Nell’era del quiet quitting e della great resignation, il mercato del lavoro sembra caratterizzato da un’insoddisfazione del capitale umano. Le statistiche parlano di dipendenti e talenti  in azienda colpiti da burnout e in sofferenza all’interno dell’ufficio, con una inclinazione molto alta a fuggire da luoghi di lavoro considerati tossici e da capi che non li valorizzano.

Diventa quindi essenziale da parte delle imprese interrogarsi sulla gestione delle risorse umane e sul loro livello di soddisfazione, mettendo in pratica delle strategie al fine di comprendere le richieste dei propri talenti e offrire loro un impiego costruttivo, orientato al valore e al benessere.

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Le motivazioni dell’insoddisfazione

Secondo l’analisi Fondazione studi consulenti del lavoro, un italiano su due ha intenzione di cambiare la propria occupazione. Alla base di questo malcontento, i dipendenti segnalano salari e benefit aziendali sotto le aspettative, ma anche percorsi di crescita non soddisfacenti.

Secondo l’Huffinghton Post, parte della responsabilità è imputabile a una cattiva gestione delle risorse umane da parte di manager e capi. Carichi di lavoro eccessivi, non coinvolgimento dei talenti in azienda e assenza di meritocrazia minano la fiducia del lavoratore verso i propri responsabili e, in generale, verso la propria organizzazione.

Chi sono i talenti in azienda

La gestione delle risorse umane nell’organizzazione diventa essenziale quando si parla di talenti, cioè quel capitale umano che porta un grande contributo nell’ecosistema lavoro. Il valore aggiunto si può dimostrare in diversi modi, ad esempio attraverso una performance lavorativa superiore alla media. Le prestazioni brillanti si misurano in termini di competenze padroneggiate rispetto alla media dei colleghi, in soddisfazione dei clienti esterni ed interni all’azienda e in numerosità e complessità delle progettualità portate a termine.

In alternativa, il talento si percepisce osservando la capacità del dipendente di mettere in atto una serie di soft skills utili a creare un contesto di lavoro positivo: la collaborazione, la capacità di relazionarsi e la disponibilità verso i colleghi sono elementi che contribuiscono a fare dell’ufficio un posto gradevole in cui trascorrere gran parte della giornata.

Come trattenere i dipendenti migliori in azienda

I dipendenti in azienda hanno sviluppato nel corso della pandemia una maggiore consapevolezza dei propri bisogni, priorità e valori e ciò determina un aumento del turnover in azienda del 50-75%, secondo una ricerca di Gartner. Un buon capo, coadiuvato dal dipartimento HR, ha diversi strumenti a disposizione per prevenire la fuga del proprio team. La talent retention o HR retention è la teoria organizzativa che studia nello specifico le strategie per far restare i talenti in azienda.

Innanzi tutto è imprescindibile, da parte dei manager che si occupano della gestione delle risorse umane, lo sviluppo della capacità di osservazione delle proprie persone, in modo da notare eventuali segnali di allarme: il dipendente viene visto come il primo e il più importante dei clienti dell’azienda, e una sua fuga rappresenta una sconfitta in primis per l’organizzazione.

Se la delusione dei dipendenti è dovuta principalmente all’aspetto remunerativo insoddisfacente è bene tenere a mente che la perdita di una risorsa può può costare all’azienda fino al 150% della retribuzione annua lorda (RAL) della persona dimissionaria. I costi di ricerca del personale, di inserimento e di formazione si sommano infatti a quelli di perdita di competenze, di processi e flussi organizzativi che dovranno essere ricostruiti da zero. Un aumento dell’ordine del 10-15% della RAL non stravolge il bilancio aziendale e permette di dare un segnale concreto al talento che chiede un maggior riconoscimento economico.

Un altro strumento pragmatico in mano al manager che vuole trattenere i talenti in azienda è quello di costruire con loro un percorso di crescita. La prospettiva di miglioramento professionale e individuale è un ottimo segnale per una persona che non si sente valorizzata. I corsi di aggiornamento o anche la formazione intra-aree aziendali, spronano le risorse a mettersi in gioco, imparare e aiutano a creare un clima di ottimismo verso il futuro.

Attenzione ad agire in modo omogeneo con tutti i migliori dipendenti in azienda. Un errore terribile sarebbe quello di premiare e comportarsi in modo meritocratico solo con alcuni dei talenti presenti nell’organizzazione, facendo sentire gli altri svalutati o addirittura beffati per il loro impegno.

Un’ultima leva molto importante della gestione delle risorse umane è quella di coinvolgere i dipendenti nei processi aziendali. Spesso chi svolge ruoli operativi possiede una visione del lavoro migliore di quella del manager che coordina le attività dall’alto. Dare alle proprie persone la facoltà di esprimere le proprie idee e spunti di miglioramento permettere di costruire rapporti di fiducia reciproca e di costruire insieme dei processi organizzativi più efficaci per l’azienda stessa.

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Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale.Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese.Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

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