Lavoro e pandemia: il nostro Paese sta cambiando. Le interviste di Buonenotizie.it.

Il periodo post Pandemia ha cambiato il modo di lavorare di alcuni settori e anche la percezione delle relazioni fra colleghi. Sono nate nuove opportunità di lavoro, ma anche dinamiche di smart working che continueranno nel tempo.

Il Ministero del Lavoro in Italia, ha pubblicato dati statistici sull’impatto della Pandemia nel mercato del lavoro. Per meglio assimilare la percezione del lavoro nel periodo post Pandemia, abbiamo realizzato alcune interviste incrociate ad alcune categorie di lavoratori: per comprendere cosa ne pensano i professionisti di questa nuova fase, che caratterizzerà il prossimo decennio e quali sono le nuove attività e necessità.

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Le frontiere del lavoro: nuove figure esperte di Pandemia

Per molte persone la Pandemia ha segnato una grande innovazione: il lavoro online. Dopo un primo adattamento delle proprie competenze e delle nuove relazioni fra colleghi e utenti, il sistema si è conclamato. Dalla scuola alle palestre, dalle conferenze online allo smart working, il modo di lavorare è cambiato, migliorandosi nel tempo. Cosa ne pensano i lavoratori intervistati per buonenotizie.it?

Adina Michelis è impiegata presso un’agenzia del lavoro in Trentino: con la sua esperienza racconta cosa è cambiato nel mondo del lavoro in generale. Fabio Giletta, professore genovese, nutre alcune perplessità sulla digitalizzazione del lavoro; Lucia Minato, contabile piemontese assunta presso una multinazionale, è molto fiduciosa nei confronti dello smart working. Matilde Bertolino, milanese neo assunta in ambito amministrativo, si pone in una via di mezzo. Infine, Nicola Carucciolo, istruttore fitness siciliano, sottolinea il potenziale del lavoro online nel periodo Pandemia, ma la voglia di tornare alla normalità. Voci ed esperienze che mostrano come la panoramica del mondo del lavoro continuerà a cambiare.

Con la Pandemia sono nati nuovi lavori – spiega Adina la crisi ha creato opportunità. Immaginate che negli ambienti aziendali, sono stati nominati dei responsabili Covid; ognuno di loro è stato formato da personale specializzato. Non solo: in molte aree lavorative, come quelle cantieristiche, sono stati formati degli addetti alla gestione delle norme post Pandemia, come i responsabili al tracciamento dei contagi o gli addetti alla sanificazione. Il cambiamento si è avuto nella gestione del lavoro, che continua a perpetuarsi anche oggi: gli uffici, dovendo garantire distanziamenti, sono stati svuotati in favore dello smart working; in futuro questo aspetto farà risparmiare molto denaro alle aziende, che potrebbero affezionarsi all’idea del lavoro da casa. Inoltre sono aumentati i fattorini: le consegne del cibo a domicilio e degli ordini online ha dato più lavoro ai giovani“.

La digitalizzazione che porta scompenso nel mondo del lavoro

Fabio e Nicola sono stati favorevoli allo smart working, ma nel post Pandemia credono che la vita debba tornare alle dinamiche pre Covid.

“Sono docente – racconta Fabio – per me è stata una benedizione la possibilità di poter insegnare agli studenti nel periodo più nero della Pandemia. Il lavoro online è stato fondamentale per seguire i ragazzi, ma ora si deve riprendere una quotidianità tridimensionale. Credo che il lavoro online possa essere utilizzato solo i casi di emergenza: la vita deve riprendere a essere fatta di contatti e condivisioni. L’ho notato negli atteggiamenti dei miei ragazzi: quando abbiamo ripreso la scuola, si sono incrementate alcune patologie (anoressia, psicosi) e anche una difficoltà nella socializzazione. In questi due anni sono stato referente Covid e ho studiato molte norme che mi hanno permesso di comprendere quanto complessa fosse la situazione. Ora che le cose stanno migliorando, però, vedo i computer come uno strumento da utilizzare solo in caso di indispensabile necessità: sicuramente la produttività si può ottenere online, ma la qualità della vita ne risente”.

“Sono istruttore fitness – esordisce Nicola – con la Pandemia il mio lavoro è entrato in crisi e sono dovuto correre ai ripari. Non sono mai stato un esperto informatico, ho quindi dovuto adattarmi ad un sistema completamente nuovo. La possibilità di continuare a insegnare è stata fondamentale, anche se limitata a quel periodo. Il lavoro online, soprattutto per quanto riguarda lo sport, non è come quello in presenza. Ho però notato un fattore che mi ha nuovamente fatto cambiare prospettiva. Quando, a settembre 2021, ho riaperto esclusivamente in presenza, ho perso dei clienti: in molti avevano perplessità a tornare in palestra e si erano adattati a seguire le lezioni online. Ho quindi assunto nuovi istruttori che si dedicano solo al lavoro online. Sono molto scettico, perché credo che la Pandemia abbia innescato un meccanismo di chiusura nelle persone; però mi rendo conto di aver creato una nuova prospettiva di lavoro e dato al possibilità a ragazzi più giovani, di poter essere assunti con nuove dinamiche“.

Il lavoro a casa che consente di gestire meglio la propria quotidianità

Lucia e Matilde vedono un grande potenziale nel lavoro online: che migliora la gestione del tempo e la qualità della vita in famiglia.

Sono mamma di due bambini e lavoro per una multinazionale – si presenta Lucia – ho sempre vissuto correndo fra impegni di lavoro, riunioni scolastiche e casa, trascurando spesso i miei figli. Nel periodo della Pandemia è stato complesso gestire tutto: fra DAD e nuove modalità di apprendimento del mio lavoro ero molto sotto stress; una volta in ballo, però, ho capito che lo smart working è davvero risolutivo, specialmente per le famiglie. Posso lavorare con lo stesso ritmo dell’ufficio e poter gestire i figli, la casa e il mio tempo. Rientro al lavoro in presenza due giorni a settimana: questo mi consente di non perdere il contatto con i colleghi, ma per il resto dei giorni mi occupo di tutto ciò che gestivo prima da casa. Nel mio ufficio sono nate nuove figure: il responsabile del lavoro da remoto, che si occupa della gestione aziendale e l’addetto alla logistica. Non credo nel lavoro unicamente online, ma sono convinta che questa soluzione metà in presenza, metà a casa, potrà dare modo alle persone più giovani di avere più figli, dando una miglior gestione della casa ai genitori e creando anche nuove figure professionali”.

“Sono stata assunta in una nuova azienda qualche mese fa – racconta Matilde – lavoro online, perché la sede centrale è a Londra. Mi piace questo sistema, in quanto posso lavorare ovunque (anche se devo presentare delle richieste di permesso se cambio luogo di connessione). La criticità del lavoro unicamente online è che non ho socialità con i colleghi. Non esiste la pausa caffè, che era fra i miei momenti preferiti nel periodo pre Pandemia. Il lavoro non ci consente di avere una vita fuori dallo schermo. Nonostante ciò vedo un grande potenziale nel lavoro online, che potrebbe far assumere alle aziende più persone, perché i costi di gestione diventano inferiori, non usufruendo più di sedi fisiche. L’importante è avere una vita sociale oltre al lavoro, altrimenti si rischia di incorrere in patologie che, già durante la Pandemia, si sono sviluppate nelle persone più sensibili”.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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