Oggi è la Giornata mondiale dell’AIDS, indetta dalle Nazioni Unite dal 1988 per coordinare l’azione globale di lotta al virus. E in Italia?

Questa ricorrenza rappresenta nella storia della Salute pubblica la prima Giornata mondiale, proclamata dal Programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS (UNAIDS). Dalla scoperta del virus HIV all’inizio degli anni ’80 ad oggi, si stimano circa 40 milioni di morti e sono 38 milioni le persone che convivono con questa infezione nel Mondo. Di queste, nel 2020 sono state stimate un milione e mezzo di nuove diagnosi a fronte di 680 mila decessi.

Questi dati generali danno la portata dell’emergenza AIDS che perdura tutt’oggi, tale da aver trasformato l’epidemia originaria in una malattia endemica, quindi costantemente presente o molto frequente in un territorio.

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Fortunatamente, nel tempo sono avanzate le conoscenze mediche, grazie alle quali le cure hanno convertito le previsioni infauste degli albori in un’aspettativa di vita perlopiù allineata ai soggetti sani. progressi della ricerca stanno facendo ulteriori passi avanti.

Negli ultimi anni, peraltro, la scienza ha svolto un’azione collaterale benefica anche nel ridurre la sierofobia.

Nel 2011 infatti lo studio Hptn 052 ha dimostrato come l’inizio terapeutico precoce riduca del 96% i contagi tra coppie discordanti. In aggiunta lo studio Partner ha attestato – dopo 6 mesi dall’inizio della terapia e in stato accertato di soppressione virologica – la trasmissione uguale a zero nei rapporti non protetti vaginali, e il Partner 2 del 2018 ha dimostrato lo stesso per quelli anali.

I dati aggiornati sulla malattia in Italia

Il nostro Governo ha previsto con la Legge 135/90 un Piano Nazionale AIDS con obiettivi di interventi triennali per contrastare la diffusione dell’infezione.

Gli ultimi dati, aggiornati al 31 dicembre 2020,  sono usciti lo scorso mese con il Report ISS.

Rispetto alla media europea (3,3 casi per 100 mila residenti) sulle nuove diagnosi si rileva un trend positivo con 2,2 casi e 1303 casi complessivi, che attesta un calo del 47% rispetto al 2019 (2473); da prendere però con cautela in relazione al Covid e quindi un presunto ritardo nelle diagnosi. Lo stesso dìcasi per i nuovi casi di AIDS (352 nel 2020 Vs 605 del 2019).

L’incidenza più alta è nella fascia d’età 25-39 anni (5,5 casi ogni 100 mila), negli uomini 4 volte superiore rispetto alle donne.

I dati negativi invece riguardano i “Late presenters”, aumentati negli ultimi 5 anni; il 60% contro la media europea del 51%.

Nel 2020 infatti:

  • Il 78,4% delle persone con AIDS non aveva mai ricevuto una terapia antiretrovirale prima della diagnosi
  • L’80,4% ha scoperto di essere HIV positiva sei mesi prima della diagnosi di AIDS (nel 2019 il 70,9%)
  • Più di 1/3 delle nuove diagnosi sono emerse a causa di sintomi o patologie HIV correlate.

Le prime campagne di informazione

Parallelamente alla proclamazione della prima Giornata mondiale dell’AIDS, in Italia il Ministero della sanità formava la Commissione nazionale per la lotta all’AIDS. In quello stesso anno usciva la prima campagna informativa da parte della fondazione Pubblicità Progresso – senza alcun supporto governativo – rimasta a lungo l’unica ad aver promosso esplicitamente la prevenzione nei rapporti sessuali. Lo chiarivano il titolo: “Fate l’amore proteggendovi. Farete la guerra all’AIDS” e lo slogan dello spot “Aids. I rapporti umani non trasmettono il virus” passati da tv pubbliche, emittenti private e sale cinematografiche.

Certamente, il focus restavano ancora solo le persone che avevano già contratto la malattia.

Il fronte governativo subentra nel biennio 1988-1989 in cui viene svolta una prima campagna dove compaiono un uomo e una donna nudi, a simboleggiare che tutti si possono ammalare attraverso un rapporto sessuale. Questo sulla base di un test a mo’di sondaggio che aveva evidenziato come solo il 3% degli intervistati utilizzava il profilattico. Un riscontro confermato dal dato di casi tra eterosessuali aumentati del 142%.

L’ultimo decennio: ora si parla di prevenzione

Da lì la necessità di sviluppare altre campagne che precisassero il nodo cruciale: i rapporti non protetti.

Ciò nonostante, le campagne successive si composero sì di nuovi elementi (uso di testimonial famosi, presenza di siringhe e sangue) ma mai mostrando – né nominando – cosa usare per prevenire il contagio; così fino al 2003. Nel frattempo, l’unica eccezione degna di nota fu la terza campagna del ‘91-‘92 dal titolo “AIDS fermarlo dipende da tutti noi”, in cui per la prima volta il ministero invitava alla solidarietà con il malato, rimarcato dall’annuncio stampa: “La voglia di fermarlo è contagiosa”.

La svolta arriva con la nona campagna del 2010, in cui finalmente viene mostrata una ragazza in aeroporto che insiste con un ragazzo per comprare i preservativi e di fronte al rifiuto imbarazzato, va a comprarli lei stessa.

Poi nel 2011 è arrivato l’invito a fare il test e dal 2012 la comunicazione si è concentrata sul non discriminare i malati. Un altro grosso lavoro in questa direzione è stato svolto da onlus e no profit, con modalità e registri di grande efficacia comunicativa.

Basta con lo schema “untore – vittima ignara”

Il grande merito di queste realtà è stato soprattutto quello di ridurre lo stigma sociale – che secondo l’UNAIDS è ancora tra le prime cause di diffusione del virus – con l’informazione, incentivando la prevenzione e il controllo diagnostico.

Per la Giornata mondiale dell’AIDS, LILA Milano ha organizzato varie iniziative, a partire dallo scorso weekend in cui ha promosso test rapidi nella propria sede in occasione dello European Testing Week. In questa settimana sta portando avanti il ciclo “Università unite contro l’HIV in tutti gli atenei milanesi, mentre i test gratuiti proseguiranno i 2 e il 16 dicembre per il “Friendly Test 4U” . Un servizio sempre attivo ogni primo e terzo giovedì del mese, così come il centralino informativo allo 0289455320.

Fino al 5 dicembre invece sarà possibile visitare gratuitamente la mostra “40 anni positivi. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free” presso i Frigoriferi Milanesi, per celebrare le conquiste della strenua lotta per vincere la sfida mondiale delle “tre 90”.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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