Il micromanaging è un atteggiamento di gestione aziendale in cui il supervisore esercita un controllo eccessivo sui propri sottoposti. Il monitoraggio stretto può riguardare l’orario di lavoro ma anche la verifica continua di tutte le attività dei dipendenti. Questo tipo di leadership è controproducente, poiché porta progressivamente nella persona che la subisce una mancanza di motivazione, di creatività e di autonomia. Inoltre, ricerche scientifiche evidenziano una correlazione fra micromanaging e l’aumento dei tassi di assenteismo, di turnover e alla conseguente perdita di talenti preziosi in azienda. Tuttavia esistono dei casi virtuosi di aziende che hanno superato il micromanaging, come quello di Google.

Gli studi sul micromanaging

Numerosi paper universitari dimostrano come la presenza di micromanaging sul posto di lavoro sia associata alla performance negativa dei dipendenti. A questo stile gestionale infatti corrispondono spesso livelli bassi di soddisfazione degli impiegati, un coinvolgimento debole della forza lavoro nella cultura e nell’ambiente dell’organizzazione e una diminuzione della produttività di tutte le risorse. I manager con questo metodo direzionale tendono ad avere problemi nell’ambito della fiducia che provano per i loro collaboratori ed esercitano pressioni eccessive su di loro, creando un ambiente di lavoro ostile e poco produttivo.

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Altri studi pongono l’accento sugli effetti del micromanaging nella psicologia degli impiegati, evidenziando come questi sviluppino con più facilità stress e burnout quando a contatto con superiori maniaci del controllo. La letteratura scientifica sembra quindi concorde nell’identificare la filosofia gestionale del micro controllo come una pratica inefficiente e dannosa, per le persone e per le organizzazioni.

Quali sono i rimedi che si possono mettere in atto?

Per rimediare al micromanagement, è importante che i responsabili aziendali si rendano conto dei rischi associati a questo approccio. Una volta che i manager abbiano compreso il problema e ne siano diventati consapevoli è possibile iniziare a lavorare per modificare le loro pratiche di gestione. Le strategie che si possono adottare per combattere il micromanaging sono principalmente quattro: incoraggiare la comunicazione aperta e trasparente, limitare l’interferenza nei processi decisionali dei dipendenti, promuovere un ambiente di lavoro collaborativo, fornire un feedback costruttivo e promuovere la creatività e l’innovazione.

Oltre ai rimedi che può porre in essere l’organizzazione anche il dipendente che ha subito il micromanagement ha delle soluzioni pratiche da utilizzare. Il lavoratore può fornire un prezioso contributo ricercando il dialogo con il proprio supervisore, parlando del modo in cui si sente a disagio a causa del micromanaging e promuovendo un confronto sulla modalità con cui si possa affrontare al meglio il problema. I team affiatati possono anche richiedere momenti di conversazione condivisa che possono portare a una migliore comprensione del problema in modo da trovare le giuste strategie per affrontarlo.

Il caso Google: è possibile sconfiggere il micromanaging

La riviste di settore riportano alcuni in cui il micromanagement è stato risolto con successo. Ad esempio, una vicenda nota è quella di Google: l’azienda, dopo delle rilevazioni che hanno fatto emergere un uso eccessivo del micromanaging, ha adottato un modo di lavorare più flessibile e collaborativo, incoraggiando i dipendenti a prendere iniziative e a risolvere i problemi con un approccio più aperto.

Google è infatti giunta alla consapevolezza di mettere in atto dei meccanismi di controllo eccessivo, grazie all’ascolto e al confronto promosso tra i dipendenti dell’organizzazione. Gli spunti di riflessione degli impiegati non sono stati percepiti come una critica dal colosso tecnologico ma come consigli preziosi da cui partire per promuovere un miglioramento dei processi organizzativi interni.

Google ha superato il micromanaging in diversi modi. Uno dei primi passi che ha preso è stato quello di incoraggiare i dipendenti a prendere iniziative e a risolvere i problemi in modo collaborativo. Successivamente l’azienda ha promosso la creatività e l’innovazione nei suoi ambienti di lavoro, permettendo alle sue persone di esprimere le proprie idee e di essere coinvolti nella prendere decisioni.

Google ha abbracciato inoltre la flessibilità sul posto di lavoro. Gli impiegati possono infatti lavorare da sedi diverse e riescono ad adattare il proprio programma di lavoro alle loro necessità private, ottenendo un ottimo equilibrio fra lavoro e vita personale. Infine, Google ha sviluppato un modello di gestione delle prestazioni che fa leva sui risultati a lungo termine piuttosto che sui risultati a breve termine. Tutte queste iniziative hanno l’obiettivo di modificare profondamente la cultura dell’organizzazione, spostando il paradigma gestionale dal controllo maniacale del dipendente all’autonomia delle persone, incentivando la loro libertà e di conseguenza la loro responsabilizzazione e il loro orientamento al risultato.

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Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale. Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese. Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

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