi, ma non venivano neanche riconosciuti come cittadini. Se i gruppi etnici ribelli sconfiggeranno il governo militare ci sarà un Myanmar che darà la voce a tutti i suoi abitanti. Solo con il tempo si potrà vedere se il sogno di un Myanmar unito e democratico si avvererà.

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Edoardo Casolo

Edoardo Casolo

Edoardo Casolo sono appassionato di geopolitica, cinema e cultura, di viaggi e di industria video-ludica. Vicentino ma vivo a Venezia, città che ho amato dal primo momento in cui l'ho vista. Con il laboratorio di giornalismo cerco di realizzare il mio sogno di diventare pubblicista.

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